Nessun dubbio sull’esigenza democratica di un rapporto costante fra le istituzioni e i cittadini (non ce n’è mai stato molto, purtroppo), un’esigenza alla quale ha corrisposto, sere fa, l’iniziativa del “consiglio comunale aperto” sull’annoso problema del centro storico. Tuttavia, a parte il varo di un “coordinamento” – sarà davvero unitario? – tra undici sodalizi cui preme il rilancio di ciò che esiste dentro le mura, a quel lungo e caloroso confronto è mancata una premessa a mio avviso indispensabile: l’esposizione, a mo’ di tema pregiudiziale, della linea che l’esecutivo municipale intende seguire sugli obiettivi e sui mezzi per raggiungerli. Si è quasi avuta la sensazione che una chiara linea l’esecutivo non ce l’abbia ancora e senta il bisogno di farsela suggerire dall’esterno. Ascoltare? Benissimo, figuriamoci. Ma bisogna pure parlare. Altrimenti, se tutto si riduce all’ascolto, la pecora, come si dice, non cammina. Oppure cammina, ma non sa dove andare.
Che il centro storico di Macerata non goda ottima salute lo sappiamo da un pezzo. E non è giusto prendersela, sempre e comunque, con la politica, giacché le cause profonde del suo malessere stanno nella evoluzione – o involuzione – dello stile di vita in generale, che è caratterizzato dall’utilizzo sempre più massiccio dell’automobile come strumento di comodità, rapidità e facilità di spostarsi anche oltre i confini comunali. Ciò non significa che il centro storico maceratese sia privo di buone ragioni per essere frequentato e abitato. Al contrario, ne ha molte: bellezza, vivibilità, occasioni culturali e di svago. Ma se non può raggiungerlo in macchina, la gente, ormai abituata a non muoversi a piedi e specie in salita, è dissuasa dal frequentarlo e dall’abitarlo. Il problema, detto in soldoni, è questo.
Il sindaco Romano Carancini, che si trovava fuori sede per promuovere la imminente stagione lirica dello Sferisterio, è intervenuto via telefono in quell’assemblea criticando l’inclinazione di molti maceratesi a una sorta di mugugnante e rabbioso catastrofismo e dicendo che altrove il nostro centro storico suscita “invidia” per il prestigio del patrimonio architettonico e la molteplicità e la potenzialità delle iniziative. Non ha torto, anche perché i centri storici sono in crisi dovunque, specialmente se arrampicati in collina, e quello di Macerata rimane, nonostante tutto, fra i meno estenuati. Infine ha negato che si possa parlare di un inarrestabile processo di desertificazione, giacché il nostro centro storico mantiene una sua pur vacillante vitalità. E non ha torto neanche su questo, ma resta il fatto che negli ultimi decenni la popolazione residente all’interno delle mura è scesa da 2.600 a 2.300 persone con un calo intorno al 15 per cento, il che non è poco, specie se si considera che la popolazione complessiva è rimasta pressoché stabile e, anzi, l’ultimo censimento la dà in crescita. Che il sindaco, insomma, non appartenga alla schiera dei catastrofisti c’era da aspettarselo. E non gli mancano argomenti. Ma, ripeto, il problema esiste. E, allora, che fare?
La cosa più positiva emersa dal quell’assemblea è, secondo me, l’annuncio di un “patto di cittadinanza” (e qui, prarafrasando, viene in mente il concetto assai dibattuto in Italia della cittadinanza “ius soli”, legata al fatto di appartenere a un “luogo”) fra ben undici associazioni per le quali il sostegno del centro storico deve rappresentare l’autentica priorità dell’azione politica e amministrativa. Ho letto in proposito l’appello di Paolo Angeletti, presidente di “Pensare Macerata”, e totalmente lo condivido. Lui, fra l’altro, dice: “Speriamo che anche gli inguaribili detrattori di Macerata, quelli che in una sorta di perenne campagna elettorale diffondono l’idea di una ‘Macerata morta’ si accorgano invece di una città che anche grazie al suo centro storico è viva e vegeta e ancor più potrà esserlo in futuro”. Applausi.
Ora si tratta, però, di avanzare soluzioni. Ed ecco perché mi sarei atteso che il dibattito prendesse l’avvio dall’esposizione di alcuni punti fermi dell’amministrazione in carica: 1) Il centro storico deve sopravvivere e vivere meglio perché con quelli di Ascoli e Urbino è una perla delle Marche: battersi a suo favore è una priorità non solo programmatica ma addirittura ideologica, e rassegnarsi al suo degrado significherebbe ridurlo a un’anonima, spenta e paradossale periferia di se stesso, con tanti saluti all’identità storica e civile della città; 2) Nel territorio comunale circolano oltre ventimila auto – una ogni due persone – e molte altre giungono ogni giorno da fuori, per le attività amministrative, sanitarie e scolastiche, un fenomeno, questo, al quale porre un’inversione di tendenza è mera illusione; 3) Immaginare che il centro storico possa rifiorire aprendolo al flusso più o meno libero delle macchine è un’assurdità, sia perché esso ne verrebbe caoticamente intasato e soffocato – e non vedo con quali vantaggi per un suo sviluppo sociale ed economico – sia perché la carta da giocare per l’oggi e il domani è costituita proprio – e soltanto – dal pregio non solo estetico ma soprattutto civile dell’antica struttura della città; 4) Senza se e senza ma, dunque, mantenere – e magari rafforzare – la pedonalizzazione, ponendo fuori gioco i ricorrenti tentativi di snaturarla (si pensi alla miopia – meglio: al masochismo – di buona parte dei commercianti); 5) Le non colpevoli ristrettezze del bilancio comunale impediscono progetti faraonici, di milioni e milioni di euro.
Cinque punti, insomma, di cui anche quel “patto di cittadinanza” si deve far carico, cinque punti che l’amministrazione municipale, in quanto soggetto più d’ogni altro responsabile del bene comune e forte, finché dura, dell’originario consenso elettorale, dovrebbe fissare prima di qualsiasi confronto con le molteplici espressioni dei cittadini – associative, di quartiere, di condominio, financo individuali – che spesso configgono fra loro, alimentano la confusione, inducono al tirare a campare e quindi alla stasi. Poi, ovviamente, discutere, aprirsi al dialogo, prendere atto delle proposte e delle proteste, valutarne la ragionevolezza, magari accettare qualche modesto e temporaneo compromesso. Ma, ripeto, partendo da quei punti fermi. Altrimenti, ripeto ancora, la pecora camminerà all’infinito in un centro storico via via privo di erba, dove brucare sarà sempre più difficile e di lana ce ne sarà sempre meno .
Mettendo insieme quei punti in un reciproco rapporto di causa ed effetto , se ne deduce che la sintesi operativa sta nel consentire alle macchine e a chi le guida di avvicinarsi il più possibile al centro storico pedonalizzato, favorendone in tal modo la frequentazione (clienti degli esercizi commerciali, persone interessate alle molteplici iniziative culturali e di spettacolo, turisti) e la residenza stabile. Questo matrimonio è possibile e il celebrante si chiama parcheggi con attracco meccanizzato – ascensori o scale mobili – e aperti ventiquattr’ore su ventiquattro. Il punto numero cinque (le risorse, il bilancio) esclude investimenti in opere pubbliche di grande importo finanziario? Vero, ammesso che siano teorizzabili. Ma qui il Faraone non c’entra, e qualche soldo da spendere, forse, lo si può trovare.
Qualcuno dice che di parcheggi, attualmente, ce ne sono abbastanza: il Garibaldi, il Diaz e il silos di via Armaroli. Ma tutti chiusi di notte e nei giorni festivi, il che ostacola la frequentazione e, in particolare, la residenza (la situazione del Diaz, fra l’altro, è incredibile: nato con due piani, il secondo è da tempo inutilizzabile, e non capisco perché il Comune non possa rivedere il contratto stipulato in passato con un’impresa privata cui tutto interessa ma non la sua ragion d’essere: la sosta delle auto). E ce ne sarebbe pure un quarto, quello di Rampa Zara, di gran lunga il più utile in quanto direttamente collegabile con Piazza della Libertà, l’autentico cuore del centro. Ma, dopo essere stato annunciato, mesi fa, dal Comune con dovizia di planimetrie e sulla base di fattibili operazioni pubblico-privato, esso sembra finito in un misteriosissimo oblìo. Questione di costi? Può darsi, in tutti e quattro i casi. Ma lo si dica e lo si spieghi, anche nei consigli aperti. E ci si ragioni, cifre alla mano, magari scoprendo che, Faraone a parte, le scappatoie ci sono. Conclusione? Da un lato si faccia ogni sforzo affinché il centro resti pedonalizzato e dall’altro lato si operi affinché le auto gli si avvicinino di quel tanto che serva a far crescere la convenienza di accedervi e di abitarvi, e, con essa, la convenienza di aprirvi negozi. Sennò ha ragione Anna Menghi: per la salvezza del centro storico non resta che affidarsi alla Madonna.
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….non fa una grinza….!
Egr. Dr. Liuti, le do una notizia: la situazione, che molti definiscono triste, in cui versa il centro storico di Macerata, é causata al 90% dalle politiche dell’amministrazione comunale da Maulo in poi.
Quindi come può attendersi che la causa del problema possa trovarne la soluzione?
Per il Comune il centro storico non rappresenta alcun problema, visto l’intervento soddisfatto del Sindaco, e fra un po’ non lo rappresenterá proprio per nessuno, perché per chi – come me – non ci va più il problema non esiste più, e per chi ci va volentieri non esiste lo stesso. Tutt’al più il problema sussiste per chi é obbligato per lavoro o altro a salire ‘obtorto collo’ sul cucuzzolo, ma stia tranquillo che anche costoro, prima o poi, il problema se lo risolveranno da soli. Come? Domanda retorica.
Comunque quello del centro storico non é di certo un problema per la maggioranza dei maceratesi, che da vent’anni confermano queste amministrazioni senza cacciarle via pretendendo a gran voce una inversione di tendenza.
Quindi, quale sarebbe il problema???
Il ragionamento non fa una grinza, ma la ragione ce l’ha il signor Golini: se sono trent’anni che si parla dell’argomento e non se n’è fatto nulla, tanto il popolo maceratese è bove: come è possibile pensare che il futuro diventi roseo?
Se non facciamo rientrare la auto nel centro storico, come permetteremo la vita socioeconomica nel centro stesso?
Io vengo poco a Macerata: parcheggio al Diaz, cammino per cento metri sotto le mura, prendo l’ascensore e poi vado a piedi in Piazza della Libertà. Ci vengo solo per andare alla Bottega del Libro a ritirare i volumi prenotati, poi al caffè, poi faccio un giro per le vie per rinverdire i ricordi, evitando di passare davanti alla Banca d’Italia per non soffrire e non mandare un accidente a Draghi che me l’ha chiusa, unica nelle Marche (segno cher Macerata conta come il due di picche), e poi riparto per Corridonia.
Vogliamo farlo questo parcheggio sotto Rampa Zara, da cui poter raggiungere con un ascensore piazza della Libertà?
Vogliamo farne uno nel sottosuolo del centro storico, con l’entrata all’inizio di Rampa Zara e con annesso ascensore per piazza della Libertà.
Si dirà che costerebbe troppo… La verità è che gli amministratori di tutti i tempi hanno favorito il Cityper e lo sviluppo edilizio fuori delle mura. Interessi di costruttori, interessi di progettisti, interessi di portafoglio.
Quindi, i maceratesi non devono lamentarsi se il centro storico andrà sempre peggio. Sono stati essi stessi a creare ciò, e continueranno a creare ciò nel futro con il loro voto sclerotico.
Io sono tra coloro che per tanti hanno volevano un Centro Storico del tutto pedonalizzato (accesso solo al carico-scarico merci per i negozi) ed un parcheggio a servizio sotto Rampa Zara.
…
Poi, valutando più approfonditamente la questione, leggendo di proposte e soluzioni, parlando con tecnici e ambientalisti ho realizzando che di parcheggi nelle immediate vicinanze del Centro ce ne sono molti (tutti mal sfruttati) ed ho cambiato idea: oggi un parcheggio sotto Rampa Zara NON SERVE, meglio sfruttare quelli già esistenti.
Basterebbe fare un collegamento veloce con piccoli bus navetta, ad esempio, tra il Parcheggio dello Stadio (gratuito e sotto utilizzato) e Rampa Zara (e si eviterebbe così anche l’aumento di veicoli circolanti provenienti da fuori Macerata e si eviterebbe anche il parcheggio selvaggio quando gioca la Lube)
Basterebbe collegare meglio (sempre bus navetta) quello dietro Corso Cairoli, basterebbe tenere aperti quello del Silos e dei Giardini dopo cena (compresi gli ascensori)
Cominciamo con l’aprire il “passaggio” da Via Trento verso Villa Potenza, per dar modo di utilizzare meglio il parcheggio Garibaldi
Utilizziamo meglio i parcheggi (gratuiti) a fondovalle, collegandoli velocemente con il centro cittadino
Il Parcheggio Rampa Zara avrebbe avuto un senso SE (fatto venti anni fa) e se non fossero (nel frattempo) stati costruiti il Garibaldi e il Park Si e quello dietro Corso Cairoli: oggi il parcehggio sotto Rampa Zara sarebbe soltanto una scelta scellerata e miope, non utile alla città e significherebbe far prevalere altri interessi, ma non quelli cittadini
Sfruttiamo SUBITO meglio i parcheggi già esistenti (NON alzando le tariffe per i prossimi 24/48 mesi) e pedonalizziamo TUTTO il Centro Storico