«Il confessionale di padre Pacifico
nel grande mercato del mondo»
La favola di Natale del vescovo Marconi

MACERATA - L'augurio durante la tradizionale messa di mezzanotte: «La pubblicità migliore la fanno i volti dei penitenti che hanno davvero incontrato la misericordia di Dio»
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Il vescovo Marconi

 

Quando la mercificazione diventa la cifra dell’esistenza, qual è la migliore pubblicità che si può fare per riappropriarsi di certi valori? Mostrare il volto di chi ha incontrato la misericordia di Dio. E’ un po’ questo il senso dell’augurio del vescovo di Macerata. Una favola di Natale quella letta da Nazzareno Marconi durante l’omelia nella tradizionale messa di mezzanotte, che quest’anno si è svolta nella basilica della Misericordia. Ecco il testo integrale del messaggio.

«Nel mondo di oggi, tutto si sta trasformando in un grande mercato, e i consigli degli esperti sono sempre più ascoltati, anche nella Chiesa a volte accade di ragionare così. Per questo, quando un frate priore, giovane e intraprendente, fu nominato direttore di un grande santuario, volendo aumentare tra i pellegrini il numero delle confessioni, contattò un gruppo di esperti. Si riunirono uno psicologo, un sociologo, un esperto di marketing, un teologo d’avanguardia ed un esperto di comunicazione. Dopo una dettagliata relazione si procedette a un restyling dei confessionali, come dissero gli esperti. Furono ampliati, ben illuminati, dotati di aria condizionata. Poi comparvero dei bei cartelli con il nome di ogni padre confessore e una lista delle competenze. Si scoprì che padre Giovanni poteva confessare in tre lingue. Che padre Arturo aveva competenze psicologiche. Che padre Mario aveva pubblicato tanti libri… e così via, con tanto di lauree in teologia e tutto quello che poteva incoraggiare i penitenti a scegliere l’uno o l’altro. Da tanti anni confessava nel santuario anche padre Pacifico, affezionato al suo confessionale vecchio stile: un po’ scomodo, un po’ in penombra, senza altri cartelli che un cartoncino con il suo nome e una lampadina rossa, che si accendeva quando il penitente si stava confessando. Una piccola lampadina sbiadita, che ricordava tanto la lampada del Santissimo. Il direttore del santuario propose anche a lui di restaurare e modernizzare il confessionale, ma padre Pacifico disse: “Se non disturba troppo, preferirei continuare così”  e fu esaudito. Ci fu l’inaugurazione. Ci furono varie feste importanti. Passò qualche mese. Il direttore, da bravo manager, volle fare un controllo per verificare l’efficacia dell’operazione. Tornarono gli esperti, valutarono, contarono, verificarono e infine consegnarono la loro relazione. Le confessioni erano aumentate di numero, ma il confessionale più frequentato e con la fila notevolmente più lunga risultò quello di padre Pacifico. Il direttore, incuriosito e anche un po’ contrariato chiese spiegazioni, ma nessuno sapeva darne di convincenti. Allora si studiò ci nuovo la situazione, si fece una indagine anonima tra i penitenti, ma ancora niente di rilevante. Il padre direttore era sempre più inquieto, per questo strano mistero. Finché il sagrestano del santuario, un uomo semplice e concreto, che “conosceva i suoi polli”, gli spiegò. “Vede padre direttore, quando un fedele entra nel santuario non guarda i cartelli o la forma dei confessionali, ma guarda le facce di chi esce dalla confessione. E dal confessionale di padre Pacifico, qualcuno esce commosso, altri vanno subito a inginocchiarsi davanti al Crocifisso, molti si fermano in silenzio a pregare, ma tutti hanno un volto più sereno. La pubblicità migliore la fanno i volti dei penitenti che hanno davvero incontrato la misericordia di Dio”».

 



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