Caso Corsi, risponde Saltamartini:
«Abbiamo rispettato le sentenze
e il principio di legalità»

L'ASSESSORE regionale alla Sanità interviene dopo l'articolo di Cronache Maceratesi sulla sentenza con cui il tribunale di Roma ha stabilito che la dottoressa non ha i requisiti per fare la dg dell'Ast

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Daniela Corsi e Filippo Saltamartini

Caso Daniela Corsi, l’assessore regionale alla Sanità Filippo Saltamartini risponde a Cronache Maceratesi e spiega la vicenda dal suo punto di vista e le ragioni che hanno portato la giunta regionale a sceglierla come dg della neonata Azienda sanitaria maceratese. Scelta poi bocciata dal tribunale di Roma con l’esito della sentenza arrivata nel fine settimana.

Ecco la replica integrale dell’assessore Saltamartini.

«Daniela Corsi, primario del reparto di Rianimazione dell’ospedale di Civitanova e Direttore del Dipartimento di Emergenza della allora Area Vasta 3, nel 2020 insieme ad altri validissimi professionisti ha curato dal Covid 19 nel Covid Hospital di Civitanova centinaia di pazienti. Questi professionisti hanno salvato molte vite. Successivamente è stata nominata direttore generale sulla base di uno scrutinio ad evidenza pubblica, giudicata “eccellente” dalla Commissione di concorso, e con delibera di Giunta regionale, così come prevede la legge, scelta tra altri candidati. Senonché, in sede di pubblicazione dell’elenco nazionale dei dirigenti sanitari da parte del Ministero della salute, l’apposita Commissione ministeriale l’ha ritenuta priva dei titoli necessari ed esclusa da tale elenco. L’interessata ha impugnato in via d’urgenza il provvedimento e il Giudice cautelare del lavoro ha ordinato la sua ri-ammissione all’interno dello stesso elenco. La Regione, una volta notificato il provvedimento cautelare da parte della Corsi ha immediatamente adempiuto (atto appunto di natura cautelare per evitare che la stessa potesse subire un danno irreparabile). Avverso questa decisione di primo grado l’Avvocatura di Stato ha impugnato la sentenza cautelare. Mentre pendeva il ricorso, con gli effetti esecutivi della sua riammissione, la Giunta regionale ha deliberato all’unanimità la sua nomina a direttore generale dell’Ast di Macerata, sia per la continuità del servizio, per la valutazione professionale e non per ultimo per l’esito del giudizio instaurato.

Giunge in questi giorni la sentenza del Tribunale di Roma che rovescia la decisione: “La dottoressa Corsi non ha i titoli per svolgere le funzioni di direttore generale”. Al pari della prima sentenza, non vi è da parte dell’Amministrazione regionale uno spazio di discrezionalità. Quindi occorrerà darvi esecuzione e quindi procedere alla sua sostituzione all’esito di un procedimento istruttorio previsto dalla legge. Secondo i nostri critici la Regione avrebbe dovuto prevedere l’esito negativo, o comunque attendere la conclusione del ricorso erariale e nominare conseguentemente un altro direttore. Una tifoseria legittima in un Paese democratico che si scontra con i principi dell’azione amministrativa efficiente, efficace, imparziale e tesa a garantire il buon andamento. Le ricostruzioni fatte, invece, dalla politica di opposizione sono del tutto infondate. Non è vero che ci siano mai stati conflitti per la sua nomina, né tampoco per la sua scelta tra tutti i candidati ritenuti idonei dalla Commissione del suo concorso. Non c’è stata nessuna critica o contraria proposta né in Giunta né tra i partiti che formano la maggioranza (pura invenzione le grida, come se il Governo di un Ente pubblico si possa trasformare in una rissa da bar).

Inoltre occorre valutare che la dottoressa Corsi è una professionista della sanità e non merita di essere portata e trattata sul piano dello scontro politico che è il sale della democrazia. Per quanto mi riguarda, l’aver espresso apprezzamenti positivi per uno dei direttori generali penso che sia un preciso dovere etico e istituzionale dell’Assessore alla sanità la cui guida è la piena legalità e il giuramento fatto alla Costituzione della Repubblica. Inoltre vengo censurato per aver dichiarato che nel nostro sistema di garanzia i processi durano 10 anni. Il processo alle intenzioni insomma. Io non ho mai criticato né i giudici (con cui ho lavorato fianco a fianco 40 anni quale ufficiale di polizia giudiziaria) e neppure la sentenza, sia quella positiva per la Corsi o quella negativa per la stessa professionista. Per la semplice ragione che in una parte della mia vita ho insegnato diritto pubblico a vari livelli. Il numero di ricorsi, appelli e altri giudizi sono la ricchezza del sistema giurisdizionale italiano. La durata dei giudizi però può mettere a repentaglio la certezza del diritto e cioè la stabilità dei rapporti giuridici. Se questo è il costo, per me si può pagare, per evitare una giustizia sommaria».

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