Le invasioni barbariche
Attila flagello di Macerata

LE INTERVISTE IMPOSSIBILI di Giancarlo Liuti

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Germano Ercoli e Romano Carancini

di Giancarlo Liuti

L’altra notte, non riuscendo a dormire per il caldo, sono uscito di casa e mi sono mezzo sdraiato in una panchina di viale Puccinotti quando ho notato un signore dall’aria un po’ truce che pure lui era attratto da quelle panchine, ma non per sedercisi. Infatti le aggrediva a martellate, aprendovi buchi e mandandole in pezzi. “Ma cosa fa?”, gli ho chiesto. “Il mio lavoro”, ha risposto. “E che razza di lavoro sarebbe?”. “Forse lei non mi conosce, ma io sono Attila, il re degli Unni”. “Ebbene?”. “Insieme con altri barbari, tipo Goti, Visigoti, Ostrogoti, Burgundi e Vandali, appartengo all’Ipc, il partito degli Insalubri di Prima Classe, e la nostra funzione è proprio questa, rovinare, guastare. Più o meno abbiamo tutti sangue germanico. Io sono stato eletto capo, ma anche il mio vice, Genserico, re dei Vandali, sa il fatto suo. Le corna della lumaca all’inizio di Piaggia della Torre, le ha rotte lui, e si deve alla sua forza pure la demolizione del blocco di pietra che reggeva la ringhiera di Piaggia Floriani, fra via Mozzi e via Crescimbeni. E la Madonnina di Colleverde? Quella l’ha divelta Ataulfo, re dei Visigoti, che è pagano. E si aggiunga la piccola manovalanza, come strappare tergicristalli, sfregiare carrozzerie, fracassare specchietti. Insomma ci diamo da fare, secondo la nostra natura e la nostra ideologia. E adesso si alzi, per favore, che devo dare una martellata anche alla panchina sua”.

“Maestà, le invasioni barbariche sono roba di quindici secoli fa, e la sua, adesso, è solo delinquenza”.

“Dice? Le invasioni barbariche sono tornate, caro mio, e la bruttezza sta finalmente vincendo sulla bellezza. Si guardi in giro. Chi ha abbattuto gli alberi d’alto fusto in via Pantaleoni? Noi. Chi i tredici pini di Casette Verdini? Noi. E misuri le parole, altrimenti una martellatina la do pure a lei”.

“Un re che se la prende con le panchine? Mediocre, per un sovrano. Al suo posto me ne vergognerei”.

“Ma per me questo di stanotte è solo un modesto passatempo, una cosuccia per tenermi in forma. Le vere imprese mie sono ben altre. Si guardi in giro e veda quel che ho combinato in tutta Italia, lungo le coste, nella pianura padana, in Sardegna, all’Aquila, nelle periferie delle metropoli, dovunque. Mi chiamano il flagello di Dio e dicono che dove passo io non cresce più l’erba. Verissimo. Abbasso l’erba, viva il cemento!”

 

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“Non mi dirà che lei c’entra qualcosa nella vicenda del Suap Giorgini a Valleverde”.

“Certo che c’entro. Sono riuscito a infiltrare un paio di burgundi e un ostrogoto nel Pd e vedrete che alla fine la spunteremo. Anche lì la lotta è fra germani e romani, come ai tempi del sacco di Roma, anno 455”.

“Germani contro romani? Si spieghi meglio”.

“Da una parte c’è il sindaco Carancini, che non a caso si chiama Romano, e dall’altra un germano che non è propriamente del Pd, ma Narciso Ricotta, capogruppo del Pd, e il precedente sindaco Giorgio Meschini, hanno l’aria di esser d’accordo con lui”.

“E chi sarebbe questo germano?”

“Ercoli, uno dei leader della Confindustria locale, che per l’appunto si chiama Germano. Un uomo dal pensiero muscolare, un valoroso che al posto della parola ha una specie di clava. Infatti ha giustamente detto che i contrari al Suap, assessori, consiglieri e quindi lo stesso Carancini, sono ‘pseudo-amministratori’. E Ricotta, altrettanto giustamente, non ha reagito. Anzi, il giorno dopo ha dichiarato di condividere le posizioni degli industriali”.

“Beh, magari per una questione di stile o di dignità istituzionale, poteva almeno dire che pure Ercoli è molti ‘pseudo’, per esempio ‘pseudo-democratico” e “pseudo-rispettoso degli elettori’. Invece niente”.

“ Vede quanto siamo forti anche nel Pd?”.

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“Quali sono, secondo lei, le ragioni dei favorevoli al Suap?”

“Sono molte e sacrosante. L’entusiasmo per il favoloso sviluppo sociale rappresentato dal cemento, la spiccata vocazione della vecchia giunta per l’industria edilizia, le entrate dagli oneri di urbanizzazione, i ricorsi al Tar”.

“Meno una”.

“Quale?”

“L’idea di una programmazione urbanistica del territorio comunale secondo una prospettiva di equilibrio civile che tenga conto dell’ambiente, del paesaggio, dei valori propri dell’identità maceratese. Voi barbari questa ragione non ce l’avete, ce l’ha Carancini, ce l’ha la sua giunta”.

“Ma che idea è? Noi dell’Ipc, il partito degli Insalubri di Prima Classe, la consideriamo, e qui uso il linguaggio del nostro Germano, una solenne fregnaccia. Volete mettere la splendida bruttezza moderna e progressista di una fila di capannoni con la inutile e decrepita bellezza di un prato, di un parco, di un’abbazia medievale? E poi il lavoro. Sono stati promessi cinque dipendenti in più, tra i quali, forse, uno di Macerata. Finalmente un robusto rilancio dell’occupazione anche in questa città addormentata. Abbasso l’erba e viva il cemento!”

“Ma quella zona si chiama Valleverde”.

“Dargli quel nome è stata un’ingenuità. Io, fuori da ogni ipocrisia, l’avrei chiamata Vallemerde. E’ questo l’autentico volto dell’estetica di noi barbari e dobbiamo andarne orgogliosi”.

“Senta, maestà. Io telefono ai vigili urbani e vedrà che le toglieranno questo maledetto martello”.

“Faccia pure. Dipende da chi le risponde, potrebbe essere uno dei nostri”.

 

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