Umberto Galimberti (foto di Giulio Contigiani)
di Marco Ribechi
Umberto Galimberti al Teatro Lauro Rossi a Macerata, la serata diventa una baraonda. È iniziato tra proteste, urla e tanta rabbia il tredicesimo e ultimo appuntamento della dodicesima edizione di “Non a voce sola”, la rassegna di poesia, filosofia, musica e arte che nella notte di ieri ha ospitato l’attesissimo filosofo e saggista nel teatro del capoluogo.
La biglietteria presa d’assalto
L’ira dei presenti, esplosa con furia verso le 21,15, orario in cui era previsto l’inizio dello spettacolo poi ritardato di ben 50 minuti, è stata causata dall’ overbooking, con diverse persone munite di regolare prenotazione lasciate però fuori dal teatro per assenza di posti. Addirittura Galimberti, infastidito, ha pensato di annullare l’evento, ma è stato convinto in extremis dalla diplomazia dell’assessore alla cultura Katiuscia Cassetta.
Alle 20,20 circa i primi e più previdenti spettatori hanno iniziato a popolare Piazza della Libertà. E’ apparso subito chiaro che i presenti erano molti di più rispetto ai posti disponibili e dei nominativi non risultavano nelle liste. Alle 21 la coda fuori dal Lauro Rossi è lunga ma ordinata, alcune centinaia di persone sono in attesa composte e pacate, forti di aver prenotato il proprio posto anche con mesi di anticipo. A ridosso dell’inizio dell’evento circola la voce che nella fila ci sono alcuni infiltrati, ovvero gente che spera nei posti vacanti non occupati, questo sarebbe, a prima vista, il motivo di tali rallentamenti.
I presenti iniziano ad accalcarsi secondo “l’italian style”
Ma poi si vocifera che alcuni stanno ritirando biglietti, pur non essendo inseriti né nella lista dei presenti né in lista d’attesa, quindi è chiaro che non ci sarà posto per tutti. Di colpo la fila da ordinata si trasforma nel tipico agglomerato all’italiana in cui tutti spingono da ogni parte, proprio davanti alle porte del Teatro. I ragazzi incaricati di distribuire i pass non sanno che fare, partono proteste da ogni dove, minacce, offese, chi è più lesto prova a intrufolarsi per poi essere bloccato al controllo del green pass. È il caos. C’è chi grida: «Siamo venuti da lontano», altri «io ho prenotato a giugno e la signora no, però l’avete fatta entrare». Il personale del teatro è in difficoltà. Finiscono i biglietti, le porte si chiudono, lo spettacolo inizia con moltissime persone ancora fuori in preda all’ira più nera.
L’assessore Cassetta si scusa con i presenti
Sul palco la sostituta responsabile dell’evento, poiché Oriana Salvucci, la direttrice artistica è assente per malattia, può solo scusarsi. Invita l’assessore Cassetta a salire ma nessuno risponde, è assente. Allora uscendo annuncia Umberto Galimberti, altra assenza. Il filosofo non ne vuole sapere di uscire e chiede di riempire i posti liberi che sono però in realtà quelli che devono restare vuoti in base alla normativa Covid. Parte un applauso, poi un secondo. Nulla, il palco resta vuoto. A questo punto arriva l’assessore Cassetta che prende in mano le redini della situazione: «Mi scuso per il disagio…» dice sconcertata. «Complimenti!» replicano dagli spalti. Cassetta guarda in alto, prende forza: «Come sapete questa serata non è stata organizzata dal Comune – dice con tono sicuro – non è il nostro stile. Purtroppo l’organizzazione ha preso più prenotazioni rispetto ai posti del teatro. Sono stata a parlare con l’ospite fino a poco fa, speriamo decida lo stesso di realizzare questa serata tanto attesa». Svelato l’arcano, Cassetta come un ambasciator che non porta pena era dietro il palco facendo una captatio benevolentiae nei confronti di Galimberti che, alla fine, sale sul palco visibilmente scocciato.
La lunghissima coda fuori dal Lauro Rossi, ancora ordinata
«Mi dispiace per chi è rimasto fuori, uno viene da lontano per assistere a una conferenza e poi non può entrare. Non va bene». Lanciata questa prima e unica stilettata il filosofo inizia un interessantissimo excursus sul significato della felicità, paragonando gli assi portanti della cultura greca con quella cattolica e infine con quella contemporanea dominata dal mercato, dalla tecnica e dalla laicità. Quindi, se nel mondo ellenico il significato dell’esistenza era dominato dall’eudaimonia, cioè il tentativo di realizzare pienamente sé stessi in un tempo ciclico, per i cristiani la felicità coincide con il futuro, con la speranza, con qualcosa che dovrà arrivare alla fine dei tempi. «Il Cristianesimo trasforma il tempo da ciclico ad escatologico, il tempo dei greci è quello della natura, crudele e innocente, mentre quello dei cattolici è il tempo della storia, ovvero denso di significato. Per i cristiani il passato è negativo, il presente è redenzione e il futuro speranza con un’esistenza basata sulla messa in scena del dolore inteso come redenzione. Per i greci invece il dolore andava sopportato e taciuto».
Lo spettacolo inizia (foto di Giulio Contigiani)
In questo duplice panorama culturale che caratterizza l’Occidente si inserisce l’epoca del mercato e della tecnica: «La scienza è un cristianesimo laicizzato perché anche per la scienza il passato è errore, il presente ricerca e il futuro speranza. L’Occidente non esce mai dalla sua cultura cattolica. Oggi la felicità è data dai mercati, dall’acquisto di oggetti inutili con cui combattiamo le nostre depressioni. Acquistiamo per sentirci migliori e a far leva su tutto è il concetto di novità che, per sua stessa natura, una volta acquistata non è più nuova. Ci spinge quindi in un vortice di consumismo inutile e privo di significato». Si passa così dall’essere felice ad avere cose che ci rendono felici in un diabolico mondo dominato dalla tecnica fine a se stessa: «La tecnica è il frutto del più alto livello di razionalità dell’uomo, non ha un fine. E’ essa stessa il fine, esiste perché funziona». A conclusione dell’animata serata Galimberti si concederà ai presenti firmando le copie dei suoi libri. Se il filosofo auspicava tra le righe in una rottura degli schemi sociali, la baraonda iniziale per accaparrarsi dei posti forse è andata proprio in questa direzione.
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Oriana Salvucci
Raggiunta telefonicamente Oriana Salvucci, direttrice artistica di “Non a voce sola” si scusa con il pubblico e con le istituzioni per quanto accaduto. «Io sono in malattia e purtroppo non ho potuto essere presente. Quello che mi preme dire è che da 20 anni organizzo eventi per passione e non c’è mai stato un problema, se non la tanta partecipazione. Ma questo è un elemento che ho sempre considerato molto positivo. E’ bello vedere che in un periodo come questo la presenza di Galimberti per una serata di altissimo livello culturale, ha richiamato così tanta gente. Sarebbe potuto essere un magnifico incontro se non ci fossero stati i problemi connessi alle prenotazioni e all’overbooking di cui ci assumiamo la completa responsabilità»
Il firmacopie (foto di Giulio Contigiani)
(foto di Giulio Contigiani)
(foto di Giulio Contigiani)
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Qualcosa non ha funzionato!
“Che fai stasera?”.
“Vado a uno spettacolo di filosofia, c’è Galimberti”.
“Mai sentito”.
“Ma come, sta sempre sulla 7!”.
“Non lui, questa cosa dello spettaccolo, boh, mi suona male”.
“Ma che c’entra; semmai pensa al vortice del consumismo inutile”.
“Interessante…”.
“O alla Tecnica come fine, che esiste perché funziona”.
“Vabbè. A proposito, serve il green pass?”.
“Certo; e anche il portafoglio: c’è il firmacopie!”.
“E se poi capita l’overbooking? Quello è pure fumantino”.
“Figurati, sarebbe una baraonda”.
“In questi casi ci vuole un’assessora alla diplomazia”.
“Avercela…”.
“Non a voce sola”, ma anche a quella se – come leggo – s’è scatenato il putiferio.
Questa boiata del green-pass che ha rovinato la serata alla fine passerà, insieme a tutti gli autori, Salvini compreso, e ci rimarrà solo l’Iperuranio come Motore Immobile. Purtroppo adesso si è dovuto incazzare perfino un filosofo come Galiberti, che le idee chiare ce le ha, eccome…
Secondo il professore, i no vax mettono a rischio la vita degli altri: «loro possono morire in pace con le loro convinzioni, ma ora è in gioco la vita degli altri che va di mezzo. Neanche il fatto che sono loro ora a morire di Covid, come si fa a persuaderli? Io non sono capace». Comunque farei una proposta: perché non usare come cavie gli ottantenni ” confusi”, contraddetti in continuazione da dichiarazioni scientifiche che negano di cercare di modificare la cellula animale per trasformarla in carburante ecologico e sostenibile e per i quali qualsiasi trasformazione genetica che fastidio potrebbe dare?
Avete voluto la bicicletta e ora dovete pedalare, ma ci saranno salite molto più impegnative di questo ridicolo cavalcavia.
Per rendere l’episodio pienamente manzoniano ci sarebbe voluto qualcosina di più spinto, tipo un assalto al forno delle grucce della cultura.