Francesco Micheli alle prove di “Aida”
di Maria Stefania Gelsomini
Le maestranze e i tecnici sono tornati al lavoro, le comparse sono state selezionate (mancano solo quelle di Traviata che verranno scelte domani), gli artisti stanno arrivando in città, orchestrali e coristi affolleranno presto il palco dell’arena. I cancelli dello Sferisterio si sono di nuovo aperti, le prove sono iniziate: è partito ufficialmente il countdown della cinquantesima stagione lirica. E come ormai nella tradizione della gestione Micheli, per il terzo anno si è celebrata ieri sera nel teatro romano – affollatissimo – di Helvia Recina a Villa Potenza la Festa dell’Opera. Uno spaccato della stagione che sarà, anticipazioni di arie e romanze che risuoneranno in Arena direttamente dalle voci di alcuni dei protagonisti accompagnati al pianoforte dal maestro Simone Savina, proprio come succede nelle prove di uno spettacolo prima degli assiemi con l’orchestra. Insomma una sorta di work in progress aperto al pubblico, il dietro le quinte portato sulla scena, che Francesco Micheli ha trasformato in un racconto delle trame e del carattere dei personaggi di Aida, Tosca e Traviata scandito dalla lettura di brani del libro di Lucia Annibali, la giovane avvocatessa di Pesaro divenuta suo malgrado un’eroina contemporanea, simbolo della lotta delle donne alla sopraffazione maschile, che sarà la madrina di queste nozze d’oro il prossimo 17 luglio.
Si festeggiava una storia d’amore che dura da cinquant’anni ieri sera, quella tra la lirica e lo Sferisterio, iniziata nel 1921 grazie a un’altra grande storia d’amore, quella tra la soprano Francisca Solari e il conte Pieralberto Conti di Civitanova che finanziò per lei in quell’anno l’allestimento della prima “faraonica” Aida. Un amore che si rinnova e dura fino ad oggi nonostante la lunga interruzione dal 1923 al 1966.
La Salvadei Brass ieri sera al Teatro Romano di Helvia Recina
Il programma della serata, aperto con il Preludio e tema di Aida eseguito dalla Banda Salvadei Brass e la tromba solista Rozmurat Amakuliyev, è proseguito con Alessandra Capici, che sta ricoprendo il ruolo della schiava etiope nelle prove in corso prima dell’arrivo di Fiorenza Cedolins, e che ha cantato l’aria “Ritorna vincitor” e il duetto “Ah, vieni, amor mio…”, “Fu la sorte dell’armi” dalla scena II con Sonia Ganassi (Amneris). Gran finale dell’Atto II con una speciale versione della marcia trionfale di Aida della Banda Salvadei Brass. È toccato a Roberto Abbondanza (il Sagrestano), con l’Angelus dell’Atto I, aprire l’omaggio a Tosca. A seguire il duetto, sempre dell’Atto I, fra Tosca (Susanna Branchini) e Mario Cavaradossi (Luciano Ganci), quindi le celeberrime romanze “Vissi d’arte” di Tosca e “E lucean le stelle” di Cavaradossi. Chiusura con Traviata (Introduzione e valzer dell’Atto I sulle note della Banda Salvadei Brass) e gran finale col brindisi più conosciuto della lirica, “Libiam ne’ lieti calici”, con Alessandra Capici e Luciano Ganci nei ruoli di Violetta e Alfredo e gli altri cantanti a fare il coro, mentre il pubblico, invitato a partecipare, ha accompagnato gli artisti intonando un generico la la la la. Una Traviata, quella degli specchi firmata Svoboda-Brockhaus, che Micheli ha riconosciuto come uno dei momenti più luminosi della storia d’amore senza fine per lo Sferisterio. Ma se di questa edizione ormai si sa già praticamente tutto, quali sorprese riserveranno dal punto di vista registico le due nuove produzioni Aida e Tosca? Quel che si sa di certo è che questa sarà una stagione celebrativa, dedicata al ricordo delle stagioni d’oro dello Sferisterio: le tre opere saranno idealmente collegate a tre opere che a Macerata hanno fatto la storia.
Sergio Escobar
Francesco Micheli, che si cimenta per la prima volta in una regia d’opera dopo tre anni a Macerata, affronta anche Aida per la prima volta. Confessando di non amare particolarmente questa opera verdiana, ha ammesso di aver iniziato a studiarla quasi a malincuore e di aver accettato di dirigerla solo per un senso del dovere rispetto all’importante anniversario dello Sferisterio. La sua attenzione si è concentrata sul Libro dei Morti, e da lì è nata l’ispirazione: “Gli egiziani sono stati i primi, millenni or sono, ad aver cercato di dare delle risposte al perché della morte. Il mondo dell’aldilà è più grande e importante dei quello dei vivi. Il Libro dei Morti è un’arringa che i vivi scrivono affinché le parole di difesa servano nel processo intentato dagli dèi che i morti devono affrontare. Alla fine l’anima del defunto verrà pesata su una bilancia e se sarà più leggera di una piuma forse potrà rivedere la luce. Il Libro dei Morti è stato poi ereditato dalla cultura ebraica (il Decalogo)”. L’apparato spettacolare e maestoso, gli elementi attraenti come le Sfingi, l’oro, le teste di cane non saranno la sostanza di questa Aida, lo sarà il Libro dei Morti, ed è così che l’Aida di Micheli (18, 27 luglio-2, 10 agosto 2014) si ispirerà alla Traviata di Svoboda, vista come un tragico libro che si srotola ai piedi dello Sferisterio. L’opera si aprirà con una foto dell’Aida del 1921 e racconterà su un grande papiro il Libro dei Morti di Aida e Radames, che nel finale accettano la morte nella tomba e le loro anime volano via come un uccello. Le scene del papiro si svolgeranno in tutta l’opera grazie a un corposo lavoro di immagini e proiezioni, e l’uso della tecnologia avanzata è un preciso richiamo al mondo egizio in cui la tecnologia era molto avanzata.
Per Tosca (19, 25 luglio-3, 8 agosto), il regista romano Franco Ripa di Meana ha invece pensato di creare un parallelo con un’opera non certo facile, che allo Sferisterio ha fatto epoca e scalpore facendo parlare di sé il mondo intero: la Bohème di Ken Russell del 1984. Tosca è un personaggio immortale e sempre attuale e viaggia nel corso dell’opera, mentre una linea rossa scandisce il tempo che diventa spazio. Proprio come nella regia di Russell, in cui la storia si sposta in avanti dai primi dell’Ottocento fino al Novecento. L’idea è di rappresentare una Roma calligrafica in cornice, una Roma che diventi un pezzo di museo a cielo aperto, così come il geniale regista inglese aveva interpretato lo spazio nel primo atto dell’opera pucciniana: un grande quadro su un cavalletto gigantesco. Nel secondo atto il tempo corre avanti di oltre cinquant’anni, la storia viaggia e i personaggi cambiano costume: fa da sfondo all’ufficio di Scarpia un frammento del Vittoriale degli Italiani. Nel terzo atto Tosca e Cavaradossi diventano due partigiani e il pittore viene giustiziato in una Roma che lotta contro l’oppressione nazi-fascista, un omaggio al terzo atto della Bohème di Russell ambientato nel regime di Vichy, nella Francia occupata dai nazisti. Nel finale, il pubblico vedrà ciò che Tosca vede buttandosi da Castel Gandolfo, un drammatico colpo d’occhio sulla Roma di oggi.
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Festa dell’opera, bella manifestazione. Peccato voler forzatamente far partecipare il pubblico al finale, è sembrato di stare ad una sagra paesana, svilendo musica ed interpreti.