Il funerale di Pino Brizi. Sul feretro la maglia numero 5 della Fiorentina e una foto dei tempi in cui giocava con la Viola
di Luca Patrassi (foto di Fabio Falcioni)
La famiglia, gli amici, gli ex calciatori, i conoscenti, tre gonfaloni viola (quelli della associazione calcio Fiorentina, del Museo Fiorentina e delle Glorie Viola), diversi esponenti in tenuta ufficiale della società sportiva toscana, la maglia numero 5 della Fiorentina con il suo nome appoggiata alla bara: «Ciao Pino, ciao capitano» ha infine detto l’amico di una vita, Toto Fusari. Era l’ultimo saluto a Pino Brizi, scomparso giovedì a 80 anni, e in tanti questa mattina si sono trovati nella chiesa-tendone delle Vergini per l’ulteriore testimonianza di affetto a una persona che non aveva mai perso, nei vari percorsi umani, umiltà, semplicità e schiettezza, per l’ulteriore segno di vicinanza a una famiglia stimata e benvoluta in città.
Il Viola è stato, ovviamente e giustamente, il colore dominante, un po’ di biancorosso istituzionale e non (gonfalone) ci sarebbe comunque stato bene a ribadire il concetto che Pino Brizi è (stato) il personaggio sportivo di maggior prestigio che la città ha mai avuto. C’erano ex roburini – tra gli altri Carlo Babini – la prima squadra che ha visto tesserato Pino Brizi, c’erano decine di ex calciatori della Maceratese (tra gli altri Prenna, Ciappelloni, Sentimenti, Olivieri, Maroni, Principi, Sbriccoli, Daleno, Borsi, Sartini, Matteucci, Sabbatini, Alessandrini, Salvi), i trainer Fiorenzo Pettinari e Antonio Monaldi, gli ex presidenti della Maceratese Giancarlo Nascimbeni, Maurizio Mosca e Massimo Paci, il consigliere regionale Romano Carancini e l’ex assessore comunale allo sport Alferio Canesin.
Pino Brizi
Il Vangelo di San Giovanni di oggi è legato all’immagine del chicco di grano che muore e produce frutto e da questo don Giovanni è partito per la sua omelia: «Tutto passa, anche la vita ma noi stiamo costruendo qualcosa di eterno nei cieli, un dono della fede per dare luce nuova alla morte. Siano qui a ripercorrere la vita di questo nostro fratello, a ricordare le folle che andavano dietro a questi nostri eroi, eroi sì perchè erano meno pagati di ora, lavoravano di più ed erano umili e veri.
Negli anni Ottanta sono stato sacerdote a Firenze e ho avuto modo di seguire la Fiorentina e i suoi campioni, Antognoni… Giuseppe (Pino) ha infuso gioia nei cuori di tanti giovani che si proponevano di diventare come lui, oltre alla bravura c’era un cuore schietto, non commerciale, ora ricordano il suo scudetto, ma preziosa è stata anche la sua vita come papà, preziosa è ogni vita di una mamma e di un papà. Un campione non può pensare a se stesso, ognuno di noi è chiamato ad essere morte di se stesso per diventare vita per gli altri, la vita è un dono e si ha più gioia nel dare che nel ricevere.
Ricordo Giuseppe quando parlava del suo passato di calciatore con gli amici, che meraviglia nel saperci raccontare, oggi siamo soffocati dalle immagini, bisogna invece partecipare la gioia, essere costruttori di un futuro migliore».
Una testimonianza finale quella di Toto Fusari che ha sottolineato i tanti ruoli che Pino Brizi ha avuto, calciatore e campione, padre di famiglia, capitano e corista: «Ha utilizzato con dedizione il proprio talento, pochi numeri il 5 e il 6, pochi spostamenti essenziali e sempre di andata e ritorno, ha dato il buon esempio come padre e come capitano. Il calcio non lo ha licenziato, ora veste la maglia azzurra del cielo. Ciao Pino, ciao capitano».
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Noo!!... CIAO Pinuccio!!.. Come ti chiamavo io e tu mi permettervi di farlo! Un Uomo d'altri Tempi, un Signore di educazione e di eleganza!.. Mi hai insegnato tanto nel calcio e nella vita, un bacio dolcissimo e un abbraccio forte come più volte mi hai dato!... Riposa in pace Mister!... Come mi chiamavi tu, u Cuniju!!.. Per quanto correvo! Sei sempre stato nei miei pensieri e sempre Rimarrai! Ciao Pinucciu!
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Solamente i “migliori” se ne vanno, riposa in pace grande campione d’umilta’.