Torna libero Maurizio Mosca:
«Un incubo i 20 giorni ai domiciliari,
non ho fatto nulla di male»

MACERATA - Il Riesame ha annullato l'ordinanza di custodia cautelare per l'imprenditore maceratese. Commosso racconta la sua esperienza: «Quando sono arrivati i finanzieri a casa e ho capito che mi arrestavano mi è crollato il mondo addosso. Non mi sembrava fosse una cosa reale, come quando l'Inter perse lo scudetto nel 2002»

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Da sinistra: Andrea Perticarari, Renato Perticarari, Maurizio Mosca e Andrea Netti nella conferenza stampa di questa mattina

 

di Gianluca Ginella (Foto di Fabio Falcioni)

Libero dopo venti giorni agli arresti domiciliari l’imprenditore maceratese Maurizio Mosca: «E’ stato un incubo, quando ho capito che sarei stato arrestato, in quel momento, mi è crollato il mondo addosso». Conosciutissimo a Macerata, appassionato di calcio, ex presidente della Maceratese, ex consigliere comunale, il suo arresto, lo scorso 27 ottobre aveva fatto scalpore il città.

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Maurizio Mosca commosso dopo la scarcerazione

Quell’arresto era legato ad una più ampia indagine della procura di Chieti, in cui il nome di Mosca compare per presunti episodi di corruzione. A farsi corrompere, per la procura di Chieti, il primario di Cardiochirurgia, Gabriele Di Giammarco (pure lui arrestato). Ieri c’è stata l’udienza al tribunale del Riesame di Chieti. I giudici si erano presi dieci giorni per decidere, invece hanno fatto molto prima e questa mattina è stata comunicato ai legali e all’indagato l’annullamento dell’ordinanza di custodia cautelare firmata dal Gip, con le motivazioni che saranno completate entro 45 giorni. Emozionato, commosso, in lacrime in certi momenti, Maurizio Mosca quelle sei sillabe “Li-be-ro” da questa mattina deve averle ripetute nella sua mente parecchie volte e deve averla sognata quella parola per tutti i venti giorni trascorsi ai domiciliari. Tutto era cominciato in una mattina come un’altra, quel 27 ottobre. «Nemmeno ricordo più cosa dovevo fare, ma sicuro stavo per uscire e andare al lavoro». Invece hanno suonato quattro finanzieri «persone di grande umanità, che hanno sempre cercato di tranquillizzarci» spiega Mosca. «Il momento più difficile è stato quando uno dei finanzieri, che era già venuto a febbraio, mi ha detto: “Stavolta non è così bella, è meglio che lei chiami l’avvocato”. Mi è caduto il mondo addosso, perché ho capito che c’era un arresto».

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Maurizio Mosca e Andrea Netti

Mosca da appassionato di calcio e tifoso dell’Inter, fa un paragone calcistico: «Mi pareva il 2002, quando ero andato a Roma per Lazio-Inter (partita che il club perse a sorpresa, mandando in fumo il sogno dello Scudetto, ndr). Come allora che tornavo in treno e mi pareva di sognare, pensavo che mi sarei svegliato e avrei festeggiato lo Scudetto. Mi sembrava così quello che stava accadendo, un sogno». Non lo era e da quel momento sono iniziati gli arresti domiciliari e le battaglie dei legali per ottenere la modifica della custodia cautelare. Carte su carte sono state lette in ore febbrili nello studio dei suoi legali. Pagine che, hanno detto i legali (gli avvocati Andrea Netti, Andrea Perticarari, Renato Perticarari e Valentina Romagnoli), mostravano falle enormi nelle indagini. Il nodo erano quelle valvole cardiache che Mosca commercializzava con la sua azienda e che per a procura erano state vendute ad un prezzo eccessivo. Motivo? Aveva corrotto un primario, dice l’accusa. Per la difesa la ragione è un errore nei calcoli: mancavano al conto circa un quinto delle valvole, che Mosca forniva gratuitamente ogni tot di prodotti acquistati.

maurizio-mosca-1-325x217Questioni comunque che saranno affrontate al processo. «Al momento quello che ci interessava era far uscire Maurizio dai domiciliari» spiega l’avvocato Netti. Che lo chiama Maurizio, e non Mosca perché, «è un amico, per me e per Renato e Andrea Perticarari. È stato difficile anche questo, far coincidere il lato professionale con l’amicizia. Ma quello che oggi si può dire è che Maurizio Mosca è libero, senza se e senza ma. Maurizio ha sempre proclamato la sua innocenza, si è trovato di fronte ad una indagine enorme e ha sofferto  giorni di domiciliari ingiusti e immotivati – riprende l’avvocato Netti -. Questo è stato un passaggio importante da un punto di vista umano perché può uscire dai domiciliari. Negli anni arriveremo ad una sentenza di piena assoluzione, ad oggi però era questo il nostro obiettivo». «Lavoro dal 1975 – riprende Mosca -, mi sono subito dato da fare perché mio padre morì che ero ancora giovane. Ho iniziato facendo il sub agente. Nella mia attività ho sempre cercato di fare prezzi per i prodotti che vendo agli ospedali che fossero gli stessi che c’erano nella mia zona. Non ho fatto nulla di male. Addirittura l’accusa parlava di una valigetta che avevo portato a Di Giammarco, quella era una valigetta che avevo e gliel’ho portata perché mi aveva detto che voleva comprarne una per non andare in giro per i reparti con il trolley che faceva rumore. Così gliel’ho portata. Sono comparse immagini in cui gliela passavo e sembrava chissà cosa avessi fatto».

«Grazie a tutti per la solidarietà, posso tornare a far uscire il mio cane»

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