Bommarito e il mostro della criminalità
«Considero ogni ragazzo morto per droga
una vittima indiretta della mafia»

MACERATA RACCONTA - Nel secondo pomeriggio di festival l'avvocato maceratese affiancato dai generali dei carabinieri Tito Baldo Honorati e Marco Di Stefano ha ricordato la strage di via Scobar

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Marco Di Stefano, Giuseppe Bommarito e Tito Baldo Honorati

di Marco Ribechi

Dopo il mostro della guerra quello della mafia, l’avvocato Giuseppe Bommarito riempie il teatro della Filarmonica parlando della strage dimenticata di via Scobar. Nel secondo pomeriggio del festival “Macerata Racconta”, dedicato nella sua undicesima edizione al tema dei Mostri, trova spazio la più grande delle piaghe della politica e della società italiana che tante vittime dirette e indirette ha lasciato nella sua sanguinosa storia.  L’occasione per parlarne e per fare un’analisi del fenomeno viene dal nuovo libro dell’avvocato Giuseppe Bommarito, “Le vittime dimenticate” scritto per omaggiare la memoria di tre valorosi carabinieri uccisi in Sicilia a causa del loro tentativo di contrastare la criminalità organizzata presente sull’isola. 

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Paola Medori

Dopo l’introduzione di rito di Paola Medori subito la presentazione degli ospiti che accompagnano Bommarito nel viaggio all’interno di Cosanostra: i generali dei carabinieri Tito Baldo Honorati, che ha vissuto la vicenda di via Scobar in prima persona e per questo autore della prefazione, e Marco di Stefano, vice comandante della Legione carabinieri Marche.  «La cosa che più ricordo di quei giorni – spiega Honorati – era la difficoltà di eseguire le indagini con le lacrime agli occhi. Ero amico dei carabinieri D’Aleo, Bommarito (omonimo dell’avvocato maceratese) e Morici, giocavo a calcio con loro nelle ore libere. Parlare di quegli episodi mi riporta alla giovinezza ma anche ai quei giorni dolorosi». Per comprendere la potenza economica e militare della mafia di quei tempi si deve partire dallo sviluppo del traffico di droga, in particolare di eroina che permise alla mafia di proliferare anche a causa all’assenza di misure di contrasto da parte della politica italiana e della giustizia italiana, sia per una sottovalutazione del problema sia per mancata volontà.

Macerata-racconta-bommarito-honorati«Negli anni ‘50 non si parlava di droga in Italia – spiegano Honorato e Bommarito – morfina, cocaina e eroina erano considerati dei medicinali. Il problema droga nasce per primo negli Stati Uniti poiché fallita la proibizione dell’alcol le organizzazioni criminali hanno cercato altre sostanze proibite da vendere nel mercato dell’illegalità. Le basi inizialmente erano a Cuba ma a causa della Rivoluzione di Fidel la situazione divenne instabile. Così i boss americani decisero che la base del traffico sarebbe stata in Sicilia, la droga proveniva dall’Asia, veniva raffinata a Marsiglia, trasportata in Sicilia e poi spedita negli USA. L’isola divenne il centro mondiale del traffico di eroina». In seguito però, a causa della brama di denaro e potere, i siciliani decisero di far fuori i marsigliesi e in pochi anni arrivò una pioggia di dollari portando Cosanostra al vertice della criminalità organizzata mondiale.  «Badalamenti possedeva l’aeroporto di Palermo – spiega Bommarito. C’era un volo Palermo New York diretto, due volte al giorno, per trasferire la droga. Il volo veniva chiamato Il Padrino. Solo quando scoppiarono le guerre mafiose con centinaia di morti si capì che era necessario intervenire, ma ormai il controllo era totale».

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Il nuovo libro di Giuseppe Bommarito

In questo scenario si trovarono ad operare i carabinieri Mario D’Aleo, Giuseppe Bommarito e Pietro Morici. In particolare D’Aleo era arrivato sull’isola dopo l’uccisione del capitano dei carabinieri di Monreale Emanuele Basile, avvenuta nel 1980.  «Ho deciso di realizzare questo libro soprattutto per onorare la memoria dimenticata del sacrificio di questi tre giovani valorosi uomini – spiega Bommarito – la loro esecuzione non è ricordata nemmeno dagli addetti ai lavori forse perché avvenuta tra due eventi estremamente famosi che hanno catalizzato tutta l’attenzione: quello dell’omicidio del Generale Dalla Chiesa e l’autobomba per colpire il giudice Chinnici, l’ideatore del pool antimafia, che valse il famoso e triste paragona tra Palermo e Beirut».

Macerata-racconta-bommarito-10-650x411Un altro obiettivo del libro è parlare di droga, un tema a cui l’avvocato Giuseppe Bommarito ha ormai dedicato la sua intera vita. «Considero ogni ragazzo morto per droga una vittima indiretta della mafia – spiega Bommarito – dell’avidità di ricchezza e di potere della criminalità che per una pura logica economica non si fa scrupoli ad ammazzare generazioni di giovani, anche del loro stesso territorio. Credo sia una responsabilità che deve essere evidenziata, una piaga sociale che ha distrutto migliaia di vite e di famiglie». Tra il pubblico, oltre ai tanti rappresentanti delle amministrazioni locali, anche volti delle forze dell’ordine, arrivate per ascoltare un dibattito che li coinvolge quotidianamente così da vicino. In particolare Sandro Sborgia, ex sindaco di Camerino e carabiniere che ha prestato servizio proprio nell’insanguinata Monreale e l’ex questore Antonio Pignataro che ha chiesto un minuto di silenzio per ricordare le vittime. 

Il festival continua con i vari appuntamenti del pomeriggio tra cui “La specie storta” di Giorgio Maria Cornelio, Adriano Ercolani e Giuditta Chiaraluce, Marche d’Autore con Jonathan Arpetti e Giuseppe Bommarito e infine Concita de Gregorio ed Erica Mou al Teatro Lauro Rossi con un reading teatrale dedicato alle donne.


(Ascolta la notizia in podcast)

 

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Antonio Pignataro

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Sandro Sborgia

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