Muhammad Riaz, padre di Azka condannato all’ergastolo
di Gianluca Ginella
Omicidio di Azka Riaz, slitta l’udienza del processo d’appello, il padre, imputato per il delitto, ha contratto il Covid. Muhammad Riaz, che si trova nel carcere di Belluno, è risultato positivo al coronavirus, a spiegarlo, questa mattina, è stato il suo avvocato, Francesco Giorgio Laganà.
Azka Riaz
«Siamo stati avvisati due giorni fa che Riaz ha contratto il Covid – ha spiegato il legale – quindi oggi non poteva assolutamente essere presente. Ci aspettiamo l’annullamento della sentenza e l’assoluzione perché non ha commesso quei bruttissimi fatti contestati. C’è stata la necessità di proporre un atto di appello di oltre 200 pagine, su una sentenza di appena 80 pagine. E’ stato doveroso perché a mio avviso la sentenza ricalca solo una parte di ciò che è avvenuto in primo grado: è stato totalmente omesso la valutazione degli elementi a favore di Riaz. Elementi che portano a un altro processo». Il processo è slittato al 29 gennaio mentre la sentenza è prevista per il 10 febbraio. Azka venne trovata morta in mezzo alla strada a Trodica di Morrovalle il 24 febbraio del 2018. La ragazza era stata investita ma quello che in un primo momento era parso un incidente si dimostrò qualcosa di diverso. Azka, secondo le indagini svolte dalla procura, sarebbe stata picchiata dal padre prima dell’incidente e l’uomo l’avrebbe poi sistemata in mezzo alla carreggiata dove il corpo della 19enne era stato poi investito da un’auto che stava passando in quel momento. In primo grado il padre di Azka era stato condannato all’ergastolo al tribunale di Macerata.
L’avvocato Francesco Laganà oggi in Corte d’appello
Una sentenza contro cui ha fatto appello la difesa che ritiene il padre non abbia avuto un ruolo nella morte della figlia e che la ragazza sia semplicemente stata investita. Sulle ferite riportate bell’incidente dalla ragazza ci sono due consulenze, una della procura e l’altra della difesa, che dicono cose opposte. Per la perizia dell’accusa, in sostanza, alcune delle ferite riportate dalla ragazza non sono compatibili con l’investimento ma dimostrerebbero che la giovane è stata picchiata. Per questo la difesa ha chiesto alla Corte d’Appello una nuova perizia e la riapertura dell’istruttoria, «vorremmo risentire uno dei testimoni chiave di primo grado – spiega Laganà – ci sono domande che all’epoca non furono fatte perché c’erano dei fatti non conosciuti».
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