Affidato l’incarico per accertare l’autenticità del manoscritto dell’Infinito di Leopardi. Una perizia grafologica dovrà chiarire se il documento sia o meno autentico. Intanto, uno dei due indagati, per l’accusa di aver detenuto al fine di farne commercio un manoscritto risultato essere un calco o un perfetto fac simile, Luca Pernici, direttore degli istituti culturali di Cingoli, ha voluto chiarire la sua posizione in merito alla vicenda. Spiegando che lui è uno studioso e quando ha trovato il manoscritto, in mezzo ad una serie di documenti che erano all’interno di un archivio, a quel punto “io ho fatto tutti i passi che uno studioso deve fare – dice Pernici –. Cioè sono andato a farlo esaminare a degli esperti. Ad esempio ho fatto fare una perizia sulla carta su cui era scritto l’Infinito al presidente del centro studi sulla carta di Fabriano e ha riconosciuto la filigrana, la cartiera dove era stata prodotta e ha detto che era compatibile. Anche l’ufficio per i Beni librari del ministero della Cultura ha riconosciuto che era autentico. Però la procura ha dato retta ad una funzionaria dei Beni culturali del Lazio che ha esaminato il manoscritto solo per pochi minuti. E secondo lei è troppo simile alla copia di Napoli”. Poi aggiunge che “sono rimasto allibito, ma sono comunque tranquillo. Sono convinto di aver agito come ho sempre fatto nel mio lavoro di studioso”. Pernici è assistito dall’avvocato Giancarlo Nascimbeni. L’altro indagato è il proprietario del manoscritto, Luciano Innocenzi. L’Infinito di Leopardi, prima nella nascita del procedimento giudiziario, doveva essere battuto all’asta: la base era di 120mila euro.
(Gian. Gin.)
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