(In alto la galleria fotografica di Lucrezia Benfatto)
di Alessandra Pierini
Se il detto “sposa bagnata sposa fortunata” vale anche per i vescovi, monsignor Nazzareno Marconi sarà un pastore fortunatissimo. Il suo ingresso a Macerata, prima nei locali della Caritas diocesana e poi nella Cattedrale, è stato salutato da una pioggia insistente che si è placata solo nel momento in cui, dopo il passaggio del Pastorale, il bastone di legno d’ulivo, simbolo della missione episcopale, consegnato nelle sue mani da monsignor Giuliodori, il nuovo vescovo della diocesi di Macerata – Recanati – Tolentino – Cingoli – Treia è entrato in chiesa accompagnato da uno squarcio di sole che ha creato un effetto degno del migliore scenografo.
Clima quasi da stadio nel Duomo gremito di fedeli, di autorità civili e religiose. Monsignor Marconi è stato accompagnato dal suo ingresso e fino all’arrivo all’altare da un applauso ininterrotto, di intensità variabile ma comunque molto caloroso e non ci si sarebbe stupiti nel veder partire una ola.
«Ho intenzione di fare il vescovo e non altro. Ad ognuno il suo mestiere» ha messo subito in chiaro monsignor Marconi, rispondendo agli interventi del sindaco Romano Carancini e del presidente della Provincia Antonio Pettinari. Il primo cittadino, dopo aver ricordato il legame della città con la Madonna della Misericordia lo aveva invitato ad una fattiva collaborazione: «Macerata è una città colta, civile e pronta a l dialogo – gli aveva detto – ma non manca di difetti e deve essere accompagnata. Insieme, in un clima di generosa solidarietà, possiamo trasformarla da città accogliente a città aperta – poi richiamando Padre Matteo Ricci – lo spirito di amicizia di cui ha parlato il nostro illustre concittadino è quello con cui vogliamo accoglierla». Il presidente della Provincia ha anche lui richiamato il gesuita maceratese per poi passare in rassegna le difficoltà del momento: «Ci ha colpito come si è presentato ai fedeli e la sua disponibilità. Abbiamo bisogno del suo sostegno in un momento di crisi economica e sociale, di mancanza di lavoro per i nostri giovani» per concludere con le difficoltà create dal Patto di Stabilità.
Monsignor Marconi li ha salutati con un abbraccio, familiare ed affettuoso, ma ha poi precisato quale sarà il suo ruolo e quali le sue azioni in un parallelo tra vita laica e religiosa: «Nella democrazia, il popolo è sovrano, nella religione è Dio. Il Dio cristiano però si è fatto uomo e il suo corpo vivo è il popolo. Il fatto che ogni autorità deve essere al servizio del popolo unifica la visione laica e quella religiosa. In questa ottica possiamo collaborare. E dovremo riprenderci ogni volta che ci sorprenderemo nel difendere lobby e gruppi di potere. Se così non fosse non sarebbe giusto nè per la legge di Dio, né per quella degli uomini». Il nuovo Pastore ha ammonito contro la politica dello scarto, dell’allontanamento dei più poveri e dei diversi. «Non merito le vostre parole di stima – ha detto a Carancini e Pettinari – perchè non ho ancora dimostrato nulla ma spero meritarle».
Il vescovo utilizza poi la Concordia e il suo trasferimento come metafora dell’Italia: «L’Italia come la Concordia è finita sugli scogli, non per colpa di uno. La Concordia ha finito di essere tale ed è diventata Discordia. Gli italiani sono quelli che con sacrificio, fantasia e professionalità l’hanno recuperata e ora, senza clamore, la smonteranno pezzetto per pezzetto per farne altro. Se l’Italia smette di essere Discordia e diventa Concordia può farcela».
Dopo il discorso alla città, monsignor Giuliodori ha consegnato al nuovo vescovo la croce pettorale di San Vincenzo Maria Strambi e lo ha spronato ad essere pastore («l’odore delle pecore maceratesi è buono, è un profumo, ancora più buono quando ti inviteranno a partecipare alla loro tavola»), sposo della Diocesi («macerata è una sposa esigente ma comprensiva, profondamente unita come ha anche dimostrato con i mancati accorpamenti, ventilati in modo inopportuno») ed angelo. Giuliodori ha anche salutato i familiari di monsignor Marconi, presenti in prima fila, tra i quali la mamma: «Cercheremo di non fargli pesare la vostra lontananza». Un saluto che ha commosso il nuovo pastore consolato dal vescovo di Città di Castello, sua diocesi di provenienza, Domenico Cancian, anche lui alla cerimonia.
Monsignor Marconi, che prima di arrivare in cattedrale aveva salutato Tolentino e il sindaco Giuseppe Pezzanesi, aveva sostato al monastero Corpus Domini, luogo di adorazione eucaristica, e alla Caritas accolto dal direttore Mario Bettucci e dalla moglie Marina, ha poi celebrato la messa. Ha pronunciato la sua omelia “a braccio”, senza un testo scritto, invitando all’ascolto con il cuore. «Nella logica degli uomini, i capi devono essere ascoltati. nel regno di Dio bisogna ascoltare, prima Dio e poi gli uomini. L’ascolto con le orecchie, però, può essere falso, bisogna ascoltare con il cuore. Avevo un maestro bersagliere – ha raccontato – che ormai è in Paradiso, ci voleva un sacco bene ma ci dava degli scappellotti quando facevamo qualcosa che non andava. Non esiterò a dire “Così non si fa!” – ha scandito in dialetto perugino – farò anche questo. Che il Signore ci aiuti tutti, sono certo che lo farà».
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Buona Strada Monsignor Marconi.
Il precedente era “tutt”altro” e non mi sembra che sia mai stato vescovo…
Siamo quindi sulla buona strada?
Speriamo
In questo rutilante cambiar verso non fai a tempo a digerire il comandante Schettino visto come nuovo padre della Patria che già te lo ritrovi anche nelle vesti di nuovo padre della Chiesa.
Il modello “concordia” (leggi intese che piu’ larghe non si puo’) in questa regione e in particolare nella diocesi in questione ha prodotto danni a dir poco irreparabili. In bocca al lupo al nuovo pastore che vuol mettersi al servizio delle pecore e non delle lobby
La Chiesa piena per un atto formale…vuote poi per faccende spirituali…è giusto così…il ritratto di un popolo corrotto.Nella mia famiglia mia madre aveva diversi zii preti, una disgrazia, pronti a sfruttarti a costo zero e poi a gettarti dalla finestra dopo l’uso, perciò conosco il mondo di cui parlo.La Chiesa è una gerarchia come l’esercito, il Vaticano uno Stato-lo Stato ombra che governa il nostro- il Papa il suo monarca, molti ecclesiasti, quando hanno ruoli importanti o amministrativi ,sono addirittura dispensati dal dire messa pur di gestire gli affari. Quando muoiono gli sciacalli laici con cui collaborano ed i loro colleghi ” tonacati” passano a ripulire casa ed ufficio di averi e carte, per poi abbandonare le beghe cimiteriali alla famiglia.Quando è produttivo è della Chiesa, quando non serve più viene scaricato alla famiglia…e questa è una religione??
E’ davvero triste notare come in un momento come questo in cui la Chiesa sta mostrando un volto più che mai vicino alla gente alcune persone (poche per fortuna) non abbiano perso l’occasione per cercare di conquistare il loro spazio di notorietà risvegliando polemiche trite e ritrite.
Se poi si sia trattato di un atto formale o di una reale partecipazione sarà il tempo a mostrarcelo; giudicarlo adesso significa solo sfogare i propri pregiudizi.
Buon lavoro Mons. Marconi.
Cosa significa “ Sarò vescovo e non altro “ che chi è stato prima di lui lo è stato? La chiesa si è persa dietro al materialismo e potere, oggi ritorna al suo ruolo, ma non sarà troppo tardi la gente ha perso la fiducia in una religione che ha fatto i propri comodi per molto tempo, però come si dice meglio tardi che mai.
http://www.lastampa.it/2014/07/28/italia/cronache/schettino-il-recupero-della-concordia-prova-la-correttezza-delle-mia-manovra-sIHP4NK66Wa5rC2rYn1ibP/pagina.html
Ma che inchini fa Pettinari?!
Pettinari: ci si inchina in modo dignitoso davanti ad un vescovo, non si ci prostra a 85 gradi (sono stato buono col numero..), non è un vassallo….
(guardate il video per capire)