Dall’avvocato Giuseppe Fedeli riceviamo:
«Subito dopo le scosse di fine ottobre 2016, insieme a diversi sindaci chiedemmo ad Errani una ordinanza per permettere ai terremotati la possibilità di costruire o installare a proprie spese e nei propri terreni alloggi di emergenza, come piccole casette in legno, roulotte, case mobili, container o moduli abitativi. Strutture temporanee che sarebbero state demolite o rimosse una volta finita l’emergenza. Niente da fare, la risposta fu «i terremotati devono essere tutti uguali, sia se abitano in città che in campagna».Parole di Emanuele Tondi, sindaco di Caporotondo di Fiastrone. Peccato però che grazie alle ordinanze di Errani i terremotati non sono tutti uguali. Ci sono quelli ancora negli alberghi lungo la costa, hanno perso il lavoro e non hanno nessun reddito da più di un anno. L’alternativa era andare “al mare” e molti di loro si sono organizzati autonomamente, per non lasciare i loro animali, i loro campi, la loro attrezzatura incustodita e i loro luoghi. Così facendo hanno “alleggerito” il dramma dell’emergenza a comuni e protezione civile, non hanno chiesto le costosissime Sae e rimanendo nei territori hanno contribuito da subito alla loro ripresa. Questo fino alla scorsa estate, quando a causa di una solerte Forestale e un ancor più solerte procuratore venne ordinata la demolizione di una casetta in legno che aveva costruito, senza tutte le necessarie autorizzazioni, Peppina, una terremotata di 95 anni residente a Fiastra.
La vicenda salì alla ribalta nazionale e dopo una serie di vicissitudini, anche grottesche, finalmente il Governo pubblica sulla Gazzetta ufficiale (n.284 del 5-12-2017) il decreto legge 148/2017, dove all’articolo 2bis è contenuta la norma “salva Peppina”. Tutti convinti che, finalmente, oltre a Peppina, anche gli altri che avevano costruito alloggi temporanei o posizionato roulotte, container, moduli abitativi sui propri terreni potessero finalmente dormire tranquilli. E invece no, per poter rimanere nella casetta temporanea, che verrà comunque demolita una volta ricostruita la propria abitazione, questa deve essere posizionata in terreno proprio ed edificabile, che può andar bene per Peppina ma non per tutti, ovviamente». Così Emanuele Tondi, sindaco di Camporotondo di Fiastrone. L’eminente sismologo, sempre in prima linea, aggiunge indignato: «Per quanto riguarda le strutture mobili tipo roulotte, case mobili, container, modulo abitativo, non è necessaria un’area edificabile ma occorre presentare la comunicazione al Comune attestante la conformità igienico-sanitaria (altezza utile 270 centimetri) e quella sismica. Contestualmente, occorre aver presentato richiesta di contributo per la ristrutturazione o la ricostruzione dell’immobile danneggiato all’ufficio sisma entro il 31 gennaio 2018. Inoltre, in tutti i casi si perde il Cas (Contributo di autonoma sistemazione). Queste norme appaiono come un vero e proprio accanimento nei confronti dei terremotati a cui sono rivolte. Quali strutture mobili tipo roulotte, container, moduli abitativi possono avere la conformità igienico-sanitaria che prevede un’altezza utile di 270 centimetri? Per quale ragione chi ha istallato una struttura temporanea “in house”, e la vuole regolarizzare, è obbligato a presentare il progetto di ristrutturazione o ricostruzione entro il 31 gennaio, mentre a tutti gli altri si dà tempo fino al 31 marzo? Considerando che il rispetto della scadenza non dipende dal terremotato ma dal progettista incaricato, dai risultati della microzonazione e dai sondaggi geologici, visto che per la maggior parte si tratta di ricostruzione pesante. Inoltre, qual è il nesso tra il permettere a queste persone di rimanere ad abitare nelle loro strutture temporanee e il Cas? Il primo riguarda problemi di vincoli territoriali e autorizzazioni mancanti a cui si va in deroga, appunto, con il decreto legge. Il secondo è un contributo per autonoma sistemazione e più autonoma di chi a spese proprie si è comprato ed istallato un container, casa mobile, modulo abitativo o roulotte cosa c’è? Subito dopo le scosse di fine ottobre 2016, insieme a diversi sindaci chiedemmo ad Errani una ordinanza per permettere ai terremotati la possibilità di costruire o installare a proprie spese e nei propri terreni alloggi di emergenza, come piccole casette in legno, roulotte, case mobili, container o moduli abitativi. Strutture temporanee che sarebbero state demolite o rimosse una volta finita l’emergenza. Niente da fare, la risposta fu “i terremotati devono essere tutti uguali, sia se abitano in città che in campagna”. Molti resistono, contro disservizi, freddo e caldo, neve e siccità. Hanno fatto risparmiare un sacco di soldi allo Stato ed evitato uno scempio ambientale enorme del nostro territorio. Alcuni comuni, come il mio, avrebbero dovuto raddoppiare la richiesta di Sae, senza per altro avere luoghi idonei per il loro posizionamento. E invece di ringraziarli vi permettete di fare questo che a tutti gli effetti non sembra altro che un dispetto?».
A questo punto ditemi, anzi pretendo che qualcuno dalla stanza dei bottoni mi dica: è possibile esercitare ancora la professione (suona più appropriato chiamarlo mestiere) di giurista? Si può scrivere una nota in margine alla nequizie più assoluta, a una vergogna che non smette di perpetuarsi nel tempo e grida in un deserto di mani, sguardi, implorazioni?… o vogliamo appellarci per cortesia una volta tanto ai principi giusnaturalistici, specie a quello del suum cuique tribuere (a ciascuno il suo, vale a dire quello che gli spetta come soggetto inserito nel consorzio umano)? È vero (ce l’ha insegnato l’antico popolo romano) che ignorantia legis non excusat – l’equivalente di un brocardo più aspro, “dura lex sed lex!”. Ma la legge è veramente uguale per tutti?… perché ancora questa patetica iscrizione che sa solo di algida condiscendenza verso chi non è uguale agli altri, perché questa ipocrisia mascherata di pietismo? Che cosa può dire uno sfollato che ricostruisce una casa di tasca sua e col sudore della sua fronte, piegato dai rigori invernali, davanti a un decreto che, in forza del suo imperio, lo sbaraccherà di qui a breve (a Camere sciolte, chi ha avuto ha avuto, chi ha dato ha dato)? L’hanno chiamato “decreto Peppina”, e su questo provvedimento, essendo la vicenda arcinota, siam tutti d’accordo. Ma gli altri sono forse figli di un Dio minore? Ma come si può essere un operatore del diritto quando una legge, che giocoforza va applicata, trafigge come saetta ogni più elementare principio di “vita”? Questa gente non solo è stata abbandonata, ma non è stata nemmeno onorata di una dignità che si è ricostruita ciascuno da sé, con il sudore e le lacrime: perché, senza trincerarsi dietro le “buone maniere” che tanto suonano sdolcinate specie in questo periodo luccicante di sfrenata ipocrisia, il diktat è: bisogna spopolare questi territori, sono poveri quindi non contano perché non producono, non sono “efficienti”: questo, superfluo rilevare, in nome di quella cultura dello scarto che vuol gettare dalla Rupe Tarpea chi non è omogeneo al sistema, chi non può acquistare perché non ha soldi: mentre nella cavea del potere tintinnano monete esageratamente oscene con legislature che possono finire a piacimento, basta una leggina e i maggiorenti se ne vanno beatamente a spasso con le tasche debordanti Alla faccia di chi non ha nemmeno di che mangiare, le casette fanno acqua da tutte le parti, e chi le ha costruite le deve abbattere: ché non conta questa gente, questa massa di diseredati, non conta per chi crede di essere eterno e di aver rubato il posto a Dio. Ma Dio vede e sa tutto, e la resa dei conti è vicina.
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A Errani, nemmeno Freud avrebbe potuto aiutarlo. Quando uscirà dalla confusione mentale simile ad una trincea profonda tre metri e con filo spinato a proteggierla in cui si è ficcato, saremo già a fare scarpe delocalizzate su Plutone.
Ste casette non s’avea da fare punto.
Lasciate in pace mia madre che sta male, nel corpo e ancor più nell’anima. Punita senza colpe, privilegiata al punto che ha dovuto lasciare il suo paese ed emigrare al mare.Sola sfrattata dalla sua casa. Nessuno osi più citare il suo nome per sottolineare trattamenti di favore. Quando io e la mia famiglia abbiamo gridato la nostra richiesta di tenere in debita considerazione il dolore delle persone soprattutto anziane, dove erano i paladini di coloro che versavano nelle medesime condizioni e oggi invocano disparità di trattamento. La nostra vita è stata devastata in nome di una presunta ridicola eguaglianza. Mia madre nonostante tutto continua a desiderare il ritorno, io coltivo la voglia di emigrare, magari in Turchia.
Suave, mari magno turbantibus aequora ventis,
e terra magnum alterius spectare laborem;
non quia vexari quemquamst iucunda voluptas,
sed quibus ipse malis careas quia cernere suave est.
Gentile signora Turchetti, non se la prenda. Le vicende che conosco sono quelle che arrivano dai giornali. Spesso strumentalizzate purtroppo, mi dispiace davvero apprendere che sua madre vive in questo stato d’animo. Speravo di cuore avesse trovato un po’ di pace.
Ho avuto i nonni a casa fino a quando non sono venuti a mancare e so quanto una persona anziana che ha fatto enormi sacrifici per tirare su una casa, possa essere attaccata ai suoi quattro mattoni.
Mi si spezza il cuore sapere che molte persone come sua madre debbano vivere questo strazio. E non mi capacito di come trovino la forza per andare avanti. Li ammiro tantissimo. Hanno un coraggio che io non ho.
Purtroppo il decreto porta questo nome “Salva Peppina” ed è quindi normale che il nome venga fuori spesso. Ma non la prenda come una cosa personale. Poteva chiamarsi… Salvagiovanni o salvapincopallino… Era la stessa cosa.
Spero che tutti abbiamo la stessa forza e la capacità di affrontare le battaglie tutti insieme. Solo cosí i decreti salvapeppina avrebbero un senso.
Auguro a tutte le nonne Peppine si tornare a casa loro presto. Gli anziani più di tutti hanno bisogno della loro terra.
L’Italia è tutta una gara d’eroismo.
Veramente sarebbe stato più corretto battezzare il decreto Peppina come decreto Pincopallino… la filologia è un gran dono del cielo come pure il vocabolario: infatti basta aprire
un vocabolario on line per trovare:
pinco s. m. [etimo incerto] (pl. -chi), ant. e tosc. – Membro virile; fig., minchione, balordo: come puoi tu lasciarti bazzicare intorno de’ pinchi di […] quella fatta …! (Baretti).
D.io solo sa quanti altri decreti del pinco ci aspettano…
Signora Agata, tutti noi Italiani dentro e fuori dall’Italia siamo con la sua Mamma. Questo paese così bello è diventato uno schifo per la burocrazia, il “mangia-mangia”e l’infinita INGIUSTIZIA.Scrivere nei tribunali “la legge è uguale per tutti” è la più assurda bugia.Finchè c’è vita c’è speranza e io mi auguro che la sua mamma possa ritornare a sorridere e, con lei anche voi, la sua famiglia.Un abbraccio e BUON ANNO!
Per Dalla Casapiccola. Mi pare che Leopardi dicesse qualcosa di molto più complesso e articolato. Basta leggere il suo “Discorso sopra lo stato presente dei costumi degl’Italiani”:
http://www.leopardi.it/discorso_stato.php
quello che vale per uno deve valere per tutti.L’ ipocrisia è imperante anche
senza fare citazioni in latino
Quello che vale per uno deve valere per tutti… Giustissimo! Ma per far valere i loro diritti mi piacerebbe vedere quei TUTTI battersi tutti insieme… Invece spesso vedo… ARMIAMOCI E PARTITE.
Se non si è uniti in situazioni del genere…quando lo saremo mai?