di Giancarlo Liuti
Ho guardato a lungo il volto in fotografia di Laura, la madre che sabato scorso, a Sambucheto, si è tolta la vita dopo avere ucciso il figlio Giosuè di appena sei anni. Poi sono andato a cercare la foto del volto di Debora, la madre che nella vigilia di Natale di due anni fa, a San Severino, uccise a coltellate il figlio Simone di tredici anni. Fra le motivazioni di queste due atroci vicende c’è una forte affinità. Anzitutto un’irreversibile crisi dei rapporti familiari: Laura era da tempo separata dal suo convivente e padre del piccolo Giosuè, e Debora era anch’essa separata dal marito e padre del poco più che bambino Simone. Poi il terrore, comune ad entrambe, che i loro figli potessero essergli tolti e affidati ai rispettivi padri.
Cosa ho scoperto,o creduto di scoprire, dai loro volti? Se è vero, come s’usa dire, che gli occhi sono lo specchio dell’anima, in quelli di Laura e Debora non ho colto alcun segno di violenza, perfidia o vendetta, ma, al contrario, un’amorevole e disperata dolcezza. Giosuè e Simone gli appartenevano nelle viscere ed esse avevano follemente deciso che vi ritornassero, come prima di nascere. Niente e nessuno glieli poteva sottrarre. E se questo era ciò che loro temevano, meglio ucciderli, meglio negare che fossero nati. Cos’altro dovrei pensare, io, che posso sì immaginare ma non comprendere fino in fondo la radicale immedesimazione nel corpo e nel cuore di una madre col proprio figlio?
Tragedie come queste non sono rarissime, in Italia, e negli ultimi anni lo sono sempre meno. E tutte le volte c’è qualcosa che le accomuna: il disfacimento dei legami familiari, le separazioni, i divorzi, le dispute giudiziarie sul possesso dei figli. E’ la famiglia tradizionale, dunque, che vacilla. Quella plurisecolare e, anzi, plurimillenaria idea patriarcale di famiglia che fa capo al padre – l’uomo – e pur in un sincero legame d’amore colloca la madre – la donna – in un ruolo prezioso ma subordinato. Nelle remotissime radici delle nostre concezioni non solo religiose c’è la creazione di Adamo, il primo uomo, e di Eva, la prima donna, ma lei “uscita” da una costola di lui, quasi come un “oggetto” indispensabile alla perpetuazione della specie. Molto è cambiato, intendiamoci, nel corso della storia. E quel modello di famiglia si è via via attenuato e ammorbidito concedendo alla donna un ruolo per così dire meno strumentale. Ma è solo a partire dalla seconda metà del Novecento che nel mondo occidentale la donna si è man mano conquistata una pienezza di “persona” sul piano civile, politico e familiare.
Nel 1948 l’articolo 3 della nostra Costituzione stabilì che “tutti i cittadini hanno pari dignità sociale senza distinzione di sesso”. Poi, nell’articolo 29: “La Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio. Il matrimonio è ordinato sulla eguaglianza morale e giuridica dei coniugi”. Quello fu un significativo passo avanti nella parità fra i due sessi. La Costituzione non parlava né di “unioni di fatto” né di omosessualità maschile e femminile, il che, settant’anni fa, sarebbe stata un’inconcepibile anticipazione dei tempi (va detto comunque che gli omosessuali, già colpiti dalle persecuzioni fasciste e naziste, continuavano ad essere disprezzati come “persone inferiori “). Ma, tornando alla distinzione fra uomo e donna, i tempi , da allora, sono ulteriormente cambiati, nel senso che si sono evoluti. E col processo della “emancipazione femminile” le donne hanno ottenuto una vittoria “quasi” totale. Dico “quasi” perché il vecchio primato “maschile” non è scomparso del tutto e lo dimostrano i casi non infrequenti di “femminicidio”.
E cosa accade, oggi, alla famiglia? Essa ha ormai perduto la esclusiva definizione costituzionale di “società naturale fondata sul matrimonio”. Vi sono “famiglie” diverse, anch’esse legate da vincoli affettivi e meritevoli di tutela giuridica, quelle fuori dal matrimonio, quelle “di fatto” e quelle non soltanto fra un “uomo-padre” e una “donna-madre” ma anche fra omosessuali. Questa è la realtà. E una nazione – meglio: uno Stato – che si ritiene civilmente evoluto deve prenderne atto cercando in sede legislativa di dare a questa nuova realtà un nuovo “equilibrio” e un nuovo “ordine”, nel rispetto, anzitutto, della dignità delle persone e dei loro spontanei sentimenti affettivi. L’amore? Certo. Si vuole forse vietare l’amore? Ed ecco i motivi per cui l’anacronismo del “Family Day”, del quale occorre, comunque, tener conto, non mi sembra in grado di fermarla, questa realtà, e ancor meno di farla retrocedere. Una realtà che ormai si è definitivamente imposta, nelle leggi, in tutta Europa, ed è proprio l’Europa a porre sotto inchiesta l’Italia per il deplorevole e ultradecennale ritardo con cui si appresta – adesso, ma ancora non c’è riuscita, e in questi giorni ce ne stiamo purtroppo accorgendo – a risolvere questo suo vecchio problema.
Ma c’è molto altro a fiaccare e rendere quasi obsoleta la famiglia tradizionale. Molto altro che, a prescindere da quanto s’è detto finora, sta nei costumi dell’attuale società in generale. La donna (la moglie, la compagna, la madre dei figli) è , per così dire, uscita di casa e s’impegna in occupazioni manuali e intellettuali nelle imprese produttive, nei pubblici uffici, nell’insegnamento ad ogni livello, negli incarichi direzionali, nella militanza politica. Massaia? Non lo è più da un pezzo. Ora è assolutamente alla pari – talvolta ancor più che alla pari – con l’uomo (il marito, il compagno, il padre dei figli). E c’è meno tempo, nelle famiglie, da dedicare alla crescita non solo fisica dei figli, una crescita che, giovanissimi o addirittura bambini, si matura in gran parte nella scuola, nei rapporti camerateschi fra loro, nell’emulazione stimolata dai “social network”, nel dilagare della pubblicità consumistica e – molto peggio – fra le insidie della droga (pure da noi – ce lo dicono dati ufficiali – vi sono tredicenni “impasticcati”) e dei troppo precoci rapporti sessuali le cui immagini, finendo nell’universo dei “social”, possono diventare di dominio pubblico (vi sono state ragazzine che per questo si sono tolte la vita). Se ne dovrebbero accorgere, e intervenire, i genitori? Non sempre lo fanno, né riescono a farlo, né possono farlo, anch’essi in balìa dei costumi correnti.
Come per le nuove “famiglie”, bisognerebbe allora che a questa nuova realtà si desse un nuovo “equilibrio” e un nuovo “ordine”, nel rispetto delle singole persone e stimolando nelle comunità minori o maggiori il senso del civismo e della legalità. Un compito, questo, che tocca alla politica, cui si chiede di procedere senza negare gli aspetti positivi – ce ne sono, su scala mondiale – del progresso non solo tecnologico e senza tornare indietro cavalcando reazionarie nostalgie del passato. Illusione? Pure la politica italiana, ahimè, sembra attraversare una fase che la fa apparire, anch’essa, in balìa dei costumi correnti, tanti e tali sono l’individualismo, la faziosità, l’interesse immediato, il calcolo elettoralistico del presente, l’appannarsi di una visione o strategia del futuro. Il che, per tornare al discorso sulla famiglia, sta minacciando il cammino del civilissimo disegno di legge della senatrice Cirinnà, il cui significato anche etico, se pur faticosamente riuscisse ad affermarsi, segnerebbe una svolta diretta e indiretta anche sugli altri aspetti della nostra vita sociale. Ripeto: illusione? Mi si lasci sperare di no.
Per poter lasciare o votare un commento devi essere registrato.
Effettua l'accesso oppure registrati
«Oggi il nostro sforzo è quello di fingere di non essere i peggiori nemici di noi stessi.»
(Chuck Palahniuk)
Per me un titolo così, che fa nomi, è indelicato e inoltre la tesi secondo cui la famiglia tradizionale sarebbe obsoleta è discutibile.
Per Iacobini. Per lei questo articolo ha un titolo indelicato? La tesi che Liuti in esso esprime sulla famiglia cosiddetta tradizionale è discutibile? Lei usa delicatezza anche eccessiva, se posso dire.
Io direi che prendere le storie delittuose e tragiche di due disadattate e usarle per sostenere la tesi che la famiglia tradizionale basata sull’unione di un uomo e una donna mostra tutti i suoi limiti e che, quindi, è ora di toglierla dal piedistallo della unicità e parificare a essa, sul piano del diritto, ogni altro tipo di unione: quella fra non sposati, quella fra omosessuali, quella magari, un domani, quando meravigliose e progressive sorti di avanzamento della civiltà umana ci avranno permesso di aprire questa mente che abbiamo, degna di quegli ottenebrati del “Family Day”, e di approdare verso ulteriori luminosi esiti di comprensione delle cose, quella dicevo fra adulti e minorenni (anche infrasedicenni: proprio ragazzini e bambini), quella ancora magari fra parenti, (immaginiamo un tenero papino trentanovenne che si iscrive al gioioso registro delle unioni civili con la sua diletta, in tutti i sensi diletta, figlia diciottenne; anche a parti invertite, con mammine quarantenni e adoranti figlioli ventenni); ecco: speculare sui due delitti per costruirci sopra questo teorema della “obsolescenza” della famiglia tradizionale è una cosa che tu di primo acchito la diresti una operazione così, un po’ da tapini; ma poi quando ci pensi un attimo su, e dici “Va beh, è Liuti …”
Ma che c’entra la politica. Non vive mica tra di noi. Lei sta in una sua dimensione, dove si pensa , si mantiene e si mangia il frutto degli altri. La politica, dicono che la decidiamo noi perché siamo una democrazia parlamentare come in un commento su altro articolo teneva a precisare il Sig. Mario Iesari. Sì, lo siamo per un giorno e dopo per cinque anni dobbiamo tenerci un errore che ci costerà caro e sopratutto ci diventa odioso quando vediamo che la maggior parte degli italiani vengono tenuti scollati dalla vita sociale e politica e che le promesse puntualmente fatte, come sempre non vengono mantenute se non per gli amici ed ogni governo ci obbliga con leggi sempre più idiote fatte tenendo conto che se vogliono mangiare devono cercare di raggiungere un certo budget che intanto copra le spese presenti e future del loro mandato e poi pensano a come risparmiare sulla nostra pelle togliendoci piano piano i nostri diritti , dalla sanità, al sistema pensionistico che mantiene adeguatamente i ricchi perché hanno pagato molti contributi con i soldi delle tasse dei lavoratori e disossa i poveri, anzi si parla di ridurre le pensioni di reversibilità. Ma quando si giunge a questo punto, con la Boschi che deve fare una legge sennò che ministro è, allora gliela inventano, gliela impacchettano e poi gliela fanno servire. La Lorenzin che veramente, ogni volta che apre bocca c’è da domandarsi chi gli suggerisce certe idiozie, con Renzi che fa riforme un giorno si e uno no e che lo tengono ancora a spadroneggiare perché lo stipendio viene prima di tutto e il resto non viene mai che cosa vogliamo parlare di famiglia e politica. L’unica speranza per la famiglia e quella che viene formata da due persone consapevoli, che sanno che non stanno giocando, che ci saranno anche momenti difficili e che quando non sono superabili ci si può tranquillamente lasciare senza usare i figli come armi e se si ha il minimo sospetto che le cose potrebbero peggiorare si cerca aiuto. Non ci sono solo persone che pensano solo al loro squallido stipendiuccio in certi posti, ci si può sempre trovare chi segue e aiuta. Ogni volta che c’è un dramma di questo genere viene sempre fuori che era sta detto, che certe parole avevano messo in allarme, che la persona appariva debole e sofferente e per usare una frase fatta “ sembrava schiacciata da un macigno. In certi casi l’umanità bisogna tirarla fuori quando serve e non solo per circostanza. A volte a due occhi possono sfuggire determinate cose ma a quattro occhi già c’è più accortezza. La disattenzione, la superficialità, il pensare che certe cose succedono sempre agli alti non portano lontano.
Per Bonfranceschi. Peraltro mi domando in che modo certe esternazioni possano favorire il dialogo interreligioso (in particolare quello con i musulmani), dialogo tanto difeso da molti intellettuali sinistrorsi.
La sincerezza
E ttu ddàjjel’a ddodisci! 1 E cco mmé
nun tienghi antri discorzi da caccià,
ch’er zanto madrimonio e lo sposà?
Ste sciarle, sorcia mia, tiettel’a tté.
Ma pperché, mma pperché! la vòi sapé
la santa iggnuda e vvera verità?
Nun vojjo mar de testa: eccola cqua:
nun me piasceno corni: ecco er perché.
Oh, ll’hai saputo? Sei contenta mó?
Ma ccaz.zo! cuanno te le vòi sentí,
sentile: ch’io nun zò mmica un c, o, co.
Sempre una cosa m’hai sentita dí:
l’amore sí, mma er madrimonio no:
pe mmojje no, mma ppe pput.tana sí.
Non condivido in nulla l’articolo. Strumentalizzare tristi fatti di cronaca per argomentazioni personali è un gesto deprecabilissimo. Spiace che un giornalista come Giancarlo Liuti sia sceso così in basso. Almeno togliete le foto dei minori uccisi e delle persone coinvolte. IL RISPETTO È IL PRIMO DIRITTO CIVILE FONDAMENTALE che va garantito a tutti: specialmente a chi non ha voce. Non serve una legge per affermarlo, sarebbero sufficienti un minimo di buonsenso e di pietà umana (sic!).
CONDIVIDO PIENAMENTE L’ANALISI ATTENTA DI QUANTO ACCADE NELLA NOSTRA SOCIETA’ DEL GIORNALISTA GIANCARLO LIUTI il quale, come sempre , offre su queste pagine spunti importanti di riflessione . Ci sarebbe bisogno di approfondire più diffusamente tutti gli aspetti o le problematiche che l’articolo si presta al sezionamento sotto tanti punti di vista .
Dall’aspetto psicologico della relazione quasi viscerale tra donna e bambino il cui tema è stato perfettamente centrato, ma non è pienamente esaustivo delle problematiche che ovviamente variano tra soggetto e soggetto e contesti vari , la quale relazione vede poi in contraltare una distorsione ugualmente viscerale della relazione , sempre sul piano psicologico , tra uomo e famiglia . Mi è capitato di assistere nelle separazioni alcune donne che ponevano quasi come spontanea premessa di ricatto l’ostacolo di rendere partecipe della crescita dei bambini il marito, ma non è accaduto se l’Avvocato pone subito i paletti facendo prevalere questioni di natura penale oltre che quelle di crescita il più possibile normale dei bambini .
Dall’aspetto a volte di natura psichiatrica : alcune separazioni si potrebbero superare con l’assistenza di specialisti in grado di condurre la coppia ad un equilibrio che spesso , al giorno di oggi ,viene sempre più meno per una serie vasta di motivi , soprattutto anche di natura sociologica che sono facilmente intuibili .
Si potrebbe ancora andare avanti e sviscerare ulteriormente le problematiche sulla fcrisi della coppia .
Quanto alle coppie di fatto e a alla legge Cirinnà non sarei in grado di affrontare una critica alla stessa non conoscendo se non in parte il testo ancora , peraltro , in fase di approvazione . Si potrebbe però già fare un commento tranciante sull’utero in affitto e direi inoltre ,qualora il Parlamento interpretasse veramente l’interesse dello Stato e dei Cittadini, che non si potrebbe prescindere da una formulazione legislativa chiara e precisa anziché le solite ondivaghe e pleonastiche divagazioni delle quali da venti anni a questa parte gli operatori del diritto sono inondati con grave danno per la nostra comunità .
Mi limito ad osservare che innazi tutto è necessario che all’art. 29 della Carta C.le venisse aggiunto ” Lo Stato tutela e CONTROLLA le unioni di fatto ”
Piccola aggiunta sulla parte del codice civile in cui disciplinano i rapporti familiari e piccola aggiunta sulla parte dedicata alle funzioni del Giudice della Volontaria Giurisdizione . Il funzionario dello Stato Civile non è in grado di stabilire , tra le altre cose , la stabilità e la rilevanza del rapporto di coppia. ASPETTO PRINCIPALE DELLA QUESTIONE . LO Stato deve fare lo Stato e deve controllare queste situazioni per una serie molteplice di ragioni … .
Apertura sì alla ADOZIONE… del figlio dell’ altra parte del rapporto di coppia…(!) perché ci sarà comunque un Giudice del Tribunale di Minorenni che controllerà e quindi ci saranno i servizi sociali che controlleranno la crescita normale del bambino adottato .
Il Parlamento deve essere sì aperto ma deve interpretare l’interesse della Comunità e dello Stato : e per questo bastano poche righe ed una idea chiara . Se così sarà si capirà che è stato fatto tanto rumore per nulla .
Grazie per l’attenzione.
Avv. Giuseppe Pigliapoco
Avvocato, al di là della validità dell’analisi (voglio vedere come poi il giornalista, pur sintatticamente perfetto, riesce a districarsi nella questione del dialogo inter-religioso e dell’integrazione con altri culti), ritengo inopportuno far riferimento a tragedie specifiche recentissime. Come disse Orazio: “Quandoque bonus dormitat Homerus”. E magari ‘quandoque’ anche i neuroni specchio si appisolano.
«La più grande debolezza è il sacro terrore di sembrare deboli.»
(Jacques Bénigne Bossuet)