Un gruppo di cittadini
ricorre al Tar
contro la Minitematica

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Alcuni rappresentanti di Maceratiamo

La tanto discussa Minitematica finisce in tribunale. Un gruppo di cittadini ha infatti presentato ieri un ricorso al Tar Marche contro la delibera approvata lo scorso ottobre dal Consiglio comunale (leggi l’articolo).

Il ricorso è stato depositato dall’avvocato Pellegrini di Osimo in rappresentanza dell’associazione Maceratiamo e di dieci cittadini esterni al movimento. La lista Maceratiamo si era presentata alle scorse elezioni comunali di Macerata con Paolo Ranzuglia candidato sindaco. La formazione civica non è riuscita ad entrare in Consiglio comunale ma i componenti hanno proseguito l’attività politica costituendosi in associazione.
Così Maceratiamo spiega le ragioni che hanno spinto a presentare il ricorso:
“Lo abbiamo detto tante volte, non ci piace chi difende l’interesse privato a discapito dell’interesse della collettività dei cittadini. Fare politica per noi significa, non ci stancheremo mai di ripeterlo, occuparsi degli interessi della comunità di cui si fa parte, affrontarne gli inevitabili problemi e scegliere soluzioni capaci di garantire il massimo livello possibile di benessere collettivo.A fine ottobre 2010 il consiglio comunale di Macerata ha approvato un provvedimento, definito “minitematica”, che è sostanzialmente un insieme di varianti al piano regolatore. Un intervento che, a dispetto del nome apparentemente innocuo, prevede la costruzione di nuove edificazioni per un totale di 437.000 metri cubi. Una bella colata di cemento che corrisponde più o meno, per la sola parte residenziale, ad 800 appartamenti da 100 mq ciascuno; il necessario per 3.000 nuovi residenti, in una città già piena di case vuote, in cui la popolazione è la stessa di 40 anni fa. Perché allora continuare a costruire? Prima che venisse approvata avevamo chiesto alle istituzioni comunali, insieme ad altre associazioni, un confronto aperto per valutare le reali esigenze e inquadrarle in un’ottica di pianificazione del territorio: un metodo condiviso per arrivare a soluzioni capaci di garantire le esigenze di sviluppo e, al tempo stesso, le necessarie tutele.

Non abbiamo avuto risposta (leggi l’articolo).

Abbiamo segnalato pubblicamente come quel provvedimento fosse ingiustificato, insostenibile ed irrazionale. E abbiamo messo in evidenza una serie di anomalie che ne inficiavano la bontà anche sotto il profilo tecnico e amministrativo. La risposta è stata l’approvazione della delibera.

L’esame dettagliato della documentazione uscita dal consiglio comunale ha confermato i nostri dubbi. Una delibera che per sua natura serve a correggere errori e incongruenze, non può essere utilizzata per costruire interi palazzi e centri commerciali: è un’assurdità contro cui è sufficiente applicare il buon senso. Ma anche applicando le norme di legge, tra le quali non rientra il buon senso, il risultato non cambia: degli oltre cento interventi compresi nel provvedimento, quelli realmente legittimi e corretti sono una stretta minoranza.

A puro titolo di esempio basti citare il caso di villa Vatielli (leggi l’articolo).

Un parco di grande ricchezza ambientale, popolato da alberi monumentali, con al suo interno una villa storica di pregio, polmone verde di un quartiere (Santa Lucia) già in condizioni critiche, verrebbe devastato (resterebbe circa metà degli attuali 4.000 mq) per far posto a…qualche palazzo. Davvero non si capisce quale sarebbe l’errore che questo stupro andrebbe a correggere.
Oltre alle assurdità dei contenuti ci sono poi le assurdità procedurali. Come il fatto che il rapporto di sostenibilità ambientale non sia mai stato portato all’esame del consiglio, forse perché il metodo applicato è talmente bizzarro che sarebbe stato difficile da difendere.
Oppure che non sia stata fatta la valutazione ambientale strategica.

Riteniamo inaccettabile che l’amministrazione comunale adotti provvedimenti di questo genere in spregio a qualsiasi criterio di regolarità, atto reso ancora più grave dall’arroganza con cui si sono ignorate prima le richieste di coinvolgimento della cittadinanza e poi le segnalazioni relative alle irregolarità contenute.

Per questo abbiamo deciso, insieme ad un gruppo di cittadini, di presentare ricorso al TAR contro l’intero provvedimento: un’azione che avremmo voluto evitare perché preferiamo la politica del confronto a quella delle carte bollate. Purtroppo non abbiamo avuto scelta, e ora questo è l’unico modo per opporsi a questo scempio. Con atti devastanti come questo, che purtroppo non è un caso isolato, si rischia anche di vanificare lo sforzo dei pochi amministratori che tentano di raddrizzare le sorti della città.

Pianificare lo sviluppo di una città significa infatti definire la vocazione delle sue parti e compiere le scelte sul suo futuro sulla base di quella definizione. Un rapido esempio per capirsi meglio. “Macerata città della cultura”: questo è lo slogan che molte amministrazioni utilizzano e hanno utilizzato. Ma dal punto di vista della pianificazione, come si traduce quello slogan? Quali sono le scelte che si possono compiere?

Scuola, teatro, offerta museale, paesaggio sono i primi ambiti in cui quelle scelte devono essere compiute: riduco questo, rafforzo quello, tutelo quell’altro, e in quale modo. Le scelte son di questo tipo, e sulla base di quelle scelte si dovranno affrontare tutte le tematiche strettamente collegate: mobilità e sosta, spazi di aggregazione, zone residenziali, di accoglienza, di produzione e così via.

Compiere scelte di questo tipo significa arrivare a definire uno scenario futuro chiaro, comprensibile a tutti e non solo ai tecnici, perché tutta la collettività gode o soffre delle conseguenze di quelle scelte.

Questa amministrazione invece, come abbiamo già avuto modo di sottolineare, non ha un’idea di città, non ha un progetto complessivo per Macerata, e si limita quindi ad interventi disordinati dettati dagli appetiti di pochi soggetti senza scrupoli.
Si scrive “mini-tematica”, si legge “maxi-speculazione”.



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