«Piste ciclabili? Altro che green,
è un’autostrada pedonale.
Danni all’ambiente irreversibili»

MACERATA - L'opera comporta 300 espropri e il percorso prevede molti tratti nuovi. L'ingegnere Roberto Calcagni: «I proprietari dei terreni non sono stati informati. Andavano riutilizzati vecchi tracciati in disuso e stradine interpoderali. Gli alvei dei corsi d’acqua vengono invasi per tutta la loro lunghezza. Il Comune potrà fare la manutenzione di 40 chilometri?»

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Le colline dove passerà la ciclabile

di Luca Patrassi

Un finanziamento di tre milioni per la realizzazione di cinque percorsi ciclabili – i tracciati sono quelli del fiume Potenza, fosso Ricci Collevario, fosso Trodica e fiume Chienti –  che si estendono per quaranta chilometri dal fiume Potenza al fiume Chienti. “Green” è la parola chiave e il colore che si vuole sostenibile di un intervento finanziato con una delibera Cipe che ha destinato fondi alle aree terremotate, rosso (di rabbia) è invece il colore che si associa alle reazioni di molti dei trecento piccoli proprietari terrieri che in questi giorni stanno scoprendo che saranno espropriati di alcune aree. Già il fatto che per realizzare una pista ciclabile siano necessari trecento espropri aveva fatto alzare le antenne anche all’interno della giunta. Ora emergono le critiche, anche puntuali e precise. Una di queste porta la firma dell’ingegnere maceratese Roberto Calcagni, proprietario di uno dei terreni interessati. Diverse le questioni sollevate. La prima verte sul metodo seguito dall’amministrazione comunale, e dall’assessore comunale Paolo Renna che ha seguito il piano.

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Roberto Calcagni

«E’ mancata – dice l’ingegnere Calcagni – la benché minima informazione ai proprietari dei terreni che verranno interessati dall’attraversamento della pista ciclabile attraverso una occupazione coattiva. Molti proprietari ne stanno venendo a conoscenza solo in questi giorni a progetto concluso grazie a un passaparola. Il Comune, invece di informare direttamente i proprietari sin dall’inizio del procedimento dando loro il giusto tempo per valutare la situazione ed eventualmente fare le proprie controdeduzioni, solo dopo l’approvazione del progetto si è limitata a darne affissione all’Albo pretorio dando trenta giorni di tempo per formulare controdeduzioni». Una annotazione secondaria di bon ton («dagli elaborati presentati emerge che sono stati effettuati rilievi e foto senza richiedere il necessario consenso ai proprietari») e si entra nel merito.

«Il progetto – osserva l’ingegnere maceratese – prevede solo in minima parte il riutilizzo di percorsi esistenti, per il resto sono tutti nuovi tracciati che si sviluppano per giunta in adiacenza a corsi d’acqua: fiumi Potenza e Chienti, fosso Ricci, Collevario e fosso Trodica, in particolare lungo i fossi i tracciati sono tutti di nuova apertura».

piste-ciclabili-1Cosa ne deriva? «Il progetto quindi si finalizza attraverso il grave principio della sottrazione di suolo già perpetrato per anni in nome dello sviluppo urbanistico industriale e commerciale che in maniera isterica ha divorato tanto territorio spesso poi abbandonato alla ricerca di nuovi siti di sviluppo (dai dati dell’Ispra la provincia di Macerata risulta quella con più alto consumo di suolo per abitante di tutte le Marche). Ora addirittura si chiede il sacrificio di ecosistemi fragili e delicati come gli alvei dei corsi d’acqua che vengono invasi per tutta la loro lunghezza, interrompendo i necessari “corridoi  di biodiversità” per aprire dorsali di transito umano che pregiudicheranno irreversibilmente il paesaggio e la natura che lo abita». Una proposta alternativa: «La pista ciclabile può rappresentare un’ottima iniziativa quando il tracciato viene disegnato nel rispetto dell’ambiente, cercando di riutilizzare vecchi percorsi in disuso e stradine interpoderali esistenti che necessitavano anche di manutenzione altrimenti impraticabili per l’alto costo. E’ questa la filosofia vincente di una pista ciclabile ed è cosi che è stata sviluppata in regioni più virtuose come la Toscana e il Trentino e come viene concepita nei paesi nordici (luoghi di nascita della cultura ciclopedonale) dove la natura è sovrana e gli abitanti che vivono in simbiosi con essa sanno bene come muoversi all’interno con discrezione e rispetto».

piste-ciclabili-2Il danno che si verrebbe a creare: «Quando invece in Italia, dove l’ambiente è quasi ovunque antropizzato, se all’interno degli ultimi spazi ancora preservati e bucolici, dove miracolosamente i contadini ancora riescono a mantenere il paesaggio agrario e fauna e flora sopravvivono in un delicatissimo equilibrio ambientale, viene aperta una “autostrada pedonale” si crea una lacerazione ambientale irreversibile che porta tanti rumorosi ciclisti della domenica cosidetti “green” a distruggere quanto di buono la natura paziente e gli operai della terra sono riusciti a creare nei secoli. Ora con le biciclette elettriche i nostri monti sono invasi dai rumorosi e irrispettosi biciclettai con buona pace dei silenzi e dei paesaggi e la fauna, che vi vive, disturbata dai rumori se ne allontana».

Un’altra considerazione, frutto dell’esperienza e di quello che si è visto in questi anni sul fronte delle manutenzioni. «Una volta distrutto l’equilibrio e l’armonia dell’ambiente – è l’amara riflessione di Calcagni -, poi ci penserà il tempo a rovinare piano piano anche le piste ciclabili perchè i proprietari dei fondi non cureranno più i fossi interessati dall’occupazione coattiva ed è assurdo pensare che l’Amministrazione comunale possa fronteggiare la manutenzione di 40 chilometri di piste che corrono tra valli coltivate che degradano verso i fossi stessi, specialmente quando qualche temporale, come si vedono adesso, porterà a valle fango e acqua ricoprendo ogni cosa. Non si riesce a fare un minimo di manutenzione alle strade normali come si può pensare di farla a delle piste ciclabili delle dimensioni che si vogliono realizzare?».

piste-ciclabili-3Domanda a margine, forse retorica: «Sarebbe importante capire anche se l’amministrazione, parallelamente ai costi di un progetto così ambizioso, ha avuto la necessaria lungimiranza di mettere in previsione nei bilanci di spesa degli anni successivi alla realizzazione i futuri costi di manutenzione annuali». Nel caso di mancata manutenzione: «Gli alvei dei fossi diverranno quindi più intricati, con maggior pericolo di esondazione in caso di eventi meteorici eccezionali. Sono oramai all’ordine del giorno i disastri ecologici nelle zone di fondo valle dove scorrono corsi d’acqua».

Cosa verrebbe a modificare la realizzazione della ciclabile? «La pista ciclabile, essendo una sovrastruttura che emerge per circa 20-30 centimetri rispetto il naturale andamento del terreno, crea una barriera al normale deflusso delle acque verso il fosso, causando a monte ristagni di acqua e fango con danneggiamento anche delle colture in atto. Il progetto è fortemente carente di elementi di verifica importantissimi quali un adeguato studio sull’impatto ambientale convocando per questo gli organi di tutela del paesaggio come la Soprintendenza ai Beni ambientali e monumentali, molti tratti attraversano zone tutelate paesaggisticamente. Il progetto manca anche di profili longitudinali necessari alla verifica che le pendenze siano contenute entro i limiti dettati dalla legge per piste aperte a tutti, diversi tratti presentano sicuramente pendenze non a norma». Calcagni ha qualcosa da contestare anche rispetto agli obiettivi del progetto: «nasce per incentivare l’uso della bicicletta come mezzo di trasporto, ma queste piste, così come sono state concepite, saranno utilizzate solo dall’utente domenicale, nulla cambierà nella circolazione viaria lungo le strade di collegamento principali. Se si voleva raggiungere il fine di ridurre la pressione automobilistica lungo le strade, riducendo anche il numero degli incidenti, le piste ciclabili dovevano seguire per quanto possibile le direttrici di collegamento principali guadagnando in questa maniera sia in sicurezza che in sottrazione di suolo ancora incontaminato».

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