Insulta Macerata su bacheca del sindaco,
lui risponde: «Ma chi te ce vole»

SOCIAL - Romano Carancini, preso di mira per la vicenda Mussolini, replica in dialetto maceratese a qualche nostalgico del Ventennio. Solidarietà al primo cittadino da Montesi (Leu)
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Il siparietto su Facebook

 

di Federica Nardi

«Ma chi ci viene a Macerata? Città brutta e insicura». Scrive un commentatore su Facebook al sindaco. E Romano Carancini risponde: «Ma chi te ce vole?». Dopo il testa a testa con Alessandra Mussolini, in città ieri non da onorevole ma da nipote del duce che chiedeva le scuse alla sua famiglia per il fantoccio appeso dagli Antifa il 25 aprile che proponeva come pignatta per bambini i fatti di piazzale Loreto, la bacheca del primo cittadino è diventata il bersaglio di un commentatore nostalgico mussoliniano che dipingeva la città come in mano «a nigeriani, spacciatori, delinquenti, assassini». Con tanto di chiosa sul terremoto che ha distrutto mezza provincia. Un dipinto grottesco di Macerata che Carancini ieri sera ha rimandato al mittente. E’ stato solo l’inizio della serata social del primo cittadino. Il commentatore replica «Parlare italiano no? Che caratura». Ma il sindaco ormai è inarrestabile. «So de Ficana (quartiere delle case di terra di Macerata, ndr) – risponde Carancini -, tu manco sai che vurdì». Un’exploit dialettale che ha trovato consensi e appoggio anche da altri, tutti con il sindaco e contro il commentatore che ha definito anche Mussolini (nonno, non nipote), «una grande persona e un grande statista». Come in una delle boutade di Selvaggia Lucarelli che telefona a chi la insulta online con l’effetto di sedare il “leone da tastiera”, anche Carancini con una simpatia un po’ verace deve essere riuscito nel suo intento. Il commento infatti, dopo poco, è scomparso.

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Romano Carancini

Non è bastato certo questo a fermare la valanga dei commenti di persone che hanno additato Carancini con tanto di auguri di morte. E’ l’esercito dei commentatori pro Mussolini, anti “comunisti”, anti Carancini e anti Monteverde (nel mirino dell’indignazione dei commentatori per una bufala). A qualcuno il sindaco ha risposto, scatenando ulteriori insulti e minacce. Decine di botta e risposta tra pro e contro che sono solo l’ennesimo strascico della messinscena del 25 aprile del gruppo Antifa Macerata, che ha utilizzato un fantoccio del duce che i bambini dovevano colpire a mazzate per far uscire le caramelle. L’amministrazione afferma di non aver saputo nulla fino al giorno dopo e ha subito preso le distanze condannando il gesto.

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Massimo Montesi

Secondo Massimo Montesi di Leu Marche, che è anche coordinatore provinciale di Articolo 1, «la scatola di vermi portata dalla signora Mussolini destinata al sindaco Carancini ed alla vice sindaca Monteverde, il dito puntato, la totale indisponibilità al dialogo da una parte e la vile sceneggiata andata in scena il 25 Aprile in piazza in cui si raffigurava un fantoccio appeso da picchiare per ottenere caramelle dall’altro sono due facce della stessa medaglia e gesti che vogliamo condannare». La pignatta giocattolo per i bambini raffigurante il duce, da colpire con forza «rievoca una violenza che non deve in alcun modo essere trasmessa ai più piccoli – dice Montesi -. Tutte le forze democratiche ed antifasciste hanno condannato il gesto, senza lasciare alcuno spazio alle ambiguità. La risposta è stata la venuta di tutta fretta dell’europarlamentare Mussolini, che prima chiede un incontro privato al sindaco ed all’uscita, illuminata dalle telecamere, toglie la parola, intimando il primo cittadino con un dito puntato in volto, esigendo pubbliche scuse alla sua famiglia. Non abbiamo avuto problemi a condannare il gesto del gruppo Antifa così come vogliamo però avanzare noi una richiesta alla signora Mussolini: chieda lei, una volta e per sempre, scusa all’intera umanità per le nefandezze compiute dal nonno. Certi metodi, si erediteranno anche, ma sappia che a noi non spaventano più. Abbiamo gli anticorpi necessari per contrastare quella cultura. Solidarietà al sindaco – conclude Montesi -, alla vice sindaca e ai partigiani, con la speranza che la signora Mussolini sia ripartita con la scatola di vermi, che va rispedita al mittente».



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