Luigi Di Maio
Il primo incontro ufficiale tra centrosinistra e Movimento 5 stelle, in vista delle Regionali di primavera, si conclude con tante parole, ma poca sostanza. Nella sede dorica del Pd marchigiano, i consiglieri regionali Gianni Maggi, Romina Pergolesi e Peppe Giorgini (il quarto collega a palazzo Leopardi, Piergiorgio Fabbri si è sfilato perché contrario all’asse giallorosso) si sono presentati con «una mano legata dietro alla schiena, ed una tesa in avanti». Tradotto: loro sarebbero ben disposti ad un’alleanza in chiave anti-destra, ma l’ultima parola spetta poi alla piattaforma Rousseau ed al capo politico Luigi Di Maio (se non arriverà prima un cambio al vertice). L’unico guizzo al tavolo di ieri è arrivato invece dalle civiche – con drappelli da Ancona, Maceratese ed Ascolano – che hanno chiesto un colpo di spugna rispetto all’attuale gestione della Regione, ribadendo la loro contrarietà (già esternata in altri incontri) alla ricandidatura del governatore uscente Luca Ceriscioli, ratificata dalla direzione del Pd.
Benché il segretario regionale dem, Giovanni Gostoli, tenti di rimettere in ordine la road map, ripetendo il leitmotiv del «prima il programma e la coalizione, poi i nomi», il nodo candidato non è secondario, e la cosa è chiara a tutti. Italia viva ed Articolo 1 si uniscono al veto su Ceriscioli, ma sono divisi sull’idea di chi dovrebbe essere il suo successore: l‘ex rettore di Camerino Corradini per la prima, l’ex rettore della Politecnica Longhi, il secondo. La discesa in campo di quest’ultimo è stata accolta anche dal plauso di parte del M5s, mentre alcuni dem l’hanno salutata freddamente, e nel tavolo di ieri, insieme ai Verdi e + Europa, hanno osservato: «Non si discute sulla persona, stimata e di chiara fama, ma perché uscire così, con un’autocandidatura, quando il suo nome poteva essere portato da chi lo sostiene al tavolo di oggi (ieri, ndr)?». Gli scenari che si pongono di fronte al centrosinistra ora sono due: se va in porto la coalizione con i pentastellati, si apre quella che Gostoli chiama la «fase nuova», rimettendo in discussione anche il candidato. E lo stesso Ceriscioli sarebbe pronto a fare un passo indietro per non ostacolare l’alleanza. A questo punto, il nome di Longhi, civico e non di partito, sarebbe spendibile. Ma se da Roma e dalla piattaforma Rousseau dovesse arrivare un veto in questo senso, allora ognuno per sé, e nel campo del centrosinistra il ragionamento sarebbe più complesso. Considerando che diverse anime non sosterrebbero il Ceriscioli bis, ognuno si presenterebbe con il proprio candidato, rischiando la scissione dell’atomo, oppure proponendo le Primarie, benché ormai tardive ed altamente divisive. E se così fosse, sarebbe difficile calare quello che una frangia dei dem – ed anche gran parte di Italia Viva – considera l’asso nella manica, ovvero la sindaca di Ancona Valeria Mancinelli, sempre pronta a ribadire di non essere disposta a scendere in campo contro il governatore uscente.
(redazione CM)
Ancora Russeau? Siete ridicoli
Mettete per essere creduti, chi sono i GRILLINI cioè chi ha rappresentato il M5S.
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Avete presente il rumore delle sveglie di una volta?
tic tac tic tac tic tac
l’ora si avvicina…
Tra poco vi eliminate a vicenda, fate alla “roulette russa.
Adesso dimaio non dice più che lui è il primo partito in Italia mentre salvini è solo al 14? Che succede giggino, è finita la pacchia?
ormaim è finita. sono destinati a soccombere tutti: è solo questione di tempo. La loro storia politica è finita.