«Monoclonali, l’efficacia sfiora l’80%
nel prevenire i ricoveri degli over 65»
Ma nel Maceratese sono poco utilizzati

COVID - Il primario di Malattie infettive a Macerata Alessandro Chiodera: «Il protocollo per l'uso degli anticorpi è operativo da aprile, non è una terapia per tutti, ma ha senso darla perché i benefici sono eccezionali. Qui su 65 infusioni effettuate abbiamo avuto solo un deceduto e 3 ospedalizzazioni»

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Il medico Alessandro Chiodera

 

di Laura Boccanera

Hanno un’efficacia che sfiora anche l’80% nel prevenire le ospedalizzazioni negli over 65 e nei fragili, sono a disposizione da aprile, ma ancora in pochissimi accedono alle cure con anticorpi monoclonali nonostante gli ospedali abbiano le scorte per prevenire forme gravi di Covid-19. Nel presidio di Macerata appena 65 pazienti da aprile ad oggi. Di questi, spesso anziani con comorbidità, i numeri registrano un solo decesso e 3 ricoveri. Nel Fermano pochi di più, circa 80 i casi trattati. E pensare che si tratta della platea più soggetta a rischio di ospedalizzazione e di sviluppare reazioni gravi al Covid-19. Le cause spesso sono nell’organizzazione (servono comunque posti letto per la somministrazione dell’infusione) e nella mancanza di conoscenza dell’iter da parte dei medici di base che non propongono questa soluzione ai propri pazienti.

Ne abbiamo parlato con Alessandro Chiodera, primario del reparto di Malattie infettive dell’ospedale di Macerata. «Il protocollo con gli anticorpi monoclonali è operativo da aprile di quest’anno – spiega il medico – la Regione ha mandato le informazioni alle Usca e ai medici di base. Per accedere infatti occorre soddisfare alcuni requisiti. Intanto il Covid deve manifestarsi in forma sintomatica, ma lieve, non deve essere già in stato di compromissione polmonare ad esempio, quindi solitamente è efficace se usata entro i primi 7 giorni dalla comparsa dei sintomi. Al momento sono aperte solo ad una fascia di popolazione che comprende tutti gli over 65 e i soggetti identificati come fragili che comprendono una platea di persone a rischio come diabetici, cardiopatici o infartuati, obesi, immunodepressi o persone che stanno assumendo farmaci immunosoppressori, trapiantati, oncologici. Non è una terapia per tutti, ma ha senso darla perché l’efficacia e i benefici sono eccezionali. Ha una riduzione delle ospedalizzazioni in questi soggetti che va dal 70 all’80%. Qui a Macerata su 65 infusioni effettuate abbiamo avuto solo un deceduto e 3 ricoveri».

Un iter che però è ancora poco conosciuto e che richiede necessariamente un passaggio in ospedale per la somministrazione per i rischi comunque connessi. «Si tratta – continua il primario – di un’attività ambulatoriale che necessita di posti letto, qui a Macerata a volte ci appoggiamo alla Medicina d’urgenza a volte nella palazzina Covid e consiste in un’ora di infusione di anticorpi monoclonali e di un’ora di osservazione. E’ un unico trattamento e si sta in ospedale circa 3 ore e poi il paziente torna a casa. Va fatto precocemente, non è una cura che fa regredire la malattia, ma ne impedisce il peggioramento e su questo la letteratura in proposito parla di efficacia fino all’80%, ma va fatto entro i 7 giorni dalla comparsa di sintomi lievi, non ha senso in caso di polmonite già in atto».

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