La battaglia di Irene e Sara:
«Abbiamo avuto una bambina
ma non ci riconoscono come genitori»

LA MACERATESE Irene Ferramondo e la compagna Sara Dallabora hanno chiesto al Comune di Piacenza, dove vivono, di registrare la bimba, nata il 24 luglio, come figlia di entrambe. Gli è stato detto di no. «Siamo state costrette a dichiarare il falso»

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Irene e Sara a cena

 

di Alessandra Pierini

Irene Ferramondo, «sempre e comunque maceratese» dice lei, nonostante viva da tanti anni fuori, è la mamma non biologica di un bambino di quasi tre anni e di una bimba nata lo scorso 24 luglio. Entrambi sono stati dati alla luce da Sara Dallabora, la sua compagna alla quale è legata da un’unione civile, e sono frutto di una fecondazione assistita con donatore anonimo in Spagna.

Da qualche giorno la loro storia è diventata un caso. Tutto è iniziato quando, ancora prima della nascita della seconda bambina, sono andate in Comune per manifestare al sindaco Patrizia Barbieri la volontà di registrare la piccola come figlia di entrambe le madri. «Abbiamo parlato con l’assessore ai Servizi sociali Putzu e con l’ufficiale di stato civile ma dopo la nascita della bambina è arrivato il diniego». A Milano e a Torino nel frattempo a diverse coppie gay è stato consentito di inserire due madri nell’atto di nascita, nonostante lo Stato italiano in questo momento non abbia una regolamentazione. «Se fosse illegale – osserva Irene – non sarebbe stato possibile farlo in nessun comune. Il 1 agosto comunque Sara è andata a chiedere il riconoscimento della bambina ma, visto il diniego, ha chiesto che almeno si evitasse la dicitura “padre sconosciuto” e si precisasse invece che la bambina è nata da fecondazione assistita. Purtroppo non c’è stato nulla da fare ed è stata costretta a dichiarare il falso». Dopodichè Irene e Sara si sono autodenunciate ai carabinieri e alla procura per aver dichiarato il falso. «Ora aspettiamo che la procura si pronunci – spiega Irene – ma al momento non c’è niente che tuteli la bambina. Oltre al fatto che i miei genitori per lo Stato non sono i suoi nonni e così tutti gli altri miei parenti». Irene Ferramondo e Sara Dallabora non sono nuove a battaglie per i diritti e anche questa volta la loro storia solleva la necessità di una regolamentazione più puntuale: «Qui non si tratta solo di coppie gay, anche una mamma che decide di avere un bambino attraverso la fecondazione assistita è costretta a dichiarare che il padre è sconosciuto. E’ vero che poi ognuno di noi racconterà la verità ai suoi figli ma non lo Stato». Irene conclude con un pensiero alla sua città: «Mi piace pensare che l’amministrazione di Macerata sarebbe stata più comprensiva».

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