Veglia Pasquale:
la donna al centro
dell’omelia del Vescovo

"Non abbiate paura" è la frase pronunciata più volte da Monsignor Giuliodori che si è anche soffermato sul terremoto in Giappone

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La centralità del ruolo della donna è stato il tema scelto da Monsignor Claudio Giuliodori, Vescovo della Diocesi di Macerata – Tolentino – Recanati – Cingoli – Treia, nell’omelia pronunciata durante la Veglia Pasquale.

Di seguito il testo dell’omelia:

“Gesù il Crocifisso, non è qui. È risorto!”. In questa notte santa anche noi contempliamo il sepolcro vuoto. Un vuoto più eloquente di ogni altra parola. Colui che volevano sconfiggere inchiodandolo alla croce vive libero nella pienezza della vita eterna. Colui che volevano seppellire nelle viscere della terra è sceso nell’abisso della storia per riportare alla vita tutti coloro che attendevano il giorno della redenzione. Colui che doveva essere avvolto nelle tenebre del peccato umano risplende vittorioso nella luce folgorante della Risurrezione.

Tutto questo ci è dato di vedere attraverso gli occhi delle donne, come ci racconta l’evangelista Matteo. E alle donne che timorose vanno al sepolcro, dobbiamo infinita gratitudine per essere accorse ancor prima degli apostoli, per aver ascoltato l’angelo e per essere poi corse a dare l’annuncio. Grazie a quelle Marie di cui parla l’evangelista e grazie a tutte le donne che anche oggi nella Chiesa e nel mondo si fanno prossime ai sepolcri del vivere umano, cogliendo e portando con la loro sensibilità spirituale l’annuncio della speranza pasquale. Non è un caso che anche i commenti alle stazioni della via Crucis guidata dal Papa al Colosseo, quest’anno, siano stati preparati da una donna.

È indubbio che la donna abbia un privilegio e un compito tutto particolare nel mistero della salvezza, se consideriamo che nei momenti culminanti dell’incarnazione del Signore e della sua morte e risurrezione, sono proprio le donne protagoniste principali di tali eventi. Lasciandoci guidare dalla loro singolare sensibilità spirituale vorrei riflettere con voi su tre aspetti che l’evangelista evidenzia nel descrivere come le donne si pongono di fronte al mistero della Risurrezione del Signore. Attraverso la loro esperienza possiamo così comprendere meglio il significato e le conseguenze della Risurrezione.

Un primo aspetto su cui è utile soffermarsi è l’invito perentorio che l’angelo rivolge alle donne: “Voi non abbiate paura”. Mentre le guardie restano come morte, alle donne viene detto di non avere paura. Ma di che cosa non devono avere paura? Certamente dei fatti sconvolgenti a cui assistono: il terremoto, la visione dell’angelo in bianche vesti, la pesante pietra che viene rotolata. Ma non solo. L’angelo ci dice che ogni paura, ontologica ed esistenziale, ossia relativa al senso della vita e alle vicende concrete del vivere umano, deve essere fugata. Anche noi, come alle donne, è chiesto di non avere paura, perché il primo effetto della Risurrezione è che ogni paura svanisce.

Del resto che cosa può spaventare coloro che partecipano alla Risurrezione di Cristo dopo essere stati associati alla sua morte? Paolo direbbe: «Cristo Gesù è morto, anzi è risorto, sta alla destra di Dio e intercede per noi! Chi ci separerà dall’amore di Cristo? Forse la tribolazione, l’angoscia, la persecuzione, la fame, la nudità, il pericolo, la spada? […] Io sono infatti persuaso che né morte né vita, né angeli né principati, né presente né avvenire, né potenze, né altezza né profondità, né alcun’altra creatura potrà mai separarci dall’amore di Dio, che è in Cristo Gesù, nostro Signore» (Rm 8, 34-35.38-39).

Non possiamo e non dobbiamo avere paura! Perché nessuno può separarci dall’amore di Dio che abbiamo conosciuto e sperimentato in Cristo Gesù, morto e risorto. Anche il terremoto del Giappone, con la sua scia di devastazione e la pesante ipoteca messa sull’utilizzo dell’energia nucleare, non deve spaventarci perché il Signore ha assunto in sé ogni sofferenza e la stessa morte, come anche il travaglio dell’ingegno umano posto di fronte ai limiti della scienza e della tecnica.

Quel terremoto che ha scosso il sepolcro continua a scuotere la nostra terra perché non ci dimentichiamo che nulla può separarci dall’amore di Dio, anche se resta il mistero di eventi di cui è difficile comprendere la ragione come ha spiegato venerdì Benedetto XVI a Elena, la bambina giapponese di 7 anni che gli confidava le sue paure e angosce di fronte al terremoto. Da questa tragedia può e deve scaturire un di più di amore fraterno e di responsabilità nella custodia del creato.

Ma il Signore ci libera da ogni paura e dai tanti piccoli e grandi terremoti che scuotono la nostra vita. Le paure legate agli affetti, sempre più fragili e incerti, le ferite lasciate dalla morte o dalla malattia di persone care, l’insicurezza di fronte alla crisi economica. Ci chiede solo di non rimanere ripiegati sul sepolcro vuoto e lasciarci sostenere dalle ali della speranza credendo fermamente che il Crocifisso è risorto, come aveva predetto. Che cosa significhi non aver paura ce lo ha testimoniato con grande forza Giovanni Paolo II sin dall’inizio del suo ministero petrino, quando con inusuale vigore scuoteva le nostre coscienze con quella frase storica: “Non abbiate paura! Aprite, anzi spalancate le porte a Cristo!”. La sua beatificazione, il prossimo primo maggio, rende ancora più forte e attuale il suo appello che scaturiva da una incrollabile fede nel Risorto.

Ma come hanno accolto le donne questo annuncio della Risurrezione del Signore, solennemente proclamata dall’angelo? Ci dice l’evangelista che le donne accolsero l’invito dell’angelo “Con timore e gioia grande”. La paura ha lasciato il posto al timore, che è appunto l’esatto contrario della paura. Il timore di Dio infatti è un dono speciale, uno dei setti doni dello Spirito, proprio perché indica la certezza di essere nella mani di Dio, di essere da lui custoditi e amati. Se il timore fosse sinonimo di paura come potrebbe andare d’accordo con la gioia? Proprio perché le donne capiscono che si sono compiute le promesse di Dio non hanno più paura, anzi la loro fede è ancor più consolidata nel timore di Dio e per questo sono piene di gioia.

La gioia, infatti, insieme alla pace, è il dono per eccellenza che il Risorto fa ai suoi discepoli, come aveva promesso: «Voi sarete nella tristezza, ma la vostra tristezza si cambierà in gioia. La donna, quando partorisce, è nel dolore, perché è venuta la sua ora; ma, quando ha dato alla luce il bambino, non si ricorda più della sofferenza, per la gioia che è venuto al mondo un uomo. Così anche voi, ora, siete nel dolore; ma vi vedrò di nuovo e il vostro cuore si rallegrerà e nessuno potrà togliervi la vostra gioia» (Gv 16, 20-22).

Questa gioia pervade tutta la liturgia della Veglia di Pasqua. Con gioia abbiamo ripercorso la storia della Salvezza godendo delle meraviglie compiute dal Signore. Con gioia abbiamo posto i segni del fuoco, della luce, dell’acqua lustrale, e soprattutto con gioia abbiamo cantato l’exultet. Con gioia indicibile sentiamo che il Risorto è in mezzo a noi nel segno per eccellenza della sua presenza: l’Eucaristia. È soprattutto nella fede eucaristica, infatti, che si rende visibile il Signore Risorto e vivente in mezzo a noi.

Vogliamo per questo rafforzare e approfondire la fede eucaristica della nostra Chiesa e Città di Macerata, anche grazie alla mostra che sarà inaugurata venerdì 29 aprile alle ore 18.00 nella Cripta di questa Cattedrale, in preparazione al Congresso Eucaristico Nazionale che si svolgerà nella Città di Ancona dal 3 all’11 di settembre.

Ma quale compito viene affidato alle donne che abbandonano in fretta il sepolcro con timore e gioia grande? È lo stesso Gesù Risorto che manifestandosi ad esse, mentre lo abbracciano e lo adorano, le invia con un preciso mandato: “Andate ad annunciare ai miei fratelli che vadano in Galilea: là mi vedranno!” Questo annuncio ha solcato i secoli e i confini per giungere fino a noi e per coinvolgerci nel farlo ancora risuonare alle orecchie dell’uomo contemporaneo. La Galilea è la quotidianità del vivere, è la ferialità di quella novità di vita che tocca ogni ambito della nostra esistenza.

Augurandoci una Buona Pasqua, sostanzialmente ci auguriamo di poter vedere il Risorto nel volto dei fratelli, di poter camminare con lui e riconoscerlo allo spezzare del pane come i discepoli di Emmaus. Ci auguriamo di riconoscerlo come Maestro e di toccare i segni della sua passione come Tommaso. Ci auguriamo di ascoltare ancora una volta l’invito a gettare le reti per una pesca abbondante e ad andare fino agli estremi confini della terra per portare la lieta notizia.

Concludo con un altro augurio che traggo dalla lettura dello straordinario libro di Benedetto XVI su Gesù di Nazaret. Il Risorto ci doni di comprendere la singolarità e la straordinarietà di un mistero che cambia radicalmente la nostra vita perché: “con la risurrezione di Gesù – sottolinea Benedetto XVI -, non è stato rivitalizzato un qualsiasi singolo morto in un qualche momento, ma nella risurrezione è avvenuto un salto ontologico che tocca l’essere come tale, è stata inaugurata una dimensione che ci interessa tutti e che ha creato per tutti noi un nuovo ambito della vita, dell’essere con Dio” (p. 304).

Auguro a tutti e con tutto il cuore di rivivere l’esperienza delle donne e di uscire da questa celebrazione ricolmi di gioia e con una vita cambiata dall’incontro con il Signore Risorto, nostra speranza e nostra pace. Buona Pasqua.



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