di Gabor Bonifazi
Per spiazzare le persone curiose il mio amico Roberto poneva la seguente domanda/ indovinello: lo sai perché San Filippo campò cent’anni? Perché non beveva, non fumava e per gli affari degli altri non ci s’impicciava! Naturalmente Roberto non specificava mai a quale San Filippo si riferisse: Neri o Benizi?
Queste alcune considerazioni per attaccare sulla riapertura della chiesa di San Filippo, un evento a tutti gli effetti al quale deve aver contribuito in maniera determinante il Vescovo di Macerata che contribuì anche alla rimozione dei ponteggi dalla cupola del bel San Giovanni e, a quanto mi è dato sapere, alla riapertura di San Flaviano, la concattedrale di Recanati. La premessa è parte integrante di ciò che sto sul punto di scrivere. Sorvolo sulle vicende storiche che hanno investito questo complesso barocco composto da chiesa, oratorio e collegio dall’edificazione ai giorni nostri: Filippini, soppressione napoleonica dell’Ordine e relativa demanializzazione, Barnabiti, soppressione del commissario Valerio e relativa demanializzazione risorgimentale, arrivo de I Passionisti, terremoto e pratiche di ordinaria burocrazia che hanno privilegiato il buco di piazza Vittorio Veneto.
Questa chiesa dalla facciata incompiuta è una vera perla, una bomboniera che sorprende. I campanili a bulbo, le buche pontaie, la rastremazione e le ali convesse, il complesso in linea e quella straordinaria copertura ellittica che consente la simbolica entrata della luce dall’alto. Sorvolo altresì sui vari altari (Sant’Anna, San Giuseppe etc.), sull’abaco dei marmi e dei finti marmi, sulle colonne e i capitelli e sulle opere del Mancini e del Boniforti. Bellissimo quel colore turchese ritrovato sotto il parapetto della cantoria, forse un colore di origine vegetale: il guado. Bello anche lo stemma della confraternita al centro dello stesso: le stimmate. Manca solo il suono della messa in latino, il profumo d’incenso e quello acre delle candele che si accendevano e spegnevano con quello strano aggeggio posto in cima ad una lunga canna: lo smorza candele. E’ stato inoltre piacevole entrare nell’oratorio dall’interno dell’aula ovale. Negli anni Sessanta in quest’oratorio c’era una piccola galleria animata da Rolando Sensini detto, per via della sua eleganza, Gardenia blu. E fin qui tutto bene. Certo non c’era Padre Marino, l’ultimo passionista con il Cuore di Gesù appuntato sulla tonaca, ed è stato impossibile entrare nella meravigliosa sagrestia in noce con colonne a torciglione, una signora ci ha avvertito che ci sono i lavori in corso. La nota dolente consiste in quella eccessiva e sgrammatica lapide posta sulla nicchia sovrastante l’ingresso. Certo non si può attribuire la colpa a Mons. Claudio Giuliodori che giustamente aspira ad entrare nelle pagine della storia di Macerata, ma a chi ha consentito quella cafonata: la Soprintendenza.
Eppure bastava che qualche sacerdote esperto di arte sacra, che avrebbe potuto sedersi a quel capitolo che non c’è più, avesse consigliato la lettura della lapide del Card. Ferdinando Taverna posta sotto il Municipio oppure di quella posta sulla facciata di San Giovanni che racconta del progettista di San Carlo ai Catinari: arch. Rosato Rosati. Tanti “Magister lapidum” che con l’ausilio dell’incisografo incidono sul marmo testi di una lingua purtroppo perduta: il latino. Tanto che nel 2000 fu speso qualche soldo per il restauro del bel San Giovanni dove venne affissa una incomprensibile lapide a futura memoria di quel restauro incompiuto.
***
Articoli precedenti:
– 22 dicembre – Riapre la chiesa di San Filippo, Monsignor Claudio Giuliodori nella lapide commemorativa (leggi l’articolo);
– 25 dicembre – Stranezze e paradossi nella Civitas Mariae (leggi l’articolo).
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Complimenti all’architetto Bonifazi per questo articolo. Non lo conosco personalmente ma si è guadagnato tutta la mia stima
benone.
Parlai con un funzionario della soprintendeza per segnalare l’orribile ringhiera posta al fondo della scala della chiesa del Sacro Cuore, ponendo in risalto l’abuso compiuto dal sig.parroco: “è impossibile intervenire, perchè è sufficiente la telefonata di un Vescovo perchè tutto si fermi” fu la fulminea risposta. Allora tu pensi che la soprintendenza non sia prona dinanzi all’autorità di un vescovo che celebra il proprio nome?
E’ una operazione squallida e offensiva per l’ornato pubblico, l’effetto manifesto della lapide snatura la splendida facciata della Chiesa,forse unica nelle Marche, ma tu somma politica, Chiesa, ma quella trionfante, e le prossime elezioni e avrai una nuova miscela esplosiva, che conferma la volontà di cambiamento. Aspetta fuducioso le prossime puntate. Bravo ad aver segnalato il buon gusto delle altre lapidi.
Ringrazio l’architetto Bonifazi: quando le opinioni sono basate su profonde conoscenze bastano poche righe per chiarire i fatti.
Si può leggere la decadenza di una città anche attraverso le iscrizioni delle lapidi commemorative affisse sulle pareti dei vari edifici del centro, un po’ come è già accaduto per le lapidi funerarie sempre più laiche che fanno bella mostra nei nostri cimiteri e in qualche maniera riportano con un certo pathos la vita di donne virtuose e di uomini probi, dettate da uomini colti ad abili marmisti. Le lapidi consentono inoltre di leggere attraverso l’uso del materiale e soprattutto il tipo del carattere utilizzato lo sviluppo delle tecniche: dai caratteri incisi con lo scalpello, a quelli mobili in bronzo fino a quelli incisi con il laser. Finché la lastra di marmo non viene murata o meglio ingrappata con apposite grappe di bronzo sulla facciata di quelle case di via Crescimbeni dove vissero rispettivamente il mons. Giuseppe Jacoboni, il prof. Giacomo Venezian e l’arch. Ireneo Aleandri. Alla storia perpetua di questi personaggi rimarranno sintetiche notizie sulle opere e anche i promotori della lodevole iniziativa: “amici e estimatori” per Jacoboni, “la Società Dante Alighieri” per il Venezian e la città per l’Aleandri.
Nel 2008 avevo suggerito “Una lapide per Pannaggi”. Ed ecco il testo della lettera: Suggeriamo un’idea piccola piccola all’Amministrazione comunale di Macerata, ad enti, associazioni varie e compagnie di ventura, prima che esploda il “Centenario della nascita del Futurismo”. Una provocazione retorica che va al di là dei soliti eventi, mostre, convegni, cene futuriste e pubblicazioni patinate, con documenti e opere che ci auguriamo inediti. Ebbene l’idea è quella di apporre una lapide in memoria di Ivo Pannaggi nella parete della casa natale, dove ritornò dopo aver girovagato nell’Europa del nord, per trascorrere gli ultimi anni della sua frenetica esistenza, prima di ritirarsi alla Casa di Riposo “Villa Cozza”. Qui si spense serenamente nel 1981. La casa natale si trova al piano sopraelevato dell’edificio di via Crescimbeni n. 68. L’architetto Pannaggi era tanto felice di esserci ritornato, che amava dire agli amici: “abito al terzo piano ma per me è come se stessi al settimo cielo”. Per quanto riguarda l’epigrafe da apporre a pendant con la lapide dedicata a mons. Jacoboni, va bene quella che egli stesso ci ha lasciato con inguaribile spirito futurista:
IP: PANNAGGIMATERIAMORTA
PANNAGGIMATERIAVIVA
VIVAPANNAGGI!
(1901-1981)
Ebbene il Comune rispose a tambur battente positivamente alla mia provocazione retorica https://www.cronachemaceratesi.it/2008/12/04/una-lapide-per-ivo-pannaggi/1695/ . Tuttavia la lapide non venne mai affissa e ritengo che la mia buffa idea contribuì in maniera determinante all’apposizione di quella in memoria di Ireneo Aleandri. Naturalmente date approssimative e verbi “virili” invitano ad un’attenta lettura dell’epigrafe dettata con una certa enfasi da un autore ignoto:
IN QUESTA CASA VISSE E OPERO’
PER OLTRE CINQUE LUSTRI
IRENEO ALEANDRI (1795 – 1885)
MEMBRO DEI CONSIGLI COMUNALE E PROVINCIALE
E DEPUTATO NELLA COMMISSIONE
DELL’ORNATO PUBBLICO DI MACERATA.
LA CITTA’ LO VOLLE RICORDARE NELL’ANNO 2009
CELEBRANDO IL CLXXX ANNIVERSARIO
DELL’INAUGRAZIONE DELLO SFERISTERIO
SUA PIU’ CELEBRE OPERA.
A volte mi domando come avrebbe commentato l’arguto sarto Domenico Caraceni, nell’apprendere che l’architetto settempedano aveva trascorso ben cinque lustri sopra la propria rinomata bottega. O quale significato darà il raro e distratto viandante al termine desueto “irredentista”. Mi chiedo infine come la gente collegherà il mons. Jacoboni con la chiesa impacchettata, è proprio il caso di dirlo alla Cristo. Piccole citazioni didascaliche sempre meno utili ai vivi che le hanno concepite per l’eternità.
Complimenti Gabor. Per me non sei una sorpresa. Propongo di affiggere una lapide, sopra l’esitente ed in oggetto, con il tuo nome ed il link dal quale scaricare il tuo commento.
IMPORTANTE è che la chiesa sia stata RIAPERTA…..si poteva evitare gli schermi laterali con l’orario delle messe…..si potevano utilizzare le classiche bakeke con orario messa…..ma siamo nell’era dell’informatica…..(consumano energia elettrica….quelli tradizionali di carta non consumavano energia elettrica e quindi vi era un risparmio di qualche mila euro sulla bollettaa enel energia)
bellissimo restauro bravo Arch. Bonifazi per la tua cultura e passione per i nostri bistrattati beni culturali.
S ben ricordo la ” superbia” è un peccato capitale, l’ ignoranza un difetto: forse è meglio essere ignoranti.
Gabor propongo di aggiungere alla lapide la scritta: “e ringraziamo la sovrintendenza per questa cafonata”
A Roma i cittadini/residenti hanno protestato ed hanno giustamente criticato una statua di Giovanni Paolo II, fino a riuscire che la stessa venisse rimossa modificata e reistallata..
A macerata questo non potrebbe succedere?
FINALMENTE!
ZITTI TUTTI, PARLA GABOR!
Grazie Architetto.
Non voglio commentare il fatto, anche se sono perfettamente d’accordo con l’Arch Bonifazi.
Ma non era meglio aprire quel “rosone” (finestra), dove è stata apposta quella enorme lapide, per dare più luce alla chiesa?????? La lapide poteva essere ugualmente messa a ricordo, più piccolina (così è un monumento) e messa di lato lungo la parete che da su Corso della Repubblica!
A Corridonia in un caso analogo la Sovrintendenza ha vietato l’apposizione di qualsiasi cosa, compresa un’opera artistica offerta da un privato.
@ Robert Children
Dipende, forse a Macerata la Sovraintendenza si inchina ancora al potere temporale…
Visto che c’è già la lapide e il bozzetto per la statua (basterebbe cambiare il disegno del volto, da Matteo a Claudio) perchè non realizziamo anche il mausoleo??
…erano circa le 18,30 questa sera quando sono rientrato in questa stupenda Chiesa, che il Vescovo si era impegnato a restituirci entro il 2012, all’ingresso fuori c’erano 6 persone di cui una coppia di inglesi che guardavano e fotografavano la lapide in questione ma nessuno dei tanti drammatizzavano per le parole.
Ma invece le spoglie di S. Vincenzo Maria Strambi (1801-1823) che il Vescovo Silvio Cassullosi adoperò a riportare a Macerata nel 1957 perchè non vengono riposte di nuovo sull’altare del Crocifisso curato allora dal mio Prof. di disegno Amerigo Luchetti invece di stare in un dimenticatoio nella Cattedrale in P.zza Strambi.
Bravo Gabor, ” Optimo”
Oggi ho potuto apprezzare la chiesa veramente bella nel suo interno… non la ricordavo più .. ma ho dei dubbi sul di fuori la stuccatura non mi piace sia per il colore e il materiale scelto come non mi piace la plastica che è stata messa sulle cupole sopra all’ingresso si poteva usare il piombo ( La sensazione e di plastica) è un mio giudizio personale.
MMMMMMMmmmmmmmm……
In tutta questa storia di lapidi funerarie, vanagloria e superbia (elevata all’eccesso) emerge chiaramente che Macerata ha meravigliosmente ritrovato/riscoperto una perla…
….Ma, purtroppo, ha avuto la riconferma di avere anche un pirla
eccelente!!!!!!! dopo tanti sotto le impacature finalmente adesso e’ aperta a tutti!!!!!!!!!
fanstastica davvero fantastica sia dentro e fuori
Condivido le note di Gabor, uomo e architetto di profonda sensibilità e cultura, ma – a parte il discutibile latino della lapide – non trovo scandaloso che rimanga ai posteri il fatto che il restauro sia stato eseguito con denaro pubblico sotto l’episcopato di Claudio Giuliodori e sotto il pontificato di Benedetto XVI. Mi sembra che ciò rispecchi canoni tradizionali.
invece di goderci questa chiesa che è stata riportata al suo antico splendore forse meglio di prima ci stiamo a preoccupare di una lapide “cafonata”??? no mi raccomando pensiamo alla lapide non pensiamo al gioiello che ci hanno ridonato mi raccomando eh.
Caro Luciano,
non ho nulla in contrario ai canoni tradizionali dell’epigrafe, anche se manca il nome del restauratore: l’arch. Massimo FIORI. Le mie osservazioni erano rivolte al luogo dove è stata apposta la lapide e alle relative dimensioni. Tuttavia ringrazio a tutti per i commenti e nello stesso tempo mi scuso per alcune sviste e per non aver affrontato minimamente la questione urbanistica, soprattutto il lato che dà su via Santa Maria della Porta (meglio il fiorentino Por Santa Maria), e sulla nostra Cas[s]a Rosada di piacentiniana memoria. Infine sono sicuro che il tempo ci darà ragione. Infatti sono sicuro che le grappe si coloreranno e l’iscrizione si scolorirà proprio come quella lì accanto dedicata al primo Sindaco di Macerata nonché Principe dei Catenati: Ferdinando LORI.
I Greci la chiamavano “hybris”, i Romani “superbia” ma, alla fine dei conti, è sempre lo stesso enorme peccato (addirittura capitale per i buoni Cristiani!)…
e il nostro pastore locale ne soffre drammaticamente e irreversibilmente…
Sì, è proprio vero, è una cafonata, ma siccome viviamo in un territorio dove gli ignoranti sono maggiori ai cafoni e combinati danno come risultato l’arroganza, ecco che lavori come quello sono frequenti. Entrambe le due categorie sono di gran numero superiori alla gente che potrebbe aver qualcosa in più da dire, ma per educazione o per non essere sempre bastian contrari agli arroganti, preferiscono rimanere fuori dalla massa.
Qualcuno di voi ha notato a Montecosaro Scalo i giardini fatti alle spalle di un monumento come l’Annunziata e rispettiva grossolana lapide commemorativa e fuori luogo?
E la notturna illuminazione esterna della basilica stile discoteca anni ’80?
E gli interni con impattanti matasse bianche (stile anni ’30) con interrutori e scorri filo in ceramica orribili e, ripeto, impattanti alla vista, richiesti proprio dalla sopritendenza? Intanto la cittadinanza inebetita da dei lavori comunque importanti di restauro, applaude e se provi a dire qualcosa ti ride dietro.
Vista la generosità con la quale la Regione Marche ha concesso contributi della ricostruzione per mettere in sicurezza piazza Vittorio Veneto, suggerisco di cambiare la toponomastica della piazza stessa in BUCA DEL TERREMOTO, in ricordo dell’enorme voragine che si aprì sulla crosta terrestre e che secondo la leggenda sembrò causata dagli effetti devastanti del grande sisma del 26 settembre 1997.
Mi spiace rilevare che Cronache Maceratesi censura, cassandoli, i contributi dei lettori senza una parola di spiegazione. A quanto pare, criticare la religione cattolica – senza essere offensivi né in alcun modo violenti – non è consentito su queste pagine.
Ne prendo atto.
Vi auguro ogni fortuna. Ma da oggi avete perso un lettore.
@ G.R. FESTA – Non è stato censurato nessun commento, forse confonde articolo.