Strage di Milano,
rito abbreviato per Pellicanò
Chiesto risarcimento milionario

DRAMMA IN VIA BRIOSCHI - Questa mattina prima udienza davanti al gup del tribunale di Milano. Il 12 giugno dello scorso anno Chiara Magnamassa, di Monte San Giusto, e Riccardo Maglianesi, di Morrovalle, erano stati uccisi dopo l'esplosione di gas avvenuta nell'appartamento di fianco al loro. I due ragazzi sono morti perché schiacciati dalle pareti divisorie mentre dormivano. Una perizia dice che la capacità di intendere e volere dell'imputato era gravemente scemata. Avrebbe agito perché la moglie lo stava lasciando

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I vigili del fuoco dopo l’esplosione nella palazzina di Milano

 

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Chiara Magnamassa e Riccardo Maglianesi

 

di Gianluca Ginella

Strage di Milano, Giuseppe Pellicanò farà il processo con rito abbreviato. Oggi si è svolta al tribunale del capoluogo lombardo la prima udienza preliminare davanti al giudice Chiara Valori. Undici le parti civili che si sono costituite, tra queste ci sono i genitori di Riccardo Maglianesi e di Chiara Magnamassa, i due ragazzi della provincia di Macerata che sono morti nell’esplosione della palazzina. Le richieste di risarcimento di queste due famiglie superano i due milioni di euro. Al 52enne Pellicanò, che una perizia ha stabilito abbia una capacità di intendere e volere gravemente scemata la procura contesta i reati di strage aggravata e devastazione aggravata.
Era una domenica mattina di fine primavera, il 12 giugno dello scorso anno, e alla palazzina al civico 65 di via Brioschi, a Milano, in tanti, alle 8,45, stavano ancora dormendo. Poi una tremenda esplosione aveva sventrato l’appartamento dove abitavano Giuseppe Pellicanò con la moglie Micaela Masella e le loro due bambine e quello di fianco, dove vivevano Chiara Magnamassa, 28 anni di Monte San Giusto, e Riccardo Maglianesi, 28, di Morrovalle. Due fidanzati che si erano trasferiti a Milano per inseguire i loro sogni. Chiara, Riccardo e Micaela erano morti nell’esplosione. All’inizio era parsa una fatalità, una fuga di gas.

esplosione-milano-1-400x190Poi le indagini avevano detto ben altro. Era stata la volontà di un uomo, Pellicanò, che voleva uccidere la moglie, dopo aver scoperto, leggendo una mail, che lei aveva deciso di lasciarlo e trasferirsi a vivere con un altro. Non solo, secondo la procura l’uomo voleva eliminare anche le due figlie piccole. Il 52enne aveva sempre negato la volontà di uccidere. L’uomo era stato arrestato (si trova in carcere a San Vittore) e per lui questa mattina si è svolta l’udienza preliminare al tribunale di Milano. Pellicanò ha deciso di fare il processo con rito abbreviato. Un rito secco, senza nessuna ulteriore perizia e senza che venga ascoltato (ha deciso di non rilasciare dichiarazioni). Gravissime le contestazioni che gli vengono mosse dall’accusa, sostenuta dal pm Elio Ramondini e dal procuratore aggiunto Nunzia Gatto. La prima è quella di strage aggravata. Pellicanò, dice l’accusa, «al fine di uccidere Micaela Masella e le due figlie», avrebbe scollegato, svitando il dado di chiusura verso le 2 di notte, il rubinetto dall’impianto del gas del suo appartamento del terzo piano, il tubo del piano di cottura. In questo modo erano fuoriusciti 45 metri cubi di gas metano che alle 8,45 circa era esploso uccidendo la moglie, il cui corpo, a causa dell’esplosione, era stato proiettato nel cortile di uno stabile vicino, e la morte di Chiara e Riccardo che mentre stavano dormendo erano stati schiacciati dalle pareti divisorie che erano cadute sul letto.

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L’avvocato Valeria Attili, che assiste alcune delle parti civili

Altre tredici persone, tra cui le figlie di Pellicanò, erano rimaste ferite. Diverse le aggravanti contestate: come quella di aver agito per motivi abietti e futili, di aver agito di notte, di aver commesso il fatto con l’abuso di relazioni domestiche. La seconda imputazione è di devastazione aggravata. Perché l’esplosione aveva causato danni ingenti a notevoli quantità di immobili: a cominciare da tutti gli appartamenti della palazzina e poi ad altri stabili, investiti dall’onda d’urto. Nel corso delle indagini Pellicanò era stato sottoposto a perizia con incidente probatorio ed è emerso che la capacità di intendere e volere era gravemente scemata per via di una forte depressione. Una conclusione che viene contestata dalle parti civili, undici in tutto, che questa mattina si sono costituite al processo. Tra queste ci sono le figlie di Pellicanò, tramite un procuratore speciale, e poi i genitori di Riccardo e Chiara e il fratello di Chiara. Sia i genitori di Riccardo, che quelli di Chiara, chiedono un risarcimento di un milione di euro, il fratello della ragazza di 200mila euro. Le parti civili sono assistite, tra gli altri, dagli avvocati Valeria Attili, Danilo Bompadre, Paola De Pascalis, Alessandra Calcaterra. “Nessun risarcimento, comunque, potrà mai essere adeguato per la perdita di due ragazzi che avevano davanti un futuro” commenta l’avvocato Attili. Pellicano è difeso dagli avvocati Giorgio Perroni e Francesco Giovannini. La prossima udienza si svolgerà il 5 giugno.

 



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