Il sisma visto dai terremotati:
«Gli over 45 i più colpiti economicamente,
risposta delle istituzioni inadeguata»

TRE ANNI DOPO - I risultati di una ricerca effettuata da Terre in Moto e T3, 1.136 persone intervistate che vivevano o vivono nel cratere. I più in crisi sono i commercianti, i piccoli imprenditori e i titolari di partite Iva

- caricamento letture

 

zona-rossa-castelsantangelo-vallinfante-sisma

Una delle zone rosse del comune di Castelsantangelo

 

Per quasi la metà degli intervistati, il sisma ha peggiorato le proprie condizioni economiche. E oltre il 90% considera più o meno inadeguata la risposta delle istituzioni. Stesso dato, negativo, sul coinvolgimento dei cittadini nella ricostruzione. E’ il quadro che emerge oggi tra le popolazioni terremotate. Cosa succede nelle Marche a tre anni dalle terribili scosse del 26 e 30 ottobre 2016? Quali processi sta conoscendo quello che viene definito cratere? Quali le opinioni dei suoi abitanti sulla (non) ricostruzione, i progetti di “sviluppo” e le proprie condizioni economiche? A queste e altre domande ha cercato di dare una risposta il gruppo di ricerca composto da Terre in Moto Marche e T3. Nei mesi scorsi è stato sottoposto un questionario ad campione di 1.136 persone che abitano (o abitavano prima del 2016) in uno dei comuni del cratere marchigiano. 

sisma-macerie-1-650x433LA SITUAZIONE ECONOMICA – «I dati dell’indagine – spiega il gruppo di ricerca – risultano preziosi al fine di descrivere quali siano state le conseguenze degli eventi sismici, non disgiungibili dalle scelte che hanno caratterizzato il modello di gestione del post-sisma, sulla situazione economica degli abitanti dei territori interessati». Il 16,2% del campione denuncia un netto peggioramento nella condizione economica della propria famiglia, a cui va aggiunto un ulteriore 25% che descrive un leggero peggioramento: sommati, si arriva alla stima di un impatto negativo, sul piano economico, per il 41,2% del campione. Le fasce di età più colpite, in questo senso, sono quelle adulte seguite da quelle più mature: è la maggioranza tra i 45-54enni a denunciare un peggioramento (53,3%), ma il dato rimane alto anche tra i 55-64enni (49,6%) e gli ultra-sessantacinquenni (47,1%), a fronte di un impatto più contenuto tra le fasce più giovani. Maggiormente penalizzate, inoltre, sono le persone che vivono da sole (51,3%), mentre chi fa parte di nuclei familiari con più di 2 persone si colloca in una fascia intermedia, e le famiglie formate da due componenti emergono come quelle relativamente meno colpite (36,9%). «Sul fronte dell’impatto economico – continuano Terre in Moto e T3 –  il sisma sembra rappresentare, in accordo con la letteratura sul tema, un fattore di amplificazione di fratture e diseguaglianze preesistenti all’interno del tessuto sociale. Infatti, il titolo di studio, indicatore collegato anche ad altre variabili come il reddito, il prestigio professionale e lo status sociale, appare correlato in maniera significativa con la probabilità di denunciare un peggioramento della situazione economica familiare». Questa probabilità passa infatti dal 34,8% tra chi ha una laurea (o titolo post-laurea) al 51% all’interno delle fasce meno scolarizzate (cioè tra coloro che non hanno conseguito un diploma di maturità). Nello stesso senso, si può evidenziare come abbia risentito negativamente, in termini economici, degli eventi sismici il 68,3% tra chi colloca il proprio nucleo familiare, in quanto a condizione economica, nella posizione bassa, a fronte del 44,3% tra chi ritiene di appartenere alla fascia medio-bassa e solo al 32% tra chi situa la propria famiglia in fascia alta o medio-alta.

sisma-ussita-san-placido

Una casa completamente distrutta a San Placido, frazione di Ussita (settembre 2018)

LE PROFESSIONI PIU’ COLPITE – «Decisamente interessante – si legge ancora nella ricerca – è inoltre la possibilità di verificare quali profili professionali abbiano subito un impatto peggiore dal punto di vista delle risorse economiche». Tra questi, il primo posto va ai proprietari di piccole imprese e di esercizi commerciali, insieme ai titolari di partite Iva (63,5%, ma è da evidenziare il fatto che si tratti, per il 39% di questa categoria, di un netto peggioramento), seguiti da chi risulta attualmente disoccupato (55,4%) e dai blue-collar workers (operai, commessi, camerieri: 49,5%). Le categorie meno toccate risultano invece gli impiegati, operai qualificati e militari (29,5%) e gli studenti (27,7%). Infine, l’analisi del dato in base al settore dell’attività economica dice che i lavoratori che maggiormente hanno risentito del sisma e delle sue conseguenze su un piano economico sono quelli occupati nel settore primario (agricoltura e allevamento: 72%), seguiti da quanti operano nei comparti del commercio e delle attività ricettive (57,6%), dell’edilizia (44,7%) e dell’industria manifatturiera (44,5%). Relativamente meno danneggiati, all’inverso, gli occupati nei settori della metalmeccanica (24%), dell’informatica (25%) e all’interno delle pubbliche amministrazioni e forze armate (28,6%).  «L’impatto del sisma – continua la ricerca – non si ferma tuttavia al piano degli spostamenti della popolazione sui territori, alla questione abitativa e all’impatto sul tessuto economico e occupazionale dell’area. Coinvolge invece altre dimensioni di primaria importanza, come quella della salute e del benessere psicologico. E interessa l’insieme dei cambiamenti nella quotidianità delle persone, mutamenti che se da una parte riguardano la disponibilità e la possibilità di accesso a servizi fondamentali (i servizi sanitari ed educativi, le poste, gli esercizi commerciali), dall’altra investono invece l’accesso a luoghi di aggregazione, all’offerta culturale e quindi, in senso più ampio, la possibilità di allacciare e mantenere relazioni significative all’interno della comunità. Si tratta di dimensioni che sono state considerate nell’indagine quantitativa di cui abbiamo qui esposto alcuni primi risultati, e che con maggiore accuratezza e profondità di sguardo sono state analizzate attraverso metodi qualitativi come interviste e focus group, la cui analisi sarà ripresa in maniera più sistematica in future pubblicazioni».

sciapichetti-macerie

L’assessore regionale alla Protezione civile, Angelo Sciapichetti, durante una visita al Cosmari dove vengono smaltite le macerie del sisma

RICOSTRUZIONE – «I disagi della quotidianità nei territori teatro degli eventi sismici, legati anche alle scelte che connotano la ricostruzione – sottolineano Terre in Moto e T3 – si riflettono in diffusi sentimenti di malcontento che difficilmente potranno risultare ininfluenti sui sentimenti di fiducia da parte delle popolazioni locali nei confronti delle istituzioni politiche». Il 65,5% del campione dissente nettamente con la proposizione secondo cui “le istituzioni stanno facendo tutto il possibile per rispondere ai disagi della popolazione”, a cui si aggiunge un altro quarto (25,4%) che continua a dissentire, sebbene in maniera più temperata. I fondi per la ricostruzione sono stati finora gestiti adeguatamente dalle istituzioni preposte? “Decisamente no” è ancora la risposta di una larga maggioranza del campione (69%), che anche in questo caso supera il 90% se consideriamo anche quanti hanno risposto “più no che sì”. Ancora più critiche, se possibile, le opinioni relative al grado di coinvolgimento delle popolazioni locali nelle scelte relative alla ricostruzione ma anche alle prospettive future dei territori: in questo caso è il 72% a ritenere che decisamente il coinvolgimento non è stato adeguato (e arriviamo al 92% se consideriamo anche i “critici moderati”). «Eppure – spiegano i ricercatori – la letteratura sociologica e quella antropologica insegnano come una variabile determinante, al fine di conseguire risultati apprezzabili nella ricostruzione dei territori colpiti da catastrofi naturali, sia proprio il ricorso a modelli di gestione che prevedano dispositivi e processi decisionali partecipati, tali da prevedere e rendere effettivamente praticabile un effettivo coinvolgimento delle popolazioni e degli attori sociali che si mobilitano nella fase post-sisma sia nelle scelte relative all’emergenza delle prime fasi, sia in quelle, di medio-lungo periodo, che prefigurano le direzioni di sviluppo e rilancio dei territori nel futuro. Lo scarso coinvolgimento della popolazione pare dunque emergere, anche negli orientamenti del campione, come uno dei principali nervi scoperti nel modello di gestione del post-sisma adottato in questi territori. Non stupisce dunque che la preferenza per modelli di gestione del post-sisma top-down, che calano dall’alto sulla popolazione e sui territori, si accompagni a (e probabilmente si rifletta in) un diffuso scetticismo verso le proposte che dovrebbero configurare nuove opportunità di rilancio dei territori. Il campione coinvolto dall’indagine emerge, in una sua ampia maggioranza (60%) – conclude la ricerca –  attento ed esigente circa i requisiti di sostenibilità ambientale dei progetti volti a restituire prospettive future a questi luoghi, e al tempo stesso preoccupato circa il rischio che possano invece essere implementati progetti che rispondono più ad interessi parziali, ed estranei al territorio, senza reale condivisione e lungimiranza rispetto alle necessità dei territori stessi e dei loro abitanti».

Articoli correlati



© RIPRODUZIONE RISERVATA

Torna alla home page

Quotidiano Online Cronache Maceratesi - P.I. 01760000438 - Registrazione al Tribunale di Macerata n. 575
Direttore Responsabile: Gianluca Ginella. Direttore editoriale: Matteo Zallocco
Responsabilità dei contenuti - Tutto il materiale è coperto da Licenza Creative Commons

Cambia impostazioni privacy

X