di Lucio Biagioni
La vita e la morte (leggi alla voce “assassinio”) di Enrico Mattei è un èpos, la narrazione di gesta eroiche. Periodicamente, dal film di Francesco Rosi in poi, che costò la vita al giornalista Mauro De Mauro e forse, in una sciagurata catena di eventi, a Pasolini, l’èpos si arricchisce di narrazioni. Il presidente dell’Eni, fatto esplodere nel suo piccolo “Nautilus” dei cieli Morane Saulnier 760 a Bascapé con il pilota Irnerio Bertuzzi e il giornalista legato alla Cia William McHale, suscita ancora – come testimonia il flusso stabile di letteratura, che continua a rivelare una inesauribile massa “inedita” di particolari e dettagli – un interesse irresistibile, in quanto eroe epònimo di un’Italia e di un mondo traditi dal Potere.
Pochi si aspettano che venga fatta vera giustizia. I documenti sono “declassificati”, quindi innocui. I protagonisti morti. La trama dell’èpos è scritta. Ha ormai la stessa struttura “fictional” dei films di genere americani, in cui la verità scomoda dell’eroe che vuol cambiare le cose si frantuma collidendo con il Potere, la Ragion di Stato, la Corruzione, il Depistaggio, l’Insabbiamento, l’Assassinio, e tutto resta come prima, lasciando nello spettatore la coscienza che il Potere, qualsiasi forma assuma, è una sorta di Moloch, di Leviatano che rinasce di continuo, camaleontico e ogni volta in assetti diversi e invisibili ai più, e che qualsiasi tentativo di opporvisi da parte del singolo è vano. Il caso è chiuso, dimentichi. Ma, come nel caso di Mattei, può accadere che la cronaca diventi una ballata popolare, si trasformi in una metafora corale di ribellione e voglia di cambiamento, solo che i popoli decidano di contare di più dei trucchi dei governi e dei potentati. Questa è la metafora di Mattei, il nucleo della sua fascinazione continua, l’aura irraggiata ancora dalla galassia di gesta e narrazioni del suo èpos. Con Mattei (del cui assassinio, acclarato da prove o inferenze logiche che siano, nessuno da un pezzo dubita più), un altro mondo sarebbe possibile.
Ben vengano dunque tutti i libri che l’èpos rinverdiscono, come (da qualche giorno in libreria) “Il caso Mattei” del magistrato Vincenzo Calia e Sabrina Pisu, giornalista di Euro News, per i tipi di “Chiarelettere”. Vincenzo Calia, attualmente procuratore aggiunto della Procura di Genova, fu quel tenacissimo procuratore di Pavia, che nel corso degli anni, attraverso la raccolta di prove fattuali e testimonianze, ha tecnicamente “smontato” la verità ufficiale del “Caso Mattei”, quella dell’incidente, mostrando in modo inoppugnabile che ciò che fece precipitare quella sera a Bascapè il microaereo del Presidente fu una piccola carica di esplosivo, collocata nottetempo da mani viziose ed esperte nell’aeroporto di Fontanarossa a Catania.
L’indagine di Calia, proprio perché frutto della coraggiosa iniziativa di un servitore dello Stato, assume il rigore e quel grande significato che gli tributò Francesco Rosi (il regista de “Il Caso Mattei”, del quale, non casualmente, il libro riprende il titolo), quando, in occasione del conferimento ad entrambi della cittadinanza onoraria di Matelica, disse nel 2012, come riportato da “Cronache Maceratesi”: “Se non fosse stato per l’impegno e l’ostinazione di questo magistrato nel mettere in collegamento tutti i segnali emersi negli ultimi anni di Mattei, sono convinto che oggi non saremmo qui a ricordare il fondatore e il presidente dell’Eni”.
La trama dell’indagine di Calia, il suo nocciolo duro, era nota da anni, riportata fra l’altro già con dovizia da un giornalista appassionato, Maurizio Verdenelli, che a Mattei ha dedicato molto del suo tempo e due titoli, “La leggenda del Santo Petroliere” ed “Enrico Mattei/ Il futuro tradito” (Ilari Editore).
Maurizio Verdenelli con Giuseppe Accorinti
Volumi che, coinvolgendo nei loro “tour” di presentazione molti di coloro che con Mattei lavorarono e operarono, si sono “in progress” arricchiti di fitte reti di testimonianze e particolari “inediti”. Anche il libro di Vincenzo Calia ovviamente ne contiene, di documenti inediti, per anni pazientemente raccolti in una certosina ricerca della verità. Servono a completare, se ce ne fosse ancora bisogno, un quadro, che ormai è comunque noto e pubblicamente accettato nella sua fisionomia, non solo documentale, ma direi etica, epica, che è quella che conta nell’appassionato immaginario costruito e che vive intorno a Mattei. Vincenzo Calia, per un verso, e Maurizio Verdenelli, per un altro (con la sua scelta di rappresentare coralmente la memoria di uno sfaccettato Mattei attraverso uno scintillante prisma di centinaia di testimonianze di prima mano), contribuiscono a tener vivo l’èpos di cui dicevamo, sperando che esso diventi èthos, cioè forza morale, per far da lume e guida in questi strani tempi e destini incrociati dell’Italia e del mondo. Magari facendo sì che “il senno del poi” diventi (per una volta e una volta per tutte) “il senno del prima”.
(foto di Genesio Medori)
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Mattei, indimenticabile….un grande, il dolore x noi marchigiani é ancora vivo…..
Molto bello il pezzo di Biagioni. Si, certamente, l’epos spinge alla lettura, si confezionano film e libri che, ognuno a suo modo, contribuiscono a “leggere” meglio la storia, ad informarci in modo utile e suggestivo su quell’antico delitto che sembrava sepolto dalla omertà e dagli omissis. Complimenti.
Nel 1999 viene processato per favoreggiamento personale aggravato (in concorso con gli assassini ignoti) il testimone oculare più vicino al luogo dell’incidente – il contadino Mario Ronchi, di 78 anni – che in seguito alla riapertura delle indagini avvenuta nel 1994, aveva cambiato versione dei fatti: se nella versione rilasciata ai giornalisti immediatamente dopo l’incidente avrebbe riferito di aver udito l’esplosione e visto le fiamme mentre l’aereo era in volo (nella sua intervista andata in onda sul tg del Primo Canale RAI del 28 ottobre ‘ 62 aveva rilasciato: “Ho sentito un boato e una botta e ho visto il fuoco”; e ai giornali aveva raccontato in merito: “il cielo era rosso, bruciava come un grande falò, e le fiammelle scendevano tutte intorno… Un aeroplano si era incendiato e i pezzi stavano candendo sul prato, sotto l’ acqua”. Infatti il Ronchi, nel 1995, avrebbe invece riferito agli inquirenti che esplosione e incendio si erano verificate solo al momento dell’impatto dell’aereo col suolo: “A un certo momento, circa a metà strada, abbiamo visto delle fiamme nei campi: ho detto a mia figlia di far presto perché temevo che le fiamme potessero essere in cascina…ho visto le fiamme nel campo come ho sempre detto alle persone che mi hanno chiesto qualcosa”. Si scopre anche che la SNAM assunse Ronchi come custode del sacrario di Mattei e la figlia venne assunta da un’altra ditta legata al successore di Mattei all’ENI, Eugenio Cefis.
Ricordiamoci e teniamo viva la memoria di questo grandissimo e straordinario Uomo marchigiano. Ma per la sua prematura morte non dimentichiamo come in questo meraviglioso, ma maledetto Paese che è l’Italia i farabutti, gli sciacalli ed i filibustieri trovano sempre il modo di salvarsi sempre. Rassegnamoci.