Cosmari, macerie sisma al tramonto
Ma nei comuni restano 150mila tonnellate
Le questioni da risolvere nel post Giampaoli

IL CONSORZIO sta concludendo lo smaltimento anche se ad un ritmo decisamente inferiore a quanto previsto dalla Regione. Tanti sono ancora i detriti da portare via dai centri terremotati, il costo si aggira sui 32 milioni. L'attuale direttore generale lascia a dicembre, molte le questioni che restano aperte, a partire dal prestito di 5 milioni che nessuna banca ha elargito

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La sede del Cosmari

 

di Monia Orazi

E’ ormai quasi fermo lo smaltimento delle macerie del terremoto, restano poche decine di migliaia di tonnellate da selezionare, poi si chiuderà questa pagina legata al sisma 2016, che si trascina dietro una serie di questioni irrisolte, che fanno tutte capo alla figura di Giuseppe Giampaoli, direttore generale del Cosmari srl, a cui la Regione ha affidato con contratto di servizio la raccolta e lo smaltimento delle macerie pubbliche del terremoto. Una partita che si chiude non certo per l’efficienza del consorzio, che lavora ad un terzo del massimo possibile e che per tre volte ha stoppato la raccolta delle macerie, contribuendo ad allungare i tempi. Sullo sfondo di profonda incertezza per il futuro del Cosmari, si aggiungono una serie di scadenze: a marzo decade il consiglio di amministrazione, guidato dal presidente Graziano Ciurlanti, di cui è vice la tolentinate Rosalia Calcagnini, in aria di nomina alla guida della municipalizzata Assm di Tolentino, il cui cda decade lo stesso a marzo. A dicembre, dopo la proroga di 18 mesi decisa dall’assemblea dei soci a metà del 2020, decade dopo una lunga carriera anche il direttore generale del Cosmari, l’ingegnere portorecanatese Giuseppe Giampaoli, che lascerà in eredità al suo successore la questione della gestione delle macerie del terremoto, la cui contabilità non è stata separata da quella della gestione rifiuti, come previsto dal contratto di servizio con la Regione. Macerie che entro pochi mesi dovrebbero terminare, per effetto della fine delle “macerie pubbliche”, che a fine stato di emergenza si trasformeranno in private, classificate come semplici rifiuti speciali.

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Il direttore Giuseppe Giampaoli

Lo smaltimento viaggia a circa 300/400 tonnellate al giorno, contro le 1.650 stimate dai dati regionali. All’appello mancherebbero 400mila tonnellate di macerie, a luglio 2020 riviste al ribasso in 150mila tonnellate, principalmente quelle in zona rossa, edifici che ora non si possono più abbattere con ordinanza dei sindaci, perché vengono meno i requisiti di necessità ed urgenza. Secondo i dati regionali sono stati spesi 48 milioni di euro e servirebbero altri 32 milioni di euro per smaltire le macerie ancora da rimuovere. Inoltre il Cosmari non ha messo in atto quanto previsto dall’articolo 28 del decreto 189 sul terremoto, cioè dare ai Comuni terremotati i proventi della vendita di ferro, legno, inerti e altri materiali ricavati dalla selezione delle macerie, quale compensazione. Secondo una stima Castelsantangelo potrebbe avere circa 150mila euro, ma al momento non si è visto nemmeno un centesimo. Gli utili dello smaltimento macerie, come affermato pubblicamente in un’assemblea lo scorso giugno 2020 dai vertici del consorzio, hanno contribuito a tenere ferme le tariffe rifiuti, che saranno adeguate ai parametri Arera, portando un incremento di entrate pari a 4 milioni di euro per il consorzio, circa 12 euro e mezzo a testa in più per ogni cittadino residente in provincia, neonati compresi. Tra gli impegni presi dal consorzio, anche quello di restaurare ogni anno un monumento simbolo del cratere, oltre al progetto in via di realizzazione della Madonna della Cona, non si è visto niente.

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Giampaoli nel sito di smaltimento di Tolentino

Leggendo il bilancio 2019 del Cosmari, si ricava la cifra di 126mila euro di proventi dalla vendita del ferro, ma dai documenti pubblici sul sito non si riesce a risalire a che fine abbiano fatto questi fondi. L’impianto di Tolentino costato poco meno di 4 milioni di euro in due anni di funzionamento ha lavorato circa 200mila tonnellate di macerie, che secondo le 1.625 tonnellate giornaliere di potenziale di smaltimento stimate dai dati regionali, avrebbero dovuto essere selezionate in quattro mesi. A Tolentino in realtà le macerie non sono mai state smaltite a pieno regime, ci sono stati tre blocchi nell’attività. L’avvio delle indagini per amianto nelle macerie, nel marzo 2019, è stato causa dell’annuncio di Giampaoli di un primo stop nello smaltimento. A gennaio 2020 il problema è stato una “svista” del governo Conte, che nel decreto sisma non aveva autorizzato la proroga ai siti di deposito delle macerie, che potevano essere solo trasportate ma non lavorate. L’attività è rimasta ferma un mese, sino a quando un intervento interpretativo dell’allora commissario straordinario alla ricostruzione Piero Farabollini, ha sbloccato tutto. Un altro stop alla raccolta ad aprile 2020, quando Giampaoli ha scritto alla Regione, chiedendo di pagare otto milioni e duecentomila euro di arretrati per lo smaltimento delle macerie. A trovare la soluzione il commissario straordinario alla ricostruzione Giovanni Legnini, che ha sbloccato 9 milioni di euro di fondi.

Tutta la gestione operativa del Consorzio fa capo a Giampaoli, ormai giunto al suo ultimo anno di lavoro. Quella che si chiuderà con lui è una vera e propria epoca. Giampaoli 69 anni il prossimo settembre, è entrato in azienda nel 1985. Per sostituirlo deve essere emanato un bando di concorso, di cui però ancora non c’è traccia, mentre il tempo scorre inesorabile. A fine anno, forse qualche mese prima, sarà esaurita la discarica di fosso Mabiglia a Cingoli e si porrà il problema di dove conferire i rifiuti che ogni cittadino produce. Appare clamoroso, in uno scenario simile, in cui si rischia una vera e propria emergenza rifiuti ed un lievitare dei costi per il loro smaltimento se dovranno essere conferiti come probabile in discariche fuori provincia, il silenzio della politica, dai Comuni in primis, ai livelli superiori, sulla questione specifica riguardante il Consorzio. L’unico a rompere il silenzio è stato un sindaco che di Cosmari se ne intende, per esserne stato il presidente: Franco Capponi sindaco di Treia. Capponi, rispondendo le scorse settimane ad una dettagliata interrogazione del consigliere di opposizione Andrea Mozzoni ha detto due cose di rilievo: che il consorzio ha 17 milioni di euro di esposizione finanziaria con le banche e che c’è un gruppo di sindaci, in cui lui è compreso, che vuole rilanciare l’azione del consorzio. Ha aggiunto anche che c’è stato un notevole ritardo nell’attuazione degli investimenti, tra cui quello sul digestore per i rifiuti organici destinato a produrre gas metano, annunciato già sei anni fa, in fase attuale di progettazione, per una spesa prevista di 19 milioni di euro. Scomparso dai radar il progetto dell’impianto di riciclo dei pannolini, contenuto nel piano degli investimenti già dal 2017. L’impianto di selezione distrutto dall’incendio di alcuni anni fa, si sta completando solo adesso. Giampaoli, ormai giunto all’ultimo atto, ha percepito nel 2019 145mila euro lordi.

cosmari-mezzo-pesaLascerà in eredità a chi verrà dopo di lui, una serie di questioni di rilievo irrisolte, non solo l’individuazione della futura discarica e la gestione e bonifica di quelle dismesse, ma anche la situazione finanziaria dell’azienda, in cui lavorano 534 persone secondo i dati 2019. Desta preoccupazione il fatto che alla gara indetta dal consorzio a novembre, per un prestito di 5 milioni di euro, nessuna banca abbia ritenuto opportuno partecipare. Eppure la società presenta un fatturato di 51 milioni e 631mila euro, un capitale di 11 milioni 440mila euro, di cui 2 milioni 800mila euro di riserva, un patrimonio netto di 14 milioni di euro, perdite per 223mila euro. Il costo del personale è di 21 milioni di euro l’anno. I quesiti irrisolti riguardano il futuro del capannone costruito nel sito di Piane di Chienti per smaltire le macerie del sisma, costato 3 milioni e 400 mila euro, che non si sa se il consorzio dovrà pagare alla Regione Marche. Esiste poi tutta la pagina delle inchieste giudiziarie aperte. Da quella partita nel settembre 2019 sugli appalti sotto soglia per alcuni servizi, quali macerie, spazzamento, manutenzioni e approvvigionamento di gasolio. Un filone riguarda lo smaltimento delle macerie. Due figure chiave nell’organigramma del controllo aziendale si sono dimesse: l’avvocato Roberto Acquaroli dall’organismo indipendente di valutazione, che in una relazione aveva evidenziato una serie di criticità nell’operato dell’azienda, definita “oltre i propri poteri” dallo stesso Giampaoli nell’assemblea del luglio 2020 in cui è stata data notizia, dell’arrivo dell’avviso di garanzia per la nuova indagine. La seconda figura è quella dell’avvocato Valeria Attili, componente del consiglio di amministrazione, che però a leggere lo statuto del Cosmari, non può essere di componenti in numero pari, ma di almeno tre o cinque. Di fatto un cda a quattro è paralizzato. La novità di recente introdotta, annunciata durante l’assemblea online di dicembre, rimasta chiusa alla partecipazione della stampa è il cosiddetto controllo analogo, che viene esercitato dai sindaci sull’operato dell’azienda. E’ previsto per le società che gestiscono servizi pubblici “in house” come il Cosmari, ma sino ad oggi non è mai stato attuato. Per questo mese sarebbe prevista la presentazione del piano strategico, che dovrebbe proiettare l’azienda nel futuro. Un futuro che si annuncia profondamente incerto e potrebbe comportare notevoli ripercussioni finanziarie, per le tasche dei cittadini-contribuenti.

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