La conferenza stampa di questa mattina: da sinistra Gianluca Busilacchi, Mirco Carloni, Jessica Marcozzi e Luca Marconi
«Ora lo posso dire, anni fa sono stato contattato da Credite Agricole che voleva comprare Banca delle Marche. Mi chiedevano un aiuto nel convincere le fondazioni a vendere le loro partecipazioni. Non essendo io un massone, mi hanno riso in faccia come si fa con i bimbi». La denuncia di Francesco Casoli, il patron di Elica, già senatore del Popolo della Libertà arriva nel giorno in cui la commissione d’indagine su Banca Marche istituita dalla Regione, presenta una relazione di 107 pagine, in parte già svelata nei giorni scorsi (leggi l’articolo), in cui oltre a sottolineare il ruolo dei commissari di Bankitalia, si ricorda come nel 2008 Credit Agricole e Banca Popolare dell’Emilia Romagna abbiano formalizzato offerte vincolanti non accettate.
«Oggi il territorio marchigiano – insiste Casoli in un post su Facebook – avrebbe un miliardo in contanti per sostenere il sociale e lo sviluppo. Ma che ci volete fare, importante che i soliti amici degli amici ridano di noi nelle segrete cene».
Intanto questa mattina il presidente Mirco Carloni, capo gruppo Area Popolare, il vice, Gianluca Busilacchi capo gruppo Pd, Jessica Marcozzi, capo gruppo Forza Italia e Luca Marconi capo gruppo Udc hanno rivendicato l’importanza di quanto fatto. “Avevamo il dovere di fare un’indagine conoscitiva su Banca Marche per fare chiarezza su quanto accaduto – ha detto il presidente – per dare risposte chiare ai tanti cittadini e imprese marchigiane che sono state coinvolte nella vicenda. Ora si ha un documento che può contribuire a comprendere meglio ogni aspetto e farsi un’opinione. Questo è il dovere della politica e con coraggio abbiamo fatto chiarezza”.
Secondo il documento redatto che sarà discusso nella seduta del Consiglio regionale, convocata per martedì 7 giugno, “è emerso che una delle più grandi debolezze di Banca Marche è costituita dall’amministrazione della Banca che non è stata in grado di gestire una situazione debitoria che dal 2011 ha assunto dimensioni allarmanti. Anche le Fondazioni, proprietarie della Banca non sono esenti da responsabilità. La loro elevata percentuale di capitale sociale ha, infatti, determinato che esse abbiano sempre influenzato le decisioni della Banca.
L’intervento del commissariamento e il ruolo svolto dai due Commissari di Banca d’Italia ha avuto come conseguenza la crescita degli accantonamenti a fronte di una crescita del rischio di credito, in particolare quello rivolto al settore immobiliare , sottovalutando però il fatto che l’obiettivo di una gestione prudente non potesse prescindere dal ruolo istituzionale di un istituto di credito che è quello di sostenere imprese e lo sviluppo economico di un territorio. La Banca, dal 2012, ha anticipato nella politica di accantonamento ciò che le banche faranno in modo significativo solo a partire dal 2014».
La Commissione, poi, nella sua relazione affronta il livello di criticità rappresentato dalle filiere di controllo istituzionale, vale a dire Banca d’Italia e Consob, rispetto alla quale non può non rilevarsi uno scarto tra risultanze istruttorie e la realtà che poi si è tragicamente verificata. Sul fronte delle proposte di acquisizione della Banca è emersa la questione del prestito Fonspa, su cui aveva puntato tutto Banca d’Italia. «Situazione che ha contribuito ad aggravare la situazione perché ha costretto la Banca a corrispondere gli interessi producendo una perdita di liquidità molto rilevante». Mirco Carloni ha evidenziato anche il rifiuto rivolto a investitori stranieri che avrebbero voluto acquistare qualcosa come 5 miliardi di sofferenze e incagli della Banca pagandoli quasi il doppio del valore stabilito dal governo permettendo di incassare subito 1,5 miliardi di Euro dando un valore europeo alla Banca. “L’auspicio – ha detto Carloni – è che ora si possa recuperare qualcosa per i risparmiatori e che il fondo di salvataggio serva anche a questo”. Il vice presidente Gianluca Busilacchi ha evidenziato i risultati importanti prodotti dalla relazione che non sono solo d’interesse regionale ma anche nazionale. “L’idea diffusa che la crisi di Banca Marche – ha detto – dipendesse esclusivamente dall’eccessiva incidenza del credito deteriorato e investimenti immobiliari sono elementi comuni a tutto il sistema bancario nazionale. Banca d’Italia era perfettamente a conoscenza della situazione della Banca è non ha detto nulla sull’aumento di capitale. Le Fondazioni hanno fatto il bello e cattivo tempo e nel 2008 hanno fatto una scelta sbagliata rifiutando offerte significative. Anche la scelta di modifica dei parametri di valutazione del credito avvenuta a fine 2012 da parte della Direzione senza un pieno coinvolgimento del Consiglio di amministrazione sembra aver contribuito all’aggravarsi della crisi nel 2013. Una tempesta perfetta, una sommatoria di concause che hanno portato alla crisi della Banca”. Luca Marconi si è detto lieto di aver partecipato ai lavori della Commissione che ora possono far comprendere se Banca Marche poteva essere salvata o no. “Tutti i soggetti invitati – ha detto – si sono presentati chiarendo nei particolari quanto accaduto. Il nostro impegno è stato serrato ma siamo lieti di aver svolto un lavoro attento e nei tempi stabiliti contro chi affermava che si volesse, con questa Commissione, insabbiare la vicenda.” “Ogni lettore potrà comprendere quanto riportato nella relazione – ha detto Jessica Marcozzi – dai contenuti trasparenti. Purtroppo oltre agli effetti immediati ci saranno effetti futuri che colpiranno tutta la comunità perché si ridurranno quegli interventi filantropici di tipo sociale, assistenziale e culturale portati avanti dalle fondazioni e la migrazione degli utenti verso banche più grandi produrrà minor credito alle imprese del territorio e ai cittadini marchigiani.” Unanime il parere di tutti i membri della Commissione (ricordiamo la defezione dei gruppi Movimento 5 stelle, Lega Nord, FdI e Misto) nel non individuare le responsabilità penali di quanto accaduto, che spettano alla magistratura, ma di presentare al Consiglio regionale una relazione attenta a ogni particolare affinché tutte le forze politiche presenti in Consiglio e tutti i marchigiani possano avere chiaro quanto accaduto.
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Bravo Casoli. Complimenti!
Quindi i consiglieri di Banda Marche erano per lo più massoni?
Illuminati però…
All’epoca, tutta la politica regionale insieme ai sindacati si opposero alla vendita. Credo ci sia ancora su Yuotube il video del Presidente Gazzani che si vantava di non aver venduto ad Unicredit, e spiegava anche il motivo, per fare favori ad amici che con precedenti fusioni si erano trovati senza “santi in paradiso”. Ma soprattutto tragicomico definirei l’aumento di capitale 2012 dove per evitare di scendere sotto il 50% le fondazioni, con il benestare dei controllori, organizzarono un aumento di capitale insufficiente portato a termine con un Prospetto che non conteneva i rischi già conosciuti da tutti, Lettera B.I. “coscienziosamente” dimenticata.