di Giancarlo Liuti
Sono appena tornato da una viaggio nella Germania del Nord, in riva al Mar Baltico, dove fra le “Città anseatiche” – Amburgo, Brema, Lubecca – ce n’è una che si chiama Wismar e per il solo fatto di avere circa quarantamila abitanti mi ha fatto balenare l’idea forse balzana di confrontarla, dentro di me, con Macerata, le cui dimensioni demografiche e territoriali sono analoghe. Storie diversissime, certo. Da quattro secoli, lassù, sono protestanti, mentre noi, quaggiù, siamo tutti più o meno cattolici e sul municipio di Wismar c’è uno stemma con un’antica nave che impavida solca le onde mentre sul nostro spicca l’immagine misericordiosa della Vergine Maria. Ora Wismar appartiene alla Germania unita, ma in un lontano passato subì invasioni svedesi e danesi, e nella seconda guerra mondiale fu dapprima semidistrutta dai bombardamenti inglesi e poi, occupata dall’Armata Rossa, rimase inglobata per oltre quarant’anni nella filosovietica Germania Est. Noi no, ci proteggeva il Papato. Ulteriori e significative differenze stanno nell’aguzza severità delle chiese gotiche, cui si contrappongono, da noi, le indulgenti rotondità delle chiese barocche, il che, forse, la dice lunga anche sull’atavica indole delle persone. E, non ultimo, il clima. Quest’ampia fascia litoranea a poche leghe dalle coste di Svezia, infatti, non è amata dal sole, che vi compare di rado, sbucando a fatica da una persistente coltre di nubi grigiastre da cui un minuto sì e uno no cadono piogge leggere ma fredde, e quando capita che salti fuori un pomeriggio di sole la gente si precipita a goderselo sdraiandosi seminuda nei prati come per un rito pagano di ringraziamento. Tanti gabbiani, a Wismar. E, da noi, tanti piccioni. Tutto questo, però, me l’aspettavo, avendolo già appreso dalle guide, prima di partire. E allora?
Allora il confronto – consentito, ripeto, dalle dimensioni – si sposta sul sentimento comunitario e sullo stile di vita dei quarantamila wismaresi rispetto ai quarantamila maceratesi. E si basa non già su quelle differenze, che pure hanno il loro peso, ma su alcuni aspetti che potrebbero o dovrebbero essere simili e invece non lo sono. Il primo aspetto riguarda il criterio estetico con cui negli ultimi decenni sono state costruite – e continuano a costruirsi – le case, che a Wismar, pur adeguandosi alle esigenze della contemporaneità, tengono viva, nelle strutture e nelle facciate, un’idea di equilibrio, di armonia e, se posso dirlo, di bellezza. Quella bellezza urbana che a Macerata, dal dopoguerra a oggi, si è purtroppo smarrita per il prevalere, sempre e comunque, di esigenze e interessi materiali sui valori, immateriali ma importanti, della tradizione, dell’identità e, insisto, della bellezza. E qui c’entrano i piani regolatori, c’entra l’ornato pubblico, c’entra insomma la politica. Un punto, questo, sul quale Wismar ci dà una lezione.
Un secondo aspetto riguarda l’imminenza, una settimana fa, delle elezioni federali tedesche, un evento di grande portata per la Germania e per l’Europa. Ebbene, notando a Wismar solo qualche piccolo manifesto, qua e là, coi volti di Angela Merkel e dello sfidante Peter Steinbruck , il pensiero mi è corso alle chiassose campagne elettorali italiane, e in particolare a quella, tre anni fa, per il nostro sindaco: caroselli, altoparlanti, comizi, slogan dovunque, pure nelle vetrine di fruttivendoli e droghieri. Terzo aspetto: la cura e la pulizia delle strade e delle facciate, niente scritte sui muri, a Wismar, neanche nei sobborghi. E il traffico? Di auto ce ne sono molte, a Wismar, pressappoco come a Macerata. Ma il centro è rigorosamente pedonalizzato e nelle vie esterne ne circolano poche, di auto, perché la gente preferisce usare i mezzi pubblici e gli autobus urbani sono pieni. E i supermercati? Ho girato a lungo, anche in periferia, e non ne ho visti più di due, mentre a Macerata, ormai, ho perso il conto, e stanno per aprirsene di nuovi. I quarantamila wismaresi non comprano, non mangiano, non si vestono? Chissà. Tante domande, diceva Brecht, tante risposte. Loro sono tedeschi, certo, e noi siamo italiani, il che non mi dispiace. Ma quel senso di legalità, ordine, nitore, misura e compattezza civile gliel’ho invidiato, e mi sono chiesto per quale misteriosa ragione non dovremmo avercelo, magari solo un tantino, pure noi.
Poi sono stato a Berlino e il discorso, qui, diventa più serio. A prescindere dalla straordinaria e verticale bellezza dei monumenti e degli edifici che soprattutto nella parte orientale della città i migliori architetti del mondo sono riusciti a realizzare – basta questo, credetemi, a motivare un viaggio –mi ha impressionato l’intransigente forza morale con cui il popolo tedesco si è affrancato dal pesante complesso di colpa – i popoli non sono mai innocenti, il consenso di cui godeva Hitler era vastissimo – che gli veniva dall’Olocausto. Il Memoriale ebraico, il Museo ebraico, le grandi ombre scavate nella roccia del Binario 17, da dove partivano i carri bestiame carichi di esseri umani, il Monumento alle donne ebree uccise nei lager, manifestazioni, spettacoli. E qualcosa di più intimo e di più – ma silenziosamente – diffuso: i quadratini in ottone apposti sui marciapiedi di qualsiasi strada con su scritto il nome, la data di nascita e l’infernale luogo di morte di chi abitava nella casa di fronte. Di queste piccole lapidi individuali e quasi private ce ne sono migliaia, a Berlino, ed esprimono un sentimento forse meno ufficiale ma che commuove più di un museo.
Mi si consenta allora una riflessione. Pur non macchiandosi direttamente di quell’abominio, il fascismo anticipò il nazismo nell’elaborazione e nella pratica di un’ideologia razzista che dal 1938 condusse all’espulsione degli ebrei dalle scuole statali e dagli enti pubblici. Vi furono una trentina di campi – uno a Sforzacosta – per internarvi anche ebrei. Senza forni, senza docce avvelenate. Ma pure quello era un imperdonabile delitto contro l’umanità. Infine, nel 1943, nazisti e fascisti collaborarono nelle deportazioni, che solo a Roma colpirono ben 1.023 ebrei , e li avviarono ad Auschwitz, e se ne salvarono solo 16. Nella sua enormità di male assoluto, l’Olocausto – ripeto – fu tedesco, non italiano. Ma quel complesso di colpa dovremmo avercelo, in parte, anche noi. Come popolo, dico, per l’esteso consenso di cui godette la dittatura mussoliniana fin quasi al suo tragico epilogo. Ma tutto si dimentica, da noi. E tutto si perdona. E tutto, in vesti ambigue e ogni volta diverse, ritorna. Nei marciapiedi delle nostre vie, davanti ai portoni delle case, non vedo quelle minuscole lapidi di ottone che gridano tragedie individuali e al tempo stesso universali. Vedo invece strade intitolate ad Almirante, statue in memoria di Graziani, il sacrario di Mussolini a Predappio, vedo partiti assai reticenti nella condanna in toto del fascismo entrare a pieno titolo in decisive coalizioni politiche, vedo loro esponenti divenire sindaci di grandi città e perfino membri di governi nazionali. Da quel complesso di colpa, insomma, non abbiamo ancora avuto il coraggio, proprio come popolo, di affrancarci in modo radicale e definitivo. Ma già, viva l’Italia! E viva il suo eterno e pavido “chi ha avuto, ha avuto, ha avuto, chi ha dato, ha dato, ha dato, scurdàmmoce o’ passato”. E “volemose bene”.
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@ Dr. Liuti , anche io conosco la vita della Germania e mi sono fatta la ragione del loro vivere, nel pro e nel contro. Il loro senso di vita civile è in un’altra dimensione rispetto al nostro perchè viene loro inculcato fin da adolescenti (per non dire da appena nati), ma spesso mancano di quella ilarità e goliardia che è tipica dei paesi latini; non per niente, lei provi quando è in Italia a guardare il loro comportamento durante le ferie all’estero, in cui si lasciano ad atteggiamenti spropositati tipici di persone represse. Ecco che allora in entrambi i Paesi non ci sono i giusti equilibri e le giuste misure.
Per il resto, sarebbe opportuno che facesse delle serie riflessioni sui giudizi, dopo aver intrapreso delle più approfondite conoscenze in materia. Anzi, se avesse desiderio e tempo, la invito a leggere la mia pubblicazione che verterà proprio su questo tema. Lei encomia la Germania per il riconscimento delle proprie colpe della guerra e dell’olocausto, cosa che non riscontra in Italia. Le vorrei ricordare che i tedeschi hanno DOVUTO riconscere tale situazione (parli con i tedeschi di generazioni e veda cosa pensano al riguardo); e le ricordo che in Italia esiste il reato di apologia al fascismo; non è questo un riconoscimento di peccato? Però nessuno parla di 50 milioni di morti politiche, razziali, sessuali, che il comunismo ha fatto in un secolo di storia. La storia è VERA se si continua a scavare la verità, non prendendo ad esempio solo quello che si è scritto nei primi quarant’anni di storia dove, chiaramente, chi scrive sono i vincitori e non certo i vinti. Guardi quante realtà, prima le Foibe istriane, stanno venendo fuori negli ultimi 25 anni. Si è mai chiesto perchè in tanti anni nessuno si sia mai preso la briga di istituire UNA SOLA giornata in ricordo di tutti i morti per fatti di violenza? Io ci ho provato, ma mi è stato consigliato di lasciar perdere. Si tocca la sensibilità delle persone. Cavolate, perchè così non si finirà mai di creare nei giovani delle diversità di vedute, ed anche questo per me si definisce razzismo. Siete, siamo, tutte persone che predicano bene e razzolano male.
Un ultimo punto. Fascismo predecessore del nazismo. Il nazismo è stata una brutta copia del fascismo, dopotutto si sa che Hitler è stato un estimatore del duce dei primi anni. il razzismo in Italia è stato concepito con il nazionalismo, difatti agli inizi venne istituito per non far progredire le unioni tra i soldati italiani in Africa e le donne del posto e quindi vietare la procreazione di meticci; in Germania è stata invece l’eliminazione delle persone non di razza ariana. gli ebrei agli inizi erano fascisti, ha<nno partecipato alla presa del governo nel 1922, erano integrati nella vita civile in quanto italiani e non ebrei. Poi il 1938 e Mussolini, come Berlusconi, ha perso il senno mettendosi in coda ad un pazzo furioso che aveva solo in testa di conquistare l’Europa. Da lì, caro Liuti, non è stato più il fascismo dei primi anni, quello di cui ancora oggi ne avevamo delle tstimonianze. IMI, IRI, riforma scolastica, città nel pontino, tutte cose che sono esistite fino ai nostri giorni. Fascismo è una termine che dà fastidio a moltissimi, però nessuno vuol mai dire la verità perchè fa paura. In ultimo ricordo quanto disse Rauti negli anni Settanta, che l’MSI si fondava su delle idee nazionalsocialiste, non mi sembra abbia detto fasciste, proprio perchè dire fascismo non vuol dire soltanto ciò che è successo dopo il 1938, periodo deprecabilissimo ma non certo svilente rispetto a quelle tante persone che hanno dato la vita per un Paese che era entrato in guerra, distinguendosi eroicamente e patriotticamente.
Per la Storia vale quello che diceva Clausewitz dei suoi scritti: ” se pensate che questo sia un manuale su come vincere le guerre e di trovare qui tutte le risposte, avete sbagliato tutto e andrete incontro alla catstrofe”.
Mussolini deve fare un’offerta a tre classi sociali, in un mondo ove le offerte ideologiche sono:
1)Giolittismo. Liberismo , sangue sudore e lacrime per tutti.
2)Sinistra: lotta di classe e rivoluzione.
3)Fascismo: societa’ pacificata che rema tutta dalla stessa parte e risolve i problemi con un sacrificio minimo e pacifico.
Bismarck non deve mai offire una societa’ pacificata, perche’ ha cancellato i socialisti con una legge.
Il fascismo si caratterizza per il fatto di contrapporre una societa’ pacificata all’idea di lotta di classe. L’alternativa e’ tra corporarsi o avere una rivoluzione.
L’Idea di Mussolini e’ di togliere le masse ai socialisti col welfare e poi manganellare i capi.
Bismarck ha semplicemente manganellato tutti i socialisti, e poi ha creato il welfare per impedire che i lavoratori fuggissero dal paese.
Trovo che il viaggio in Germania abbia molto giovato al Liuti, per altri invece ci vorrebbe forse un viaggio a Lourdes.
L’Italia e gli italiani sono “morti”, progressivamente ma inesorabilmente, da tanti anni… un declino inesorabile a livello morale, politico, professionale diffuso in modo imbarazzante a qualsiasi livello sociale, ha fatto si che il nostro paese peggiorasse progressivamente la propria posizione. Personalmente ritengo che i principali colpevoli siano le classi politiche del centrodestra di questi ultimi 20 anni e chi era al governo durante la prima repubblica (quindi Dc e Psi). Ma poi non dimentico che l’evasione fiscale è il principale “sport” nazionale italiano e quindi questo significa che i colpevoli siamo un po’ tutti, anche se con modalità diverse. E questo è possibile solo se non si hanno valori morali se non il perseguimento dei propri interessi, fatto con qualsiasi mezzo, anche illecito. Credo tranquillamente che non ci sia speranza per recuperare, se non, forse, tra decenni, e, chi può, fa meglio ad andare in un altro stato a cercare fortuna. In questo contesto nazionale, Macerata ovviamente non si distingue: le incapacità di chi ha amministrato ed amministra la città l’hanno resa, col tempo, una città morta ed un dormitorio per immigrati e studenti universitari.
MMMMmmmmmm….
Questa rilettura, in chiave buonista, del fascismo (prima il fascismo buono che ha fatto tante cose belle, dopo un fascismo cattivo al guinzaglio di Hitler) che, negli ultimi anni, si sta cercando di far passare cozza terribilmente con un minimo di curiosità storica.
Le imprese fasciste (IRI, scuola, bonifiche) che si sta cercando di contrabbandare come “innovazioni” italiche vengono sempre lodate eesaltate come conquiste italiane, senza mai raffrontare quello che accadeva in Italia con quello che stava accadendo, nello stesso periodo, in altri Paesi non dittatoriali (Francia, Inghilterra, Usa)
Perchè appena si esce fuori dalla porta della casa fascista ci si accorge che, nei medesimi anni (se non addirittura prima!!), anche altrove venivano alla luce riforme importanti e che quindi la (presunta) “novità” delle grandi opere mussoliniane non era una cosa solo squisitamente italiana (e fascista) ma che era in atto anche in altri Paesi.
Quindi la presunta “avanguiardia” di innovazione sociale fascista non è una “novità” italiana…
Però questa [email protected]…. fa il paro con l’altra favoletta per cui, all’inizio, in Italia c’erano tanti fascisti.
Certo che era pieno di fascisti in Italia: la tessera del Pnf era un grimaldello per trovare lavoro, per fare affari, per essere introdotti dove girava i soldi…
«Le preoccupazioni della stampa europea non sono dovute a pietà e amore per l’Italia ma semplicemente al timore che l’Italia, come in un altro infausto passato, sia il laboratorio di esperimenti che potrebbero estendersi all’Europa intera.»
(Umberto Eco, 2003, nell’articolo http://archivio.eddyburg.it/article/articleview/82/0/197/ )
@ Cerasi Vede, il problema non è tanto quello di osannare o meno il fascismo, o vedere bene il pre e male il post. Quello che rende l’Italia un Paese atipico è il fatto che per quarant’anni si è voluto cancellare un ventennio della storia di una nazione solo perchè il desiderio di diventare un super uomo ha spinto verso il baratro di una guerra che, si sapeva, l’Italia non avrebbe mai potuto sostenere. O meglio, invece che cancellare vorrei meglio definire il termine, cioè alterare. Io credo che il fascismo non sia soltanto il problema razziale o le purghe d’olio di ricino, come non credo che il comunismo sia soltanto i gulag o gli espropri della proprietà privata in nome del popolo. ognuno ha dato anche bene di sè, nel sociale come nel valore di una nazione, soltanto che cancellare periodi storici fa sì che le nuove generazioni non riescano mai a riconscere cosa può dare ad uno Stato il benessere oppure cosa potrebbe dare dolore e tragedia. Ogni momento della storia va compreso e discusso, mai cancellato, perchè la storia insegna.
Ad inventarci le giustificazioni da Italiani Brava Gente, dopo aver combinato i peggiori casini, ci sappiamo fare alla grande.
Siamo un popolo sfortunato, principalmente perché i nostri acclamati grandi capi – sempre sul più bello e dopo aver fatto tanto tanto bene per noi e per l’umanità intera – perdono la testa, escono di senno, vengono traviati dalle cattive compagnie, si imbattono in gravi crisi globali sempre generate altrove da gente che non ha voluto accogliere il loro Verbo, eccetera.
Dopodiché ci lamentiamo quando il mondo smette un momento di sopportarci bonariamente, sorridendo di noi, e ci ammolla qualche sacrosanto e salutare scappellotto che ci riporta, temporaneamente, a contatto con la realtà.
«Arlecchino, Pinocchio e Pulcinella sono l’Italia del popolo, che si rappresenta, si denigra e si riscatta con la felicità che trasmette questo trio. Un’Italia del passato, ma che si può riconoscere oggi dovunque.» (Raffaele La Capria)
@ marco.diomedi
Credo che sia impossibile cancellare oltre 20 anni di storia patria, così come sono altrettanto convinto che fare un’analisi degli avvenimenti di “ieri”, con gli occhi di “oggi”, decontestualizzando questi avenimenti sia del tutto inutile, oltre che cretino….
Per una serie di concause il fascismo ebbe modo di affermarsi in Italia, grazie anche alla villonia del re e agli interessi del grande capitale e del cero: ovvio che poi l’abbraccio (politico/economico) della dittatura fascista potesse avvenire soltanto con determinati Paesi che perseguivano le stesse logiche (Germania e Giappone) economiche/militari.
Che poi Mussolini fu un antesignano di bisnonno Silvio è oramai accertato: la battaglia del grano, la bonifica pontina ed altre pubblicità simili servivano al tiranno per mostrare una faccia pubblicitaria pulita e imbellettata per nascondere i mali del regime.
Questi spot elettorai servivano per nascondere l’arrretratezza economica e politica, per nascondere l’incapacità di portare l’Itaia ad essere una nazione progredita (in USA costruivano i grattacieli e noi ancora fcevamo vivere la popolazione nei Sassi di Matera o nei Trulli).
In sostana Mussolini è stato un grande bluff che è durato circa 20 anni (corsi e ricorsi storici con bisnonno Silvio??) che non ha certo portato l’Italia ad essere migliore di come l’aveva trovata: la povertà e la miseria continuavano ad essere generalizzate, i delinqueti continuvano a delinquere (ma con la tessera del Pnf) le differeze sociali e culturali non venivano colmate….
Inoltre, alla caduta del fascismo, non è seguito una pulizia genralizzata in quanto molti fascisti (nell’amministrazione statale, anche con incarichi importani) rimasero ai loro posti anche con la Repubblica…
In Francia, ad esempio (oltre che ai tanti pocessi e condanne a morte), l’apparato Statale venne sterilizzato allontanndo i tanti che avevano avuto a che fare con il Regime di Vichy: da noi agli imprenditori fascisti, che si erano ingrassati grazie solo al regime, venne restitutio tutto.
Consiglierei la visione di 2 film
Il federale
ed Gli anni ruggenti
che, con sarcasmo ed ironia, credo rappresentino uno spaccato dell’Italia fascista (soprattutto il secondo)
Beh, Wismar è anche la città in cui Herzog ambientò il suo “Nosferatu”.
La leggo sempre con interesse, e molte cose che dice sono giuste.
Però, si sbaglia se pensa che la Germania abbia fatto i conti con il suo passato. Ben pochi criminali nazisti furono processati, anche con la complicità degli alleati, che avevano bisogno della Germania Federale come alleata e insabbiarono subito tutto. Come riparazioni, la Germania ha pagato assai poco.
E la rigidità tedesca, che è costata all’Europa due sanguinosissime guerre, continuiamo a sperimentarla anche oggi.