di Giorgio Del Gobbo*
Non credo ci sia uno sport con maggior frequenza di traumi muscolari: chi segue sul campo una squadra di calcio di qualunque categoria sa che quasi ogni giorno ci sarà un infortunio del genere, più o meno grave. La cosa è nota anche ai non addetti ai lavori, basta guardare una partita in tv per vedere quante volte un atleta si blocca durante uno scatto o esce toccandosi la coscia oppure sfogliare un quotidiano sportivo per leggere di squadre decimate e di lunghi stop. Perché? Tante sono le supposizioni ed i pareri spesso discordanti: scarso allenamento o troppo allenamento, campo troppo pesante o troppo asciutto o sintetico, stretching pre-partita da fare o da evitare, riscaldamento duro o molto leggero, alimentazione con carni bianche o rosse, molti o pochi zuccheri, temperatura fredda o calda… in effetti c’ è molta confusione ed è normale perché anche a livello medico – scientifico c’è poco di certo. Sicuramente l’ attenzione alla corretta distribuzione dei carichi di lavoro settimanali e stagionali da parte dello staff tecnico ed una corretta igiene di vita dell’ atleta rappresentano fattori preventivi di indubbia importanza. Riguardo al post – trauma però almeno due certezze ci sono: i tempi biologici di riparazione che nessun farmaco o terapia può accorciare e la predisposizione alla recidiva, in altre parole un muscolo infortunato, anche recuperato bene, ha più facilità ad un nuovo evento traumatico. Il messaggio è estremamente chiaro, il ritorno in campo in tempi troppo brevi espone il giocatore ad un grande rischio di ricaduta, evento sempre grave, con dilatazione dei tempi di ripresa e spesso diminuzione permanente della funzionalità del tessuto muscolare nella zona interessata. Non siamo di fronte ad una patologia di secondo piano, per cui valga la pena rischiare; infortuni di questo tipo possono gravare pesantemente sulla stagione agonistica dell’ atleta e di riflesso dell’intera squadra. Personalmente preferisco affrontare una rottura del legamento crociato anteriore di cui si conoscono con grande precisione modi e tempi di recupero piuttosto di una elongazione muscolare che, sottovalutata, può fermare un giocatore per periodi indefiniti. Io ho la fortuna di lavorare nella Maceratese con Guido Di Fabio e Saverio Consorti che certe cose le hanno ben chiare ed anzi a volte sono ancora più cauti del dottore, ma quante volte bisogna scontrarsi con allenatori che proprio non vogliono sentire ragione. Loro conoscono il mago del muscolo, l’ uomo che fa miracoli con quelle mani baciate dalla grazia e capaci di sanare qualsiasi rottura per farti giocare subito. Ma allora perché un calciatore professionista dopo uno stiramento resta fuori almeno 40 giorni e soprattutto perché non si rivolge al mago del muscolo? Ragazzi, ricordate una cosa molto importante: abbiate molta cura delle vostre gambe, potrebbero essere molto utili nel vostro futuro!
*Medico sociale della Maceratese e direttore del Centro Caradel
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