Comunali, la road map di Tartuferi
e quel volantino di 20 anni fa:
«Servono una missione e un regista»

MACERATA 2020, VOCI FUORI CAMPO - Titolare dell'omonimo studio commerciale e presidente di Banca Macerata, nel Duemila era stato tra i firmatari di un documento "per far rinascere la città". Oggi conferma: «I problemi sono gli stessi, alcuni si sono aggravati»

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Loris Tartuferi

 

di Alessandra Pierini

Era un giorno di mercato del febbraio dell’anno duemila. Mancavano pochi mesi alle elezioni che avrebbero visto l’elezione di Giorgio Meschini come nuovo sindaco di Macerata. Quel mercoledì furono distribuiti tra la gente in piazza della Libertà e dintorni dei volantini. Il titolo suonava quasi come una chiamata alle armi: “Facciamo rinascere Macerata!”. Il documento era firmato da un gruppo di amici: Loris Taruferi che ne era stato il promotore, Ugo Bellesi, Goffredo Binni, Cesare Brutti, Aldo Canovari, Lucio Del Gobbo, Adriano Fermani, Rodolfo Francalancia, Ugo Maresi, Maria Vittoria Menichelli, Umberto Migliorelli, Stefano Palmucci e Carlo Valentini. In ultima pagina una necessaria postilla: “Nessuno dei sottoscritti nutre ambizioni per candidature a cariche di qualsiasi genere”.
«In un pericoloso clima di marcato disinteresse e quasi di rassegnazione – attacca il volantino –  è evidente come la nostra Città viva ormai da lungo tempo una grave fase di declino quale capoluogo di provincia». Parole che potrebbero essere state scritte tranquillamente oggi. Loris Tartuferi, alla guida dell’omonimo studio commerciale e presidente della Banca Macerata, stringe il volantino tra le mani e lo rilegge, amareggiato: «Rispetto a 20 anni fa i problemi sono esattamente gli stessi, anzi in parte aggravati». Nelle quattro paginette per “far rinascere Macerata” una sorta di programma in sei punti molti dei quali ancora oggi attualissimi.

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Il volantino distribuito a febbraio del 2000

Qual è secondo lei la prima cosa da fare?

«Bisogna dare una missione alla città. Come qualsiasi azienda che si rispetti, Macerata deve concentrarsi su una mission e concentrare tutti gli sforzi per conseguirla. Attualmente è capoluogo di provincia ma solo sulla carta. Io mi ricordo quando le vie erano piene di allievi dell’Aeronautica che dalle casermette andavano in centro e portavano le loro famiglie. Poi se ne è andata anche la direzione dell’Enel e tanti altri presidi che hanno depauperato la città. Serve un progetto su misura che fissi tempi e obiettivi da rispettare. A questo naturalmente vanno affiancati gli interventi ordinari, ma mi sembra superfluo anche parlarne».

Quale potrebbe essere secondo lei questa missione?
«Credo che la missione sia già delineata. Non a caso Macerata era nota come l’Atene delle Marche. Le basi sono lo Sferisterio, Unimc e l’Accademia di Belle Arti. Poi è chiaro che va riportata la vivibilità in centro».

Nel 2000 proponevate la copertura dello Sferisterio. Pensa ancora che sia necessaria? 
«Assolutamente sì, se la mission scelta è quella culturale».

Ha parlato di vivibilità del centro storico, cosa propone?
«Innanzitutto rimpinguare il numero di abitanti con incentivi e agevolazioni di vario genere. Da capire la situazione degli affitti, serve una valutazione realistica della situazione. E non sarebbe male realizzare finalmente la risalita meccanizzata. Sarebbe un elemento importante, sempre se coerente rispetto alla mission scelta».

Invece cosa propone per Valleverde?
«Io credo che ci voglia solo un colpo di fortuna altrimenti non vedo soluzione. E’ vero che il colpo di fortuna può essere anche cercato».

In passato le hanno proposto più volte di candidarsi come primo cittadino ma poi per una ragione o per l’altra non è andata in porto. Qual è l’identikit ideale del futuro sindaco ideale secondo lei?
«Per realizzare una missione ci vuole un sindaco che sia regista e non un centroavanti. Serve una persona con carisma, amore per il territorio, correttezza e trasparenza nei comportamenti. L’importante è che, per il bene di Macerata, vengano messi da parte personalismi e conflittualità».

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