Puntata numero 19 di “Ritratti… di strada”, il viaggio tra la gente della provincia del nostro fotografo Andrea Petinari. Fiastra, Muccia e Pievebovigliana di Valfornace i luoghi protagonisti di questa setttimana.
Andrea Petinari
Storie di terremotati che dal sisma del 2016 vivono nelle Sae. Teofilo, muratore per 60 anni, tiene a sottolineare che in questi 7 anni “la situazione non è migliorata”; sulla stessa lunghezza d’onda il pensiero di Anna (“ci sono tanti cantieri ma non ci sono gli operai che lavorano per ricostruire); Flora, 93 anni, passa il tempo a lavorare a maglia (“se rinasco faccio 10 figli”); Lilia e Anastasia sono arrivate dalla Moldavia per lavorare come badanti nelle casette a Fiastra; a Pievebovigliana troviamo Anna, polacca, in Italia da 20 anni (“dopo il terremoto queste zone sono morte, non c’è più niente”); Fabio, medico in pensione, viene da Viterbo (“qui la vita è tranquilla, il posto è bello ma il terremoto ha distrutto tutto e la ricostruzione è lenta”); anche a Muccia “è tutto fermo” sottolinea Noemi; poi Giovanna, boliviana, mamma di sei figli, prima del terremoto gestiva il negozio di alimentari a Muccia; Roberto e la sua famiglia si sono trasferiti a Serravalle dove hanno affittato una casa; infine Mario e Maria che a Muccia vivono da 60 anni. Sempre insieme.
Ecco dieci storie maceratesi, ognuna delle quali accompagnata da una descrizione in didascalia. Al centro le persone, i loro volti, le loro emozioni, immortalate nella vita di tutti i giorni.
“Ho 93 anni e per passare il tempo lavoro a maglia. Ho sempre fatto la casalinga, mio marito faceva il medico ma purtroppo è morto quando aveva 54 anni. Siamo stati insieme per 20 anni, troppo poco. Ho un figlio, ma se rinasco ne faccio dieci”, Flora Mattei a Fiastra
“Ho fatto per 60 anni il muratore e mi sono costruito la mia casa a Fiastra. Ora è terremotata e vivo sulle casette Sae dal 2016. Il giorno del terremoto ero a Roma da mia figlia, ero andato via da Fiastra la sera prima perché c’era stata la scossa più piccola. Il mattino dopo c’è stata la scossa grossa. Oggi la situazione non è migliorata da allora”, Teofilo Boncagni a Fiastra
“Siamo moldave e siamo arrivate qui in Italia per lavorare come badanti, ci hanno chiamato qui a Fiastra perché c’era bisogno e ora viviamo proprio qui nelle casette Sae insieme a chi accudiamo. Ogni tanto ritorniamo in Moldavia, abbiamo la famiglia lì”, Lilia (a sinistra) a Fiastra. “Io sono arrivata 5 mesi fa in Italia. Fare la badante mi piace, anche perché altrimenti non avrei un lavoro. Poi sono contenta di essere qui a Fiastra, c’è tranquillità e non c’è traffico”, Anastasia (a destra) a Fiastra
“Io lavoravo all’Ente Fiera di Civitanova e mi piaceva molto, soprattutto rapportarmi con i clienti. Qui la situazione è ferma, ci sono tanti cantieri ma non ci sono gli operai che lavorano per ricostruire il paese”, Anna Moriconi (a sinistra) a Fiastra. “Ora ozio, ma prima ero un funzionario di un ente pubblico. Una cosa bella del mio lavoro era il piacere di soddisfare le persone. Non ho passioni al momento, sto solo aspettando che ci ridiano una casa”, Michelina Ruggeri (a destra) a Fiastra
“Lavoro in un ufficio di una ditta che è venuta qui per la ricostruzione. La situazione a Muccia non è delle migliori, giusto in questo ultimo periodo qualcosa si è mosso, ma negli ultimi 4 anni è stato tutto fermo. Nel tempo libero faccio la mamma”, Noemi Fiecchi a Muccia
“Faccio la casalinga, ho 6 figli e sono sudamericana. Come sono finita qui è una storia molto lunga. Io sono boliviana, sono emigrata in Spagna e lì ho conosciuto il mio compagno che è italiano. Prima del terremoto avevamo il negozio di alimentari qui a Muccia ma ora è finito tutto e ci siamo reinventati. Mi sarebbe piaciuto fare la parrucchiera nella vita”, Giovanna Medina Siles a Muccia
“Attualmente sono disoccupato, mi occupo della mia famiglia e della casa. Diversi anni fa non mi hanno rinnovato il contratto e così ho scelto di dedicarmi ai figli piccoli. Adesso che stanno crescendo sto cercando lavoro, anche se non sarà facile. Dopo il terremoto abbiamo scelto di non andare nelle casette Sae per non far crescere i figli piccoli in una soluzione perenne di emergenza, abbiamo scelto quindi di usufruire del contributo per l’affitto in una casa a Serravalle di Chienti. Nella vita ho giocato anche a pallavolo, ho fatto l’arbitro, il dirigente e l’allenatore”, Roberto a Muccia
“Nella vita ho lavorato come operaio in uno stabilimento di salumi. Ora passo il tempo nel mio orto perché qui ormai non c’è più granché da fare. Il terremoto e la pandemia hanno distrutto i rapporti umani e ora ci si saluta soltanto senza più incontrarsi per parlare. Con Maria ci siamo conosciuti qui a Muccia, stiamo insieme da oltre 60 anni”, Mario Pigotti a Muccia. “Io ho fatto la sarta per 50 anni, ero tra le più toste. Realizzavo tanti vestiti da sposa, ma non amavo la fretta, mi piaceva lavorare con calma e tranquillità”, Maria Strappaveccia a Muccia
“Sono polacca e vivo in Italia da 20 anni. Sono venuta qui per motivi economici, la mia vita ora è qui ma devo dire che adesso anche in Polonia non è che si sta male. Da 3 anni lavoro come domestica, prima facevo la casalinga. Dopo il terremoto queste zone sono morte, non c’è più niente e ora viviamo fuori città nelle casette Sae. Nel tempo libero mi piace tanto ballare”, Anna Świątek a Pievebovigliana
“Ho fatto il medico qui per 40 anni. Sono originario di Viterbo ma mi sono trasferito in queste zone per poter ottenere prima l’iscrizione all’Ordine dei medici perché in caso di lavoro permettevano subito di iscriversi. Qui la vita è tranquilla, il posto è bello ma ora il terremoto ha distrutto tutto. La ricostruzione poi è lenta, ormai non ci penso più, sarà quel che sarà”, Fabio Perelli a Pievebovigliana
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Queste storie mostrano che l’immigrazione la carta vincente per riportare questi centri belli e tranquilli. Però un’idea di immigrazione che passi per 2 concetti base: lavoro e famiglia. Ne abbiamo proprio bisogno