Demolizioni a Visso
di Monia Orazi
Cinque commissari straordinari alla ricostruzione, oltre 12mila persone ancora fuori casa solo in provincia di Macerata, le case ricostruite sono circa il 15 per cento. Un anno fa gli sfollati erano 13.400, le case ricostruite in totale erano circa l’11 per cento. Ne è passata di acqua sotto i ponti e frotte di politici con in bocca quel “non vi lasceremo soli”, da quei drammatici giorni dell’ottobre 2016 che ha cambiato la vita a migliaia di persone, ma a sette anni di distanza i problemi restano, il lavoro da fare è ancora enorme, specie nei centri più devastati dal terremoto, dove ancora oltre metà della popolazione residente è fuori di casa.
Gru nel centro di Visso
Esiste tuttora un cratere diviso in due, una serie di comuni dove la devastazione è stata totale ed i centri storici sono borghi fantasma ed altri centri dove la parte centrale del paese è viva ed attiva. Nei centri storici più colpiti la ricostruzione di fatto deve ancora partire. Ecco alcuni dati degli sfollati dal terremoto, tra coloro che vivono nelle casette, percepiscono il cas o sono negli alloggi del cosiddetto invenduto, in alcuni dei comuni tra i più colpiti.
A Castelsantangelo si raggiunge il 57 per cento della popolazione fuori casa, nella vicina Visso sono il 55 per cento, il 44 per cento ad Ussita. Scendendo a ritroso lungo la Valnerina a Monte Cavallo sono il 22 per cento, a Pieve Torina il 49 per cento, a Muccia il 61 per cento. A Valfornace sono il 41 per cento dei cittadini ad essere fuori casa, a Fiastra è ancora fuori casa il 30 per cento della popolazione, a Caldarola circa il 36 per cento, a Camerino il 26 per cento dei residenti vive ancora fuori casa.
Gianluigi Spiganti Maurizi
A girare tra i centri del cratere si vedono ormai le gru dominare l’orizzonte, segno visivo innegabile di una ricostruzione ormai partita pressoché ovunque. A Visso il sindaco Gian Luigi Spiganti Maurizi spera che si possa rientrare in dieci, dodici anni nel centro storico, dove sono ormai partiti i lavori del complesso di Sant’Agostino, che ospitava il museo ed i manoscritti di Leopardi. Ad Ussita invece la sindaca Silvia Bernardini segnala che il grande condominio che fa da sfondo a piazza dei Cavallari sta per essere demolito, si stanno portando via gli infissi, il problema non sono gli spazi, ma la burocrazia che blocca in special modo gli appalti pubblici.
La zona rossa a Visso
QUI VISSO – A Visso ovunque si gira lo sguardo ci si imbatte in una gru, ci sono cantieri pienamente all’opera nella parte esterna al centro storico, ma anche qualche cantiere fermo, le demolizioni sono quasi terminate nella zona di Villa Sant’Antonio dove il sindaco Spiganti Maurizi ricorda che mancano solo due aggregati, mentre sono in pieno svolgimento nella zona di Largo Gregorio XIII: «Tra le cose che rallentano la ricostruzione ci sono le zone interessate dal rischio idrogeologico R4, il poco personale della soprintentendenza.
Si tratta di cose che si stanno cercando di risolvere. Per quanto riguarda la parte esterna di Visso siamo a buon punto, a circa l’80 per cento della ricostruzione, si tratta di case singole che è molto più semplice ricostruire. Per quanto riguarda la ricostruzione pubblica a causa della burocrazia abbiamo più difficoltà. Da un mese e mezzo è partita la ricostruzione della scuola Capuzi, entro metà dicembre dovrebbe iniziare la costruzione del palazzetto dello sport, ci vuole qualcosa anche per i nostri giovani. Un altro problema riguarda la ricostruzione delle seconde case, che portavano tanta gente qua dando un importante supporto all’economia. Mancano i posti letto dove far fermare le persone che vengono qua, ad esempio i tanti motociclisti che si incontrano il sabato e la domenica a caccia della bontà dei prodotti tipici».
Per quanto riguarda la cultura sta andando avanti anche il museo dei manoscritti leopardiani, che sarà ospitato nella nuova struttura in piazza Maria Cappa: «Proprio ieri con l’architetto abbiamo visto il progetto del museo, uno spazio che per noi sarà molto importante, negli spazi soprastanti piazza Maria Cappa. Visso ha una storia millenaria ed il nostro centro storico è classificato tra le cento piazze più belle d’Italia. Mi piacerebbe che entro non troppi anni, dieci, dodici circa, possiamo rientrare nel nostro centro storico, ad ammirare le bellezze che c’erano prima. Sono iniziati i lavori del cimitero di Cupi che sono a buon punto, a breve iniziano anche quelli del cimitero di Villa Sant’Antonio, il cimitero di Visso è andato a gara per appaltare i lavori, ma la prima gara è andata deserta».
Il palazzo in piazza dei Cavalieri che è da demolire
QUI USSITA – Ad Ussita le gru spuntano all’orizzonte a macchia di leopardo, tra capoluogo e frazioni tra le montagne. Non mancano gli spazi per ricostruire, non ci sono vincoli architettonici, tranne che per pochi edifici, è un problema la linea internet che va e viene, spesso nei negozi con il pos non si può pagare.
A tirare le somme della situazione attuale è il sindaco Silvia Bernardini: «La ricostruzione privata possiamo dire tranquillamente che è partita, anche perché qui da noi, quando partono i grandi condomini possiamo dire che siamo già veramente a buon punto. L’Ambassador a Frontignano è quasi finito, stanno per demolire il grosso condominio in piazza. Il problema della ricostruzione pubblica sta tutto nella burocrazia.
Noi non possiamo pensare di affrontare una ricostruzione come quella di Ussita, che ha visto il 100% del patrimonio pubblico danneggiato dal terremoto, quindi una distruzione totale, con i mezzi ordinari.
Gru a Ussita
Non possiamo pensare che per l’approvazione di un progetto passino tre anni e mezzo, perché dopo tre anni e mezzo anche il finanziamento che c’è stato dato, è da rivedere per i costi delle materie prime. Siamo contenti perché i finanziamenti li abbiamo avuti, gli strumenti per ricostruire ci sono ma poi quando si vanno ad applicare scatta il problema. E’ come una lotta contro i mulini a vento, capire quale problema scardinare e far partire i lavori. Noi siamo vittime dell’aumento dei costi, case che prima del terremoto valevano 1500 euro, massimo duemila euro al metro quadrato si ricostruiscono a oltre tremila il metro quadrato».
Silvia Bernardini analizza i problemi della ricostruzione pubblica: «Lo stesso vale per le opere pubbliche, si fa il computo metrico ed il finanziamento ricevuto non basta più, si chiede l’integrazione, si attende il provvedimento e passano i mesi. Per fare una gara ci vogliono almeno cinque mesi. Per il cimitero è stata fatta la gara per la messa in sicurezza e lo smaltimento delle macerie, il vincitore è stato individuato ad agosto, ma ancora non sono terminati i controlli previsti dalla legge, prima della conferma ed assegnazione definitiva.
Silvia Bernardini
La burocrazia ci sta davvero massacrando, perché non si finisce mai, bisogna sempre tenere presenti nuovi aspetti. A volte ci sono anche dubbi interpretativi. Qua è come se ci fosse stata una guerra, come se tutto fosse stato bombardato, una situazione straordinaria per cui gli strumenti ordinari non bastano. Ad esempio uno degli ultimi paradossi in cui ci troviamo è che il codice degli appalti dice una cosa, il testo unico della ricostruzione privata un’altra: ad esempio prevedono percentuali diverse per l’equo compenso dei tecnici, con una tariffa superiore all’altra a seconda della norma. Non possiamo dare gli incarichi, perché non sappiamo quale percentuale prendere. Paradossalmente vanno più spediti i progetti legati al Pnrr, proprio perché sono previste norme diverse».
Tiene in scacco la ricostruzione di edifici pubblici e privati, tra cui gli impianti sportivi di fondovalle, nella zona tra Calcara e Pratolungo il cosiddetto rischio R4: «Per il rischio idrogeologico R4 il progetto di fattibilità tecnico economica (Pfte) redatto dal consorzio di bonifica è pronto, la norma dice che una volta approvato si può pensare di avviare la ricostruzione dei privati, laddove non interferisca con i lavori laddove devono essere fatti, come già avvenuto per le faglie attive e capaci. Il progetto è stato portato in conferenza dei servizi lo scorso dicembre, ma non si è chiusa, dunque non c’è stato il parere definitivo.
Ora è stato chiesto al consorzio di lavorare sul progetto definitivo senza che il Pfte sia stato approvato e questo significa lavorare sull’incertezza completa, perché il Pfte traccia indicativamente il tragitto da percorrere, dando una prima stima dei lavori, affrontando i problemi prima della progettazione definitiva ed esecutiva. Stiamo cercando di avere una risposta, prima del terremoto la zona R4 su cui l’ente di bacino del Tevere aveva normato, permetteva la demolizione e la ricostruzione. Oggi, dopo il terremoto, questo non è più possibile. Cosa ha cambiato il terremoto su una zona R quattro? Questo lo abbiamo chiesto alla struttura commissariale. Sapendo quali sono le aree a non essere interessate dai lavori di riduzione del rischio idrogeologico, queste vanno fatte partire con i lavori di ricostruzione. Cosa differente sarà dare agibilità e abitabilità. Il problema è che ci sono norme che dicono tutto e il contrario di tutto e non ci permettono di andare avanti spediti».
LE QUESTIONI APERTE – Il terremoto rappresenta una ghiottissima occasione speculativa per certe parti del sistema economico nazionale. Si è trovato il modo di fare cassa in alcuni casi sui costi dei materiali da ricostruzione. Si è vista la corsa ad accaparrarsi i lavori più sostanziosi, lasciando indietro quello che fa guadagnare di meno, un esempio su tutti la negativa esperienza del super bonus esteso all’intero territorio nazionale, che ha portato all’abbandono dei cantieri del post terremoto, emergenza ora parzialmente rientrata.
Visso
La verità è che la mole dei danni è troppo elevata per lo scarso numero di progettisti ed imprese presenti sul territorio, come denunciato a suo tempo da Cesare Spuri, primo direttore dell’usr Marche. Ci sono imprese che hanno preso troppi cantieri e non riescono a fornire stati di avanzamento omogenei su tutto il loro territorio di competenza. Ci sono famiglie che, pur avendo iniziato presto a ricostruire, si sono dovute fermare perché la quota di accollo è troppo elevata e i provvedimenti messi in campo, come il sisma bonus, non trovano più copertura finanziaria per le difficoltà di cessione del credito. Chi ha visto terminare i lavori di ricostruzione della propria casa a volte deve attendere settimane per il riallaccio di corrente e gas. Il commissario Guido Castelli e gli organi preposti lavorano incessantemente su queste tematiche, ma è chiaro che le soluzioni, appunto per la complessità normativa ed oggettiva di ricostruire un vasto territorio, non sempre consentono di dare risposte rapide. Questa è solo una panoramica, peraltro non esaustiva, di una serie di questioni aperte. Il quadro è veramente variegato e stratificato, ma è certo che la ricostruzione sta procedendo a due velocità. Laddove i comuni hanno conservato il cuore centrale della loro struttura e dove la logistica consente interventi edilizi senza grosse difficoltà, si sta procedendo più celermente, mentre la ricostruzione dei borghi con il centro storico gravemente lesionato e privo di vita, resta drammaticamente al palo.
FOTO DI VISSO
Cantieri a Visso
Gru a ridosso del centro di Visso
Demolizione nella zona di Largo Gregorio XIII a Visso
Cantieri a Visso
Il cantiere della scuola Capuzi a Visso
Visso dall’alto
Cantiere a Visso
FOTO DI USSITA
Un cantiere ad Ussita
Cantiere nella zona delle sae di Ussita
Cantiere ad Ussita
Zona di Sasso ad Ussita
Cantiere ad Ussita
Cantiere a Vallazza di Ussita
Cantiere ad Ussita
Una gru ad Ussita
Cantieri ad Ussita
Piazza dei Cavallari ad Ussita
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Modello marchigiano? No vergogna nazionale
Chissà se dopo più di tre anni è ancora colpa di quelli di prima…alla faccia delle promesse con il rosario in mano!!!…il nuovo che avanza “MODELLO MARCHIGIANO” = a modello della vergogna…
‘Nel pubblico la burocrazia crea difficoltà’: ossia?