Giancarlo Liuti:
“La mia Macerata”

Il grande giornalista racconta la sua città e la sua provincia

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liuti giancarlo

di Matteo Zallocco

Da Macerata ha raccontato l’Italia. Giancarlo Liuti, inviato, critico televisivo ed opinionista del Resto del Carlino, dal 1948 ha sempre vissuto nel capoluogo. Certo, ha girato l’Italia (e anche l’Europa) con i suoi grandi servizi che lo hanno portato ad essere eletto, nel 1987, “Giornalista dell’anno” insieme a Natalia Aspesi e Mario Cervi. Ma i suoi pezzi che hanno fatto parlare l’intera nazione sono stati “partoriti” a Macerata.

Ha sempre rivolto un interesse particolare alle contraddittorie atmosfere civili e culturali del nostro paese. Tre dei suoi articoli sono stati anche scelti da un’antologia per le scuole Medie della De Agostini e sfogliando quelle pagine le “opere giornalistiche” di Liuti affiancano quelle di autori come Verga, Pascoli, Ojetti, giusto per fare qualche nome. Si tratta di due servizi del suo reportage sugli animali del bosco (il grillo e il gatto selvatico) e di un approfondimento sul linguaggio sportivo.

Nato a Jesi, Giancarlo Liuti compirà  76 anni il prossimo 7 novembre. Capo della redazione maceratese del Carlino dal 1965 al 1970, poi responsabile per un anno della redazione regionale, quindi inviato speciale in Italia e anche all’estero fino alla pensione, nel 1996.  Negli anni successivi ha lavorato come opinionista e titolare della rubrica delle lettere dei lettori nell’edizione nazionale.

E’ entrato nella storia del giornalismo italiano anche per le sue interviste impossibili come quelle a Leonardo Da Vinci, Garibaldi e Dante Alighieri, sempre molto attualizzate: “Un giorno mi telefonò Craxi  – ricorda – per complimentarsi dell’intervista su Garibaldi, pensavo ad uno scherzo. Invece tre minuti dopo mi chiamò Petacco dalla Rai e questo pezzo fu riproposto in tv con l’interpretazione di Arnoldo Foà”.

Qual è stato il fatto di cronaca più significativo della sua carriera?

“Non mi piaceva fare l’inviato di cronaca, preferivo le inchieste di grande respiro. Però non dimentico la strage di atleti israeliani alle Olimpiadi del 1972, a Monaco, dove andai in seguito come inviato”.

In tutti questi anni ha visto Macerata dall’alto pur vivendo sempre qui, quali sono stati gli episodi che l’hanno colpita di più?

“Ecco una caratteristica di Macerata: non ha episodi che colpiscono molto”.

Liuti, che città è Macerata?

“E’ una città molto civile, molto marchigiana nel senso che esprime le migliori virtù delle Marche accanto ad alcuni difetti: scarso amore per il rischio, per la scommessa sul futuro, una certa dose di fatalismo che deriva dall’aver capito la vita, che è meglio cercare di trascorrerla quietamente senza affrontare troppo le incognite. Ma questi, secondo me, sono anche pregi. Certo, non spicca una mentalità da imprenditori. Ma tutto questo le ha consentito di non subire troppo nel corso dei secoli le grandi tragedie nazionali e mondiali, per esempio adesso, con la crisi economica planetaria. I maceratesi non hanno mai fatto rivoluzioni, hanno sempre accettato la storia fatta dagli altri, ma cercando di smussare il più possibile gli effetti peggiori. Anche questa è una virtù che magari può essere considerata da qualcuno un difetto nell’ottica imprenditoriale e dell’innovazione, dell’impegnarsi per il futuro. Il popolo maceratese, magari senza saperlo, è abbastanza filosofico e abbastanza leopardiano. Leopardi non credeva molto nel progresso, faceva riflessioni amare sull’esistenza. I maceratesi accettano la vita, non amano i clamori, lo stare alla ribalta, il protagonismo. E non hanno la pretesa di cambiarla, non sono di quelli che fanno il passo più lungo della gamba e quindi non rischiano mai di inciampare e di cadere. In tutto questo per me prevale qualcosa che somiglia a una virtù”.

Quindi Macerata non è in declino come sostiene qualcuno?

“No, perché è ancora una città piena di senso civico, una città che ha assorbito in modo quasi incredibile l’immigrazione straniera, qui non ci sono mai stati grandi episodi di intolleranza. Poi l’aspetto della sicurezza, Macerata è una città sicura rispetto a quello che succede altrove, anche  non troppo lontano da qui. Penso che per come si sta indirizzando il mondo dopo questa crisi Macerata non solo oggi non è in declino ma forse avrà più futuro di altre città che hanno avuto uno sviluppo troppo veloce e poco meditato. Qui c’è stata una equilibrata fusione tra la cultura dell’antica aristocrazia terriera e la cultura contadina, in particolare della mezzadria. Questa fusione esprime prudenza, risparmio, moderazione. Io ci vivo benissimo a Macerata e sono sicuro che tutti i maceratesi direbbero la stessa cosa. Secondo me la cosa più importante per un essere umano è di poter dire che vive bene nel luogo in cui vive”.

Come definirebbe invece l’intera provincia?

“La zona calzaturiera è esattamente l’opposto di Macerata, anch’essa con una parte di certe virtù e una di certi difetti. Ha avuto il coraggio, l’azzardo di scommettere sul futuro e gli è andata bene, basti vedere lo sviluppo demografico di Civitanova e delle zone limitrofe. Però paga dei prezzi che Macerata non paga, come l’abbassamento del livello di sicurezza, la scarsa coesione sociale e gli effetti della crisi che ovviamente colpiscono di più quelli che si sono sviluppati più in fretta. La provincia per 4/5 rispecchia il capoluogo, prendendo in considerazione tutto l’entroterra fino a Macerata, compresa Recanati. Già da Corridonia esce fuori un’altra mentalità. Una mentalità che secondo me non è sbagliata, è semplicemente diversa. Io però credo che sarebbe un grave errore non cercare di valorizzare quel capitale di civiltà umana che sta nell’entroterra e che forse dobbiamo anche ai Varano a Camerino, agli Smeducci a San Severino, al Papato a Macerata. Abbiamo tesori incredibili nell’arte che in altri tempi sono stati frutto anche dello sviluppo economico di quelle zone: Tolentino, San Severino, Castelraimondo, Esanatoglia, Matelica. E poi le bellezze paesaggistiche: il turismo si è sviluppato molto, basti vedere tutti gli stranieri che comprano casa nella zona di San Ginesio e Sarnano. Amano la moderazione di questa terra”.

Qual è il suo giudizio sull’informazione e più in generale sull’opinione pubblica locale?

“L’informazione mi sembra di buon livello, anche nell’informazione si riflettono le cose che ho appena detto. Non abbiamo un’informazione particolarmente polemica, aggressiva e quindi significa che essa esprime la natura della popolazione. L’opinione pubblica? La cittadinanza forse non è particolarmente interessata a partecipare al dibattito politico e all’attività delle istituzioni pubbliche. Questo deriva anche dal fatto che le amministrazioni pubbliche, proprio perché poco incalzate, alla fine gestiscono abbastanza bene. Possiamo definirla un’aurea mediocritas”.

Come giudica invece l’informazione online ?

“L’informazione online ovviamente è il futuro dell’informazione. In passato il successo dei giornali è stato determinato dalla fine dell’analfabetismo. Ed oggi il futuro dell’informazione online è segnato e sarà determinato dal possesso e dall’uso sempre più frequente delle nuove tecnologie di comunicazione. Un futuro che in parte è già presente, come dimostra quello che state facendo voi di Cronache Maceratesi. E sarà destinato ad affermarsi”.

Passiamo alla politica, cosa ha portato il centrodestra a vincere le scorse elezioni provinciali?

“Il primo motivo è il vento che tirava in tutta Italia e che è bastato a far spostare di poco quello che c’era prima: ricordiamo che quella di Macerata non è mai stata una provincia di sinistra. Sostanzialmente il maceratese è un conservatore, quindi anche in politica non ama le utopie o il sole dell’avvenire, a prescindere dai partiti. Destra e sinistra da sempre si sono equilibrate in provincia ma con un leggero vantaggio della destra ed è chiaro che questo abbia giocato a favore di Capponi rispetto a Silenzi. Ma corrono tempi in cui non è facile distinguere tra le idealità del centrodestra e del centrosinistra. E c’è una grande confusione nella politica italiana, determinata anche dal fatto che la destra ha un leader veramente unico a livello mondiale per stravaganza, intemperanza, egocentrismo e conflitto di interessi”.

E come vede le prossime elezioni Comunali a Macerata?

“Forse già conosciamo il candidato del Pdl (Pistarelli) mentre non abbiamo ancora idea su chi sarà il candidato del Pd. Se non accadranno importanti novità a livello nazionale credo che il centro destra stia partendo in vantaggio. Da non dimenticare che la presenza dei cattolici, una presenza istituzionale con la Curia e di base col popolo dei fedeli, ha sempre avuto un grande peso. Ad eccezione del primo, nell’immediato dopoguerra, i sindaci di Macerata sono sempre stati espressione dei cattolici”.

Secondo lei chi sarebbe il candidato ideale, sia a destra che a sinistra?

“Uno che interpretasse fedelmente il dna della maceratesità, moderato ma al tempo stesso tollerante, inclusivo, sensibile alla giustizia e alla coesione sociale. Uno che non si facesse sorreggere né delle asprezze leghiste, che qui sarebbero proprio una clamorosa anomalia, né dalle visioni antistoriche di certa sinistra. Uno, poi, che non ponesse solo l’ambizione personale al vertice dei propri disegni. Missione impossibile? Difficile, certo. Ma spero non impossibile”.



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