Dal nostro inviato
Maurizio Verdenelli
A Muccia, una mattina piena di sole, i Sibillini innevati a far corona al paese di Muzio Scevola, le notizie arrivano in tempo reale. “A Camerino, Tajani ha detto che l’Europa potrà dare al Centro Italia due miliardi di euro, al massimo. E che ci facciamo? Qui ci potremmo ricostruire neppure dieci case mentre da rifare ex novo c’è il 95% del patrimonio edilizio” dice il sindaco Mario Baroni mentre ci accompagna nella zona rossa della cittadina-martire del terremoto umbro-marchigiano del ’97: fu quella ad avere più danni in assoluto nel Maceratese. Un ‘villaggio’ deserto, cornicioni, comignoli, pietre (che furono) angolari a terra: nel centro storico c’è un’unica abitazione ancora agibile, in via dell’Arco, 9. E basta. Inagibili Comune e Casa di Riposo, ‘nuovi di zecca’. Sbarrate le case di muccesi famosi. “Questa è di Orietta Varnelli” e Baroni indica un’antica ed elegante palazzina – accanto ad un’altra dove da un anno campeggia inutilmente la scritta ‘vendesi’.
Di fronte c’è il bel teatro ‘Marenco’: chiuso pure questo dopo il restauro post sisma del ’97. Più avanti ancora le case dei due rami della famiglia Menchi, concessionari a Macerata e provincia dei marchi Fiat, Lancia e Mitsubishi. “L’avevo restaurata perfettamente. Fino al 26 ottobre non aveva subito alcun danno, ora invece… forse potrò ritornarci prima di morire” dice rassegnato il sessantenne Corrado Menchi, già presidente della Maceratese Calcio. Non solo i Menchi e i Varnelli, Muccia vanta tra i cittadini più illustri con radici locali: ci sono ad esempio anche le famiglie Baroni e Cioli. Canzio, scrittore ed Aimone, già direttore generale della Cassa di Risparmio. Laura Cioli, la figlia, è stata fino all’agosto scorso amministratore delegato di Rcs. Si deve a lei se per la prima volta dal 2012 i conti della società che stampa Corsera e Gazzetta della Sport sono tornati in attivo. Per lei una superliquidazione da Urbano Cairo, che nell’assumere la guida di Rcs ha voluto riservare a sé le cariche di presidente e ad.
Per Muccia, il 26 ottobre (ore 21,45) è stato il giorno più nero. Un D-day terribile. “Neppure la scossa della domenica successiva ci ha provocato poi danni maggiori: il paese è stato come ‘afferrato’ da una gigantesca mano d’acciaio che l’ha agitato come in uno shaker, sotto e sopra. Neppure i residenti più anziani ricordano un’esperienza simile” racconta Stefano Antonelli, consigliere comunale e braccio destro del sindaco. “Una serata infernale che poteva segnare una strage degli innocenti solo se il terremoto fosse stato la mattina o nel pomeriggio” rivela Baroni. Un ‘massacro’ che avrebbe colto i bambini della scuola d’infanzia. La struttura ad un piano in acciaio e cemento ha retto: a crollare all’interno dell’edificio direttamente sui banchi sono stati gli ampi finestroni non retti dai tramezzi afflosciatisi come carta velina. “La scuola si può restaurare bene una volta fatte le adeguate tamponature” ha detto l’ingegner Cesare Spuri, direttore dell’Ufficio regionale per la Ricostruzione, dopo il sopralluogo.
Inagibile il santuario di Col di Venti dove c’è un’immagine miracolosa di una Madonna con Bambino che una tempesta nel 1529 bloccò sul crinale a 750 metri sopra Muccia: pare che fosse di due giovani tedeschi, pellegrini a Roma. Intorno a quel quadro nacque il culto e nel 1894 la chiesa. “Dobbiamo però a San Francesco se siamo salvi” dice don Gianni Fabrizi. Lui è un esperto di terremoti: volontario in Friuli (’76), in Irpinia (’80), fu nominato parroco alla vigilia del ’97. ‘La sera del 26 ottobre, dopo la prima scossa, ho compreso che era l’inizio del peggio: dal paese mi sono rifugiato qui all’eremo del Beato Rizziero, un grande amico del Santo d’Assisi”.
Ed ha avuto ragione: la splendida struttura, completamente rinnovata, a 730 metri d’altezza, superato Fonte del Colle (la zona meno colpita dal sisma) ha tenuto bene. Una sola perdita, ma dolorosa: il crollo della grande croce d’alluminio -che dominava l’intera valle- a causa delle scosse del 18 gennaio scorso. Nell’eremo da fine ottobre sono alloggiate 50 famiglie, lo zoccolo duro della popolazione muccese rimasta in zona (circa 300 persone su 900). C’è una convenzione con la Regione che fissa una ‘retta’ giornaliera di 46 euro a persona. “Ma ancora non si è visto un euro da Ancona” si lamenta don Gianni.
Al terzo piano c’è Giacomo Antonelli, 90 anni. Lucidissimo e dubbioso circa la futura ricostruzione post sisma. ‘Come andò, secondo lei, vent’anni fa rispetto ad ora?’ “Molto meglio, di sicuro! Mi fa paura soprattutto la rassegnazione della gente, sembra che voglia più reagire come accadde nel ’97. Ci si aspetta troppo dallo Stato che invece si vede solo a tratti” risponde senza incertezze il signor Giacomo. Il quale, ogni giorno si deve fare tre piani di scale: il bellissimo ascensore infatti è stato da don Gianni bloccato ‘per ragioni di sicurezza’. E non ha tutti i torti, perché all’ora del rancio, verso le ore 13, la terra trema due volte. Epicentro: Muccia. “Avete sentito che botte” dice allarmato, il sacerdote.
Nella tensostruttura appena fuori il paese al di là della statale, il rancio è servito mattina e sera a 150 persone ogni volta, dal 4 novembre, dai carabinieri del battaglione ‘Bari. Gruppi di 7/8 militari ogni settimana, un ufficiale ogni 15: in questi giorni c’è il tenente Alfredo Carugno. C’è il ‘carro Shelter’, attrezzatissimo per la cucina da campo che sforna un cibo ottimo, il menù della giornata festiva prevede anche le pregiate mozzarelle di Battipaglia, chiarisce con orgoglio un carabiniere del Sud. Non solo di pane vive l’uomo, così i militari si prestano anche ad un’assistenza psico-socio-pedagogica: il battaglione Bari ormai fa parte della popolazione stessa. E domenica mattina c’è posto anche per altri amici speciali: i ‘rangers’ della valle del Liri. Da Sora ecco la Protezione Civile di Castelliri, circa 290 km da Muccia. A guidarli Giancarlo Lorini. Rivela il consigliere comunale, Sergio Bentivoglio: “Quando sono venuti da noi, a fine ottobre, mancava anche la possibilità di riposare la notte. Così gli abbiamo chiesto una roulotte. Detto, fatto. Ritornati a Catelliri, Giancarlo e gli altri si sono procurati la roulotte, l’hanno caricato su un carrello e la mattina dopo mentre s’apprestavano a portarla da noi, il carico è stato sequestrato, perché la roulotte ferma da tempo non aveva l’assicurazione (non doveva in effetti viaggiare, ma solo essere trasportata ndr). Multa da 1.500 euro. Ed ora che è stata finalmente dissequestrata eccoli di nuovo tra noi per garantire la promessa fatta!”. Una storia deamicisiana eppure così ordinaria negli eroismi quotidiani post terremoto’ che fa già pendant con quella, contemporanea, del camion di aiuti multato in marcia verso Amatrice (4mila euro perché superava i 35 quintali di carico)! Racconti che paiono tratti di peso dall’antica burocrazia ‘zarista’ e che ebbe già vent’anni fa precedenti nelle multe a raffica da parte delle autovelox disseminate in superstrada (ancora con limiti a 90!) alle auto dell’ing. Spuri e di tutti gli altri suoi collaboratori impegnati nella ricostruzione.
E a proposito di superstrada: “E’ stata molto utile, ma dalla società Quadrilatero ci aspettavamo più vicinanza a cominciare dalle opere di compensazione” dichiara Stefano Antonelli. “La ricostruzione? La vogliamo cominciare da qui, dalla piazza fino a qualche mese fa piena di vita, dove s’affacciava un ristorante famoso in provincia, così come l’ex Motelagip, voluto da Enrico Mattei. Bisogna cominciare a ridurre le zone rosse che alla lunga si rivelano ‘gabbie’ per le nostre comunità che vogliono tornare” dice Baroni. “Bisogna dar loro un motivo di speranza, altrimenti è finita. Lo vede questo deserto? Eppure è domenica, eppure c’è il sole, si potrebbe star fuori, passeggiare: eppure chi è rimasto preferisce stare chiuso negli alloggi ‘di fortuna’ ed uscire solo per mangiare. Il terremoto ha ferito tutti ‘dentro’”. Sulla bella palazzina liberty, fuori dal paese, verso la montagna, c’è il motto latino: “Nulla dies sine linea”. Nessuno dimentica la ‘linea’ del 26 ottobre, ma il paese di Muzio Scevola vorrebbe tornare ad offrire l’altro braccio per la ricostruzione, dopo il modello ’97. “Pensavamo a fare di quel bell’edificio dalle arcate di gusto veneziano, il nostro nuovo Comune, invece…” sospira il consigliere Antonelli “ma non ci arrendiamo: amiamo troppo questa valle e queste montagne piene di storia e di lotta partigiana che salvarono un giorno un uomo che si chiamava Sandro Pertini”.
Stefano Antonelli
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È chiaro che per intervenire efficacemente su questo territorio l’Unione Europea dovrebbe dotarsi d’un fondo strutturale per la tutela dei vip.
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