di Mauro Giustozzi
(foto di Fabio Falcioni)
Un bilancio positivo per calzaturieri e pellettieri maceratesi reduci rispettivamente dal Micam e dal Mipel milanese. In crescita la presenza di buyer italiani ed esteri, con un più 5,6% sul 2016, rappresentati da 27.880 addetti stranieri e 19.307 italiani: oltre ai soliti mercati europei, russo e americani, questi ultimi due però non brillanti come in passato, si affacciano nuovi mercati di interesse per i due comparti, come quello dell’Africa con in prima fila la Nigeria, che cercano soprattutto prodotti di lusso e che non guardano al risparmio sui prezzi. Degli 800 espositori italiani presenti al Micam la nostra regione, l’area calzaturiera maceratese-fermana, si conferma leader con 200 aziende che sono state presenti. La realtà calzaturiera nella nostra regione si conferma di primo piano, con 26 mila addetti (40% del settore nazionale) che lavorano in 1500 aziende. Quasi 9 mila sono gli addetti del comparto nella nostra provincia, col settore calzatura che rappresenta il 30% dell’economia manufatturiera regionale. “E’ stato un Micam di grande successo –ha esordito Salina Ferretti, presidente dei calzaturieri di Confindustria Macerata- che ha visto la presenza di tanti visitatori, vivace, direi molto positivo. Cosa significherà questo in termini di ordinativi e commesse lo potremo però valutare tra qualche mese. Importante anche la presenza del primo ministro Gentiloni alla fiera che significa un’attenzione molto particolare al nostro settore. Direi che anche significativa è la collaborazione instaurata col settore pelletteria e quello della moda. E’ necessario pensare in grande, creare sempre più un sistema moda per tutte le Marche: un distretto che sia in gradi di pesare sempre di più, nel segno di modernizzazione delle imprese, banda larga e industria 4.0. Noi dobbiamo guardare avanti. Sotto questo aspetto lancio un appello ai giovani: che si dedichino allo sviluppo di start up per internet, in quanto nella nostra regione facciamo fatica a trovare aziende valide in questo settore che possano sviluppare la comunicazione di calzaturieri e pelletterie tramite social network, facebook e i tanti strumenti multimediali che esistono oggi”.
L’Europa resta per i calzaturieri marchigiani il mercato di riferimento, assorbendo circa l’80% delle esportazioni. Però, come ha testimoniato Valentino Orlandi, presidente dei pellettieri di Confindustria Macerata, si stanno aprendo scenari e mondi nuovi per questo comparto. “Anche al Mipel si è notata una presenza maggiore, sicuramente dovuta alla collaborazione col Micam –ha affermato Orlandi-. La novità di questa edizione è quella di una buona presenza di addetti provenienti dall’Africa, soprattutto da Nigeria e Lagos che non badano a spese e non cercano esclusivamente merce a prezzi bassi. Al contrario degli americani in calo e dei russi che si stanno orientando adesso verso prodotti di un prezzo medio-basso. Letteralmente scomparsi, invece, buyer tedeschi ed austriaci. Finalmente si sono rivisti gli ucraini che mancavano alla fiera da molti anni. Direi che nel complesso un segnale positivo è uscito dal Mipel, ma anche la necessità di trovare nuovi mercati dove esportare. Quello dell’Africa potrebbe essere un interessante sbocco per i nostri prodotti”. Pur se le presenze a Micam e Mipel sono state in aumento rispetto a al passato, questo non significa però che la crisi del comparto è totalmente alle spalle. “Il 50% delle aziende presenti al Micam – ha ribadito Claudio Scocco, componente di Assocalzaturifici- è italiano e questo è un fatto positivo. Però il settore resta in difficoltà e lo dicono i segni meno delle aziende che ogni anno chiudono. Il trend degli ultimi 20 anni è stato questo. Considerate che in Italia si producono ogni anno 200 milioni di calzature e solo il 20% resta sul territorio nazionale. L’aver visto un afflusso crescente rispetto al 2016 è incoraggiante, ma bisognerà vedere se poi si concretizzerà in aumenti di ordini e commesse per le nostre aziende”. Un punto dolente per il comparto resta quello delle infrastrutture viarie e telematiche che vede le Marche e in particolare il maceratese, ancora molto indietro.
“Ci troviamo in un territorio da sempre penalizzato sotto questi aspetti a cui si aggiungono gli effetti del terremoto che stiamo ancora scontando –ha ribadito Salina Ferretti-. E’ necessario che il sistema Paese ci sostenga nei costi, ad iniziare da quello del lavoro che resta un problema per le imprese. Poi, venendo al nostro territorio, è importante che vengano potenziate le comunicazioni, gli aspetti della logistica i trasporti. Sarebbe un durissimo colpo per la nostra regione se venissero meno i collegamenti aerei con Milano e Roma. Così come è da potenziare la banda larga, senza la quale scontiamo ritardi pesantissimi rispetto ad altre regioni”. Da parte sua Confindustria Macerata sta promuovendo corsi formativi sia per i giovani che per le aziende. A Civitanova, presso la sede Ipsia Corridoni, tramite il laboratorio The School of Shoe mentre scadono proprio domani 26 settembre i termini per l’iscrizione al corso per stilista calzature che si svolgerà dalla metà di ottobre.
E tutto questo, nonostante la guerra e la fame che costringono la popolazione a fuggire!
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Leggere queste notizie fa stare bene… Pur con la crisi, il terremoto, la globalizzazione forzata, la politica priva di “Italia First”, i nostri imprenditori tirano diritto e si muovono e ci danno lavoro anche in casa.
La politica è all’altezza delle loro proposte e richieste? Personalmente non lo so, ma spero che lo sia…
Non conosco la Nigeria, ricchissima di petrolio, immensa, non innumerevoli tribù, con religioni in contrasto, come la cristiana e la musulmana, con il terrorismo a nord. Conosco solo i Nigeriani della tribù Edo, che stazionano davanti ai supermercati. Se andiamo in Nigeria a vendere vuol dire che esiste un ceto alto e medio che vuole i nostri prodotti… Qualcuno penserà che gli Africani siano quelli delle pezze di stoffa e delle perline. Forse l’altro ieri, ma non ieri e tantomeno oggi. Cinquanta anni fa venivano a casa mia i sud sudanesi che fuggivano dalla guerra. Naturalmente li rivestivo, prima di spedirli in Europa, Germania soprattutto. Li portavo a Macerata a comperare vestiti… Pensavo che volessero colori sgargianti, cravatte all’americana… Neanche per sogno: sceglievano accostamenti di colore che neanche io sarei riuscito a mettere insieme. Forse i Nigeriani la pensano diversamente. Se però acquistano da Valentino Orlandi significa che il gusto lo hanno… e lo pagano.
Occorre migliorare il contorno per rafforzare la nostra produzione? Se lo chiedono vuol dire che il problema esiste, che i voli Ancona Roma devono essere salvati, Soprattutto, aggiungo, la politica dovrebbe non taglieggiare le aziende e i guadagni, per la vetusta opinione che gli imprenditori erano tutti ladri e come tali dovevano essere colpiti. Oggi, personalmente, ho cambiato idea su di essi e quando leggo notizie come quelle dell’articolo di CM mi si apre il cuore, e piango ancora la morte della figlia di Santoni, una perdita per la nostra produzione, oltre che quella di una giovane madre.
ennesima bufala ……..chiaramente questi spot servono per calmare le banche nella loro richiesta di rientri ai vari membri dell’asso calzaturifici e per ricevere fondi a pioggia dalla regione prezzolata , che adesso ci raccontino che in Nigeria o vicino africa ci sono negozi che comprano scarpe raffinate quando vivono la quasi totalità con un dollaro a giorno e vengono in Italia scalzi………