Binario unico? Pure da noi
ma con ottimi capistazione

La tragedia di Andria non è dipesa dalle rotaie quanto invece da “errori umani”. Un po’ di storia sulla nostra linea ferroviaria con un elogio alla lungimiranza di Pio IX

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di Giancarlo Liuti

Enorme e indignato scalpore ha suscitato nell’informazione nazionale lo scontro frontale fra due treni lungo la linea a binario unico Bari-Andria con l’atroce bilancio di ventitre morti e un centinaio di feriti, alcuni molto gravi. Ecco la prova, s’è detto e s’è scritto, del degrado nel quale versa il Meridione per colpa dei governi che si sono succeduti in Italia dal dopoguerra ad oggi. Com’è possibile, s’è detto e s’è scritto, che esistano ancora linee ferroviarie a binario unico? Poi son saltati fuori inoppugnabili dati dai quali risulta che non solo è possibile ma è addirittura normale. Dei diciassettemila chilometri dell’azienda statale, infatti, ben novemila – più della metà – sono a binario unico, cui ne vanno aggiunti altri seimila a gestione privata, anch’essi a binario unico, come appunto la tratta Bari-Andria, da non confondere – attenzione – con il doppio binario della ben più importante linea adriatica. E’ nota, intendiamoci, la non felice situazione socioeconomica del Meridione, ma stavolta il binario unico non c’entra o c’entra pochissimo. Di tratte simili ce ne sono anche nella sviluppatissima Lombardia. E il rischio del binario unico sta solo nell’eventualità di “errori umani” – forse di capistazione, il che sarebbe accaduto in Puglia – a causa dei quali due convogli lo percorrano contemporaneamente uno in un senso e uno nell’altro. E se non si fermano, ecco lo scontro frontale. Tutto qui.

Un treno lungo i binari maceratesi

Un treno lungo i binari maceratesi

E adesso veniamo a noi. Anche la linea Civitanova-Albacina è a binario unico che poi, entrando nell’Ancona-Roma, prosegue fino a Fabriano. Ogni giorno essa è percorsa da 14 convogli in una direzione e 14 nell’altra. Sono circa novanta chilometri e ci s’impiegano poco meno di due ore (i nostri treni non sono molto veloci per via delle caratteristiche del territorio, mentre quei due sciaguratissimi treni pugliesi andavano a cento chilometri orari e immaginarsi gli effetti dello scontro frontale). Essa è così da tantissimi anni, diciamo dalla fine Ottocento: 16 stazioni, 7 gallerie, 20 viadotti e 59 passaggi a livello. Interessante, a questo punto, fare un po’ di storia, se non altro per sottolineare la lungimiranza con cui venne ideata. Il primo progetto risale al 1846, nello Stato pontificio guidato da Pio IX. La realizzazione avvenne a partire dal 1888, con lo Stato unitario. Perché ho parlato di lungimiranza? Perché questa linea ferroviaria fu concepita come unione fra le valli del Chienti e del Potenza con scavalco all’altezza di Tolentino. Ferrovia a parte, nient’altro del genere fu realizzato e neanche pensato per la grande viabilità motorizzata, per cui anche oggi la valle del Chienti è la valle del Chienti (Civitanova, Macerata, Tolentino, Castelraimondo) e la valle del Potenza (Recanati, Macerata, Treia, Cingoli, San Severino, Matelica) è la valle del Potenza, senza che fra loro vi siano agevoli comunicazioni viarie. Pio IX, insomma, aveva idee più lungimiranti e più aperte al futuro. Lui sì che aveva già in mente il concetto di provincia o di “area vasta” come ora si chiama!
Per molto tempo la nostra linea ferroviaria è stata percorsa da fumanti locomotive a vapore con annessi vagoni per viaggiatori e per merci. Poi, durante il fascismo e subito dopo, le locomotive furono sostituite dalle maleodoranti “littorine”, per eliminare le quali dovemmo aspettare fino all’anno scorso con l’avvento dei treni cosiddetti “swing”, nettamente più comodi, confortevoli, silenziosi e areati. Raddoppiare il binario? Figuriamoci, con quel che costerebbe e soprattutto considerando quanto già detto in tema di viadotti e gallerie. Ma anche il binario unico, se gestito dai 16 capistazione in modo che un treno proveniente da Civitanova lasci passare il confratello proveniente da Fabriano o viceversa, non comporta pericoli. La qual cosa, ripeto, non è purtroppo avvenuta fra Corato e Andria. Ma, ed è questa la nostra fortuna, il destino ci ha dato capistazione migliori di quelli pugliesi.



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