Giuseppe Bommarito
di Giuseppe Bommarito*
Ormai pressoché ultimata, sia pure con gravissimi ritardi, l’epopea drammatica delle Sae (le casette di legno per l’emergenza post terremoto), di qualità scadente benché costate a metro quadrato quasi come un attico sul lungomare di Civitanova, comincia adesso l’era della ricostruzione. E, se per le Sae l’elemento caratterizzante è stato l’aggiramento della normativa sui subappalti grazie a vari marchingegni giuridici (tra i quali il cosiddetto contratto di rete, di cui in appresso) e alla scarsezza dei controlli, per la ricostruzione, che vedrà girare miliardi e miliardi di euro e sarà effettuata sia dagli enti pubblici che dai privati, molte ombre già si addensano.
Ne abbiamo un primo esempio per un appalto pubblico riguardante una struttura ricettiva sita nel comune di Valfornace, aggiudicato all’impresa Eni srl, con sede in Caserta (ovviamente niente a che vedere con l’Eni spa, la multinazionale scaturita dall’azienda pubblica costituita nel 1953 da Enrico Mattei), a mezzo della determina n. 45 del 14 maggio 2018 dell’Unione Montana Potenza, Esino e Musone (quale Stazione Appaltante). Ivi si legge che l’Eni srl, su ben 123 imprese partecipanti alla gara, ha effettuato il maggiore ribasso (pari al 26,131 per cento), per cui i lavori di riparazione e miglioramento sismico della struttura ricettiva le vengono aggiudicati per un importo pari a circa 250mila euro. Si legge inoltre che la stessa Eni srl ha presentato una propria autocertificazione antimafia, in quanto dalla Banca dati nazionale antimafia nulla è pervenuto nei 30 giorni dalla data della richiesta.
Ebbene, a prescindere da serie perplessità sul ricorso all’autocertificazione nel caso specifico (si leggano gli articoli 88 e 89 del D. Lgs. N. 159/2011, il cosiddetto codice antimafia), è necessario procedere ad un approfondimento sulla società aggiudicataria e su alcuni suoi significativi collegamenti. Socio al 50 per cento e amministratore unico della Eni srl, che ad oggi non risulta iscritta nell’anagrafe antimafia, è tale Piccolo Salvatore, domiciliato a Casapesenna (Caserta). Costui peraltro ha già operato dalle nostre parti anche per i cantieri delle Sae con un’altra sua ditta, la Euroimpresit, ditta individuale intestata appunto a Piccolo Salvatore, con sede in Casapesenna.
La Euroimpresit ha infatti lavorato per oltre un anno nella giungla della casette Sae, inizialmente distaccando propri lavoratori alla In.Tech spa (società legata da un accordo quadro con il Consorzio Arcale per le Sae da costruire nelle zone terremotate delle Marche). Successivamente, per seguitare a collaborare con la In.Tech spa e quindi per superare taluni ostacoli giuridici che consentono il distacco di lavoratori solo nella sussistenza di particolari presupposti, in precedenza difficili da intravedere, la Euroimpresit si è avvalsa di un contratto di rete (un particolare contratto che consente di realizzare raggruppamenti di imprese finalizzati ad una reciproca collaborazione, e quindi, nel forzare in vari modi il divieto di subappaltare i subappalti, facilita pure i distacchi di lavoratori da un’azienda ad un’altra) sottoscritto in data 28 settembre 2017 tra la In.Tech spa, società capofila, la stessa Euroimpresit (rappresentata nell’occasione, a seguito di procura speciale, dal fratello di Piccolo Salvatore, cioè Piccolo Raffaele, sul quale poi si tornerà) e varie altre imprese.
La Euroimpresit di Piccolo Salvatore nel febbraio 2018, dopo essersi aggiudicata una gara indetta dal Comune di Melito di Napoli per lavori pari a quasi 800mila euro (grazie anche in tal caso ad un notevolissimo ribasso, pari al 38 per cento), è stata peraltro esclusa in extremis dalla gara in questione (determina n. 116 del 20 febbraio 2018) per aver reso false dichiarazioni circa i requisiti di ordine generale dichiarati in sede di partecipazione alla gara. Sebbene la Euroimpresit non ne avesse fatto cenno, era infatti risultata presso il casellario dell’Anac la sussistenza di annotazioni circa una precedente risoluzione contrattuale per grave inadempimento.
Ma Piccolo Salvatore, come sopra detto, è anche fratello di Piccolo Raffaele, imprenditore di 56 anni, uno dei personaggi principali dell’inchiesta denominata “The Queen” coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli, attualmente in fase di udienza preliminare. Una maxi inchiesta che riguarda diverse decine di imputati, tra i quali ben quattro sindaci del Napoletano e del Casertano e l’ex consigliere regionale Pasquale Sommese. Gli imputati, a vario titolo e con imputazioni diverse da caso a caso, sono accusati di corruzione, turbativa d’asta e concorso esterno in associazione camorristica per aver truccato – anche aprendo nottetempo le buste con le offerte dei concorrenti – diversi appalti al fine di favorire imprese della famiglia Zagaria di Casapesenna, quella gestita sino all’arresto di qualche anno fa da Michele Zagaria, detto Capastorta, uno dei capi storici del sanguinario clan dei Casalesi.
Valfornace
Nell’ambito di tale indagine Piccolo Raffaele, fratello di Salvatore, è stato assoggettato alla misura cautelare degli arresti domiciliari nel marzo 2017. E, per quanto concerne uno dei più grossi appalti rientranti nell’inchiesta, quello indetto dal Comune di Casapulla (Caserta) per quasi due milioni di euro, all’epoca dei primi arresti risultava essere espressamente previsto per l’esecuzione dei lavori un contratto di noleggio “a caldo” proprio con la Euroimpresit di Piccolo Salvatore. A quest’ultimo, tra l’altro, era intestata l’utenza telefonica utilizzata dal fratello Raffaele per varie compromettenti telefonate, tutte intercettate dagli inquirenti. I due fratelli Piccolo, inoltre, sono stati tra di loro soci in un paio di società a responsabilità limitata (la Co.Pi.Raf. srl e la CRS srl), ad ulteriore testimonianza di un legame, non solo familiare ma anche affaristico, molto stretto. Per finire questa piccola rassegna, il nominativo della Euroimpresit di Piccolo Salvatore risulta essere emerso (in questo caso senza imputazioni) anche nell’ambito dell’inchiesta “Sarastra”, riguardante il Comune di Scafati (Salerno) e concernente i reati di scambio elettorale politico-mafioso, minacce, violenza privata ed estorsione, con l’aggravante dal metodo mafioso. Insomma, un quadro che suscita non poche preoccupazioni, peraltro già in qualche modo segnalato dalla Cgil di Macerata senza che vi siano state reazioni di sorta. E ciò francamente preoccupa ancora di più. Certo che, se questo è l’inizio della ricostruzione, noi tutti, e specialmente quei figli di un dio minore che sono i marchigiani residenti nelle zone del cratere, ne vedremo proprio delle belle.
*Presidente Ass.ne “Con Nicola, oltre il deserto di indifferenza”
A volte, anche la normativa più restrittiva (così restrittiva da impedire di fatto la ricostruzione) non riesce ad evitare i fenomeni per cui è stata scritta... Bisognerebbe forse puntare l'attenzione sul nocciolo del problema, cioè il ritorno delle persone nelle loro case finalmente ricostruite e preoccuparsi di quello. Tutti gli altri aspetti, di legalità, di trasparenza, di giustizia, di resistenza, etc etc... potranno e dovranno essere affrontati man mano che si presentano, da enti e figure competenti (di cui dovremo reimparare a fidarci) che dovranno essere nelle condizioni di agire, controllare e punire realmente i trasgressori. E' vero, una volta c'era un saggio che diceva: "prevenire è meglio che curare..." ma qui, con la scusa della prevenzione si sta facendo di fatto morire un territorio e la sua comunità!
Non si dica che il ritardo nella ricostruzione sia dovuto all'applicazione, tra l'altro legittima, delle normative antimafia perchè così non è. Non un cantiere fermato dopo le incongruenze e le violazioni evidenziate anche in questa testata dai sindacati e dall'ottimo collega Bommarito. Giustificare chi opera in spregio della legalità pur di garantire un pronto ritorno a casa dei terremotati significa per prima cosa fregarsene delle sorti dei terremotati stessi e mortificare le migliaia di imprese che operano nel settore della ricostruzione nel pieno rispetto delle norme vigenti.
Jacopo Maria Casaroli, dove ha letto ke il ritardo si imputa alla normativa antimafia? Nella ns osservazione ci si riferisce ad un aspetto ke in pochissimi rilevano: la necessità di ricostruire è oggi completamente sommersa (e superata) da esigenze di altro carattere. La inviterei a leggersi l'elenco degli elaborati di progetto per richiedere il finanziamento e l'autorizzazione al recupero della propria abitazione danneggiata dal sisma. É più esteso di quello richiesto per un lavoro pubblico "in tempo di pace", infarcito com'è di dichiarazioni, perizie giurate, e autocertificazioni. Il tutto con il fine di azzerare la successiva fase di controllo da parte degli enti pubblici, una fase da cui però non ci si può sottrarre e a cui richiamiamo. Tutti ne sono danneggiati, terremotati, professionisti e imprese edili locali, ma quei fenomeni che si vogliono combattere, come questa cronaca dimostra, si verificano ugualmente.
Ben venga il ritardo se dovuto all'applicazione ferrea della legge in generale. Ma ad oggi purtroppo l'unico motivo per cui molti terremotati sono ancora senza un tetto sulla testa è per il lassismo ed il menefreghismo con cui la politica locale e non ha affrontato la vicenda.
Non è così semplice. Ci sono aziende che hanno giustamente seguito la procedura di iscrizione all'anagrafe antimafia per lavorare. Ogni volta che si scopre qualche altarino nascosto è un colpo a queste aziende. Tanto si sa come finisce la storia. Nessuno pagherà mai. E non solo per il terremoto
Per poter lasciare o votare un commento devi essere registrato.
Effettua l'accesso oppure registrati
Grazie, Giuseppe, per effettuare e rendere pubbliche inchieste come questa, che non esito a definire patriottiche.
La criminalità organizzata si “nutre” sempre di più di appalti pubblici e, a mio modo di vedere il modello dei controlli dovrebbe essere perfezionato e adeguato ai tempi.
Ad esempio, più che ad autocertificazioni cartacee, ci si dovrebbe affidare a documenti informatici in grado di essere agevolmente analizzati da appositi software interconnessi con le banche dati di riferimento, così da riuscire ad effettuare i controlli in modo efficace e nel rispetto dei tempi procedimentali.
Ci vorrebbe inoltre un adeguamento del codice antimafia che, nonostante gli interventi degli ultimi anni, presenta ancora delle notevoli criticità dovute a norme di difficile interpretazione e applicazione.
Le norme antimafia dovrebbero inoltre incentivare la circolarità di informazione e, in particolare, il contributo alle istituzioni di associazioni e organizzazioni senza fini lucrativi – ma anche di singoli cittadini – quali portatori di interessi, riprendendo il modello dello “stakeholder” della normativa anticorruzione.
Resta comunque, e prima di tutto, il fatto che i molti cittadini i quali, pur non essendo mafiosi, sono stati contaminati da quella “mentalità mafiosa” di cui parlava Falcone si riappropriassero della loro dignità.
Nicola Lalla – Segretario Generale Prov.le Coisp Macerata
Confesso la mia personale ignoranza su tutta la materia, ma anche il mio rispetto e stima per l’amico Giuseppe, sempre in prima linea in queste “battaglie” d’interesse collettivo. Da persona pratica, mi sento di dire che, visto come le cose non stiano funzionando, è certo che non può semplicemente trattarsi di incapacità, sviste personali, o garbugli normativi, nella gestione del post terremoto. Di sicuro, non possono non esserci concause, che appalesano tutta l’inadeguatezza del “sistema”, in primis della “politica”, a partire dallo smembramento della linea di comando. che c’era ai tempi del dottor Bertolaso-assolto ancora ultimamente dalle pretestuose accuse-, e la nomina del commissario Errani che, già precedentemente aveva dato prova di inadeguatezza. Se non basta, un semplice confronto con quanto avvenne in Friuli ai tempi del dottor Zamberletti, può chiarirci ogni recondito dubbio.
Per Jacopo Maria Casaroli
Concordo perfettamente. I ritardi nella fase dell’emergenza e, ora, nella ricostruzione, non sono certo dipesi dall’applicazione della normativa antimafia, che, peraltro, è stata quasi totalmente aggirata.
Basti pensare al divieto di subappaltare in seconda battuta (fondamentale per evitare infiltrazioni mafiose), eluso con l’invenzione del contratto di rete, che, tra l’altro, ha portato nei cantieri a situazioni di sfruttamento schiavistico e ha inoltre trasformato molti lavoratori, italiani e soprattutto stranieri, anche in strumenti più o meno consapevoli di riciclaggio.
Vede Avvocato, il problema è che i tecnici,o meglio i R.U.P., se ne fregano, non hanno il coraggio di escludere le imprese non in regola, come dice se l’impresa ha una segnalazione all’anagrafe ANAC e non lo dichiara va esclusa dalla procedura. Le dico di più, dato che sono del settore, vi è stata una gara in cui l’impresa, oltre al prezzo, ha offerto l’esecuzione dei lavori in 125 giorni in meno rispetto ai 180 previsti. Questa impresa doveva essere esclusa perchè è impossibile la realizzazione dei lavori in 55 giorni ma il D.L.che espletava la gara non ha minimamente obbiettato. L’impresa è marchigiana come le altre sette partecipanti.Tornando al “suo caso” credo che ne vedremo di cotte e di crude nel “cantiere più grande d’Europa” perchè i Tecnici, sia Pubblici che Privati, non hanno nessuna sanzione, nè penale nè economica, che li colpisce quindi andranno ad operare come nel terremoto del 97/98, e tutti sappiamo come andò.