Da Ninfa Contigiani, portavoce delle donne democratiche del circolo Pd Macerata riceviamo:
«Ha una sua orrenda specialità la violenza con cui, come abbiamo saputo l’altra settimana, è stata colpita la ragazza venticinquenne incinta e accoltellata alla pancia con la chiara intenzione di ucciderle il bambino, prima ancora che lei stessa (leggi l’articolo).
Punire una donna squarciando la sua pancia di gestante a vendicare così non si sa bene quale torto, può sembrare frutto di un odio del tutto straordinario, di un’atrocità che non ci pare fare parte della frettolosa e ovattata quotidianità del Paese delle “Mamme più belle del mondo”.
Eppure, quasi solo per caso questa aggressione non è arrivata ad essere l’ennesimo dei femminicidi che in questo anno in corso hanno già superato il numero 100 e che furono nel 2011 ben 134.
Il fenomeno della violenza domestica continua, in Italia in modo del tutto particolare, ad essere in allarmante aumento. Si tratta di mariti che alzano le mani per arrivare a consumare negli anni vere e proprie perpetrate torture fino ad arrivare alle estreme conseguenze o di compagni, ex, pretendenti (ma anche padri o fratelli) che sempre più gravemente praticano violenze fisiche e psicologiche sulle donne proprio in quanto donne.
Nonostante comincino le prime azioni di intervento positivo per contrastare questa realtà, dalla definizione stessa di femminicidio che dando un nome al fenomeno cerca di denunciarne tutta la specialità, alla legge sullo stalking ad una sempre più costante campagna pubblica di denuncia che vorrebbe incidere almeno sul silenzio a cui le vittime si sentono costrette, le donne malamente ammazzate dagli uomini a loro più vicini aumentano in Italia ad un ritmo vertiginoso.
In questa stessa direzione sembrerebbe voler andare anche la proposta di legge Buongiorno-Carfagna presentata recentemente proprio in vista Giornata internazionale contro la violenza sulle donne.
Essa sembrerebbe introdurre (non mi è stato ancora possibile reperire il testo integrale) due specifiche aggravanti per le quali arriva a prevedere l’ergastolo inasprendo l’art. 576 del c.p.: la prima “il femminicidio aggravato” che minaccia il carcere a vita per chi uccide una donna “in reazione a un’offesa all’onore proprio o della famiglia di appartenenza o a causa della supposta violazione, da parte della vittima, di norme o costumi culturali, religiosi o sociali ovvero di tradizioni proprie della comunità d’origine”; la seconda “l’omicidio preceduto da anni di maltrattamenti” che accerterebbe la morte della vittima come ultima azione irreparabile di una serie di atti violenti reiterati e continuativi. Introdurrebbe poi il “matrimonio forzato” e chiederebbe l’equiparazione del marito al convivente. Tale proposta è degna di qualche riflessione.
Da un lato il testo individuerebbe nella prima aggravante lo spazio di repressione dedicato ai conflitti interni alle comunità immigrate e portatrici di scale di valori diverse dalle nostre ed in parte per noi inaccettabili, mentre nella seconda cercherebbe la rilevanza penale specifica del crescendo di violenze domestiche più tipicamente ‘occidentali’ (se ci intendiamo) come premessa causale del femminicidio.
Stante ciò, non si può non ricordare che l’Italia è uscita dalla logica del matrimonio riparatore e da quella che prevedeva le attenuanti per il delitto d’onore soltanto con la legge 442 del 1981 con un ritardo notevole persino rispetto alla parificazione dei coniugi raggiunta con la Riforma del diritto di famiglia del 1975 (così recitava l’art. 587 del codice penale poi abrogato: “Chiunque cagiona la morte del coniuge, della figlia o della sorella, nell’atto in cui ne scopre la illegittima relazione carnale e nello stato d’ira determinato dall’offesa recata all’onor suo o della famiglia, è punito con la reclusione da tre a sette anni. Alla stessa pena soggiace chi, nelle dette circostanze, cagiona la morte della persona che sia in illegittima relazione carnale col coniuge, con la figlia o con la sorella.”).
Di conseguenza dobbiamo sapere che nel rapportarsi con tutte quelle culture che – volenti o nolenti – sempre più si intrecceranno con la nostra per via di processi globali che certo non siamo in grado di fermare in alcun modo, bisognerà puntare strategicamente ad un confronto serrato diretto alla partecipazione ‘emotiva’ e all’emancipazione culturale delle e degli interessati rispetto al peso di una tradizione plurisecolare che nella condizione del migrante diventa identitaria, senza affidarsi alla sola repressione penale che pure può tendere una mano alle singole richieste di aiuto di quelle donne che cercano dallo Stato italiano una protezione non trovata in altro modo. La nostra stessa esperienza storica ci deve convincere di questo se è vero come è vero che i maltrattamenti reiterati dentro le mura domestiche della ‘civilissima’ Italia nella misura in cui si stanno manifestando non possono certo essere addebitati solamente a circostanze casuali o a colpe individuali.
Noi per primi siamo dentro un processo di riconoscimento di pari dignità alla donna incompiuto in molti ambiti sociali e istituzionali (per la disparità salariale nel mondo del lavoro, per l’assenza sostanziale dai vertici decisionali e dalla rappresentanza politica solo per esempio). Un processo culturale frenato da un certo tipo di sviluppo economico e dal corrispondente modello di welfare nostrano, appesantito da retaggi patriarcali e familisti che hanno svilito la presenza e il riconoscimento pubblico delle donne relegandole forzosamente negli angusti spazi del privato per molto tempo.
Processo culturale incompiuto dicevo, ma forse addirittura in piena involuzione se al momento del cambiamento sembra corrispondere una reazione così violenta da uccidere una donna ogni tre giorni.
Bisognerà necessariamente riparlarne.
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Leggete il libro “La violenza indicibile. L’aggressività femminile nelle relazioni interpersonali La violenza indicibile. L’aggressività femminile nelle relazioni interpersonali”!
Se frequentaste i tribunali quando si discutono le separazioni vedreste altre violenze, quelle perpetrate dalle donne sugli uomini. E pensare che molti maschi godono a fare le vittime negli incontri sado-maso…
Cara Ninfa Contigiani,
non si offenda, ma “femminicidi” è un errore niente male: “omicidio”, infatti, non significa assassinio di maschi bensì assassinio di persone dello stesso genere (in questo caso, umano). Omos è infatti un termine greco, non italiano, che segnifica “stesso”, “medesimo”.
Al di là del caso specifico di Piediripa (che forse, secondo gli inquirenti, potrebbe integrare un caso di autolesionismo) e al di là del dato lessicale, non c’è dubbio che l’intervento di Ninfa Contigiani evidenzi giustamente il continuo diffondersi di omicidi, ferimenti gravi ed atti persecutori perpetrati dagli uomini contro le loro mogli, ex mogli, fidanzate, ex fidanzate, fidanzate agognate, ecc..
Non sono convinto però che la soluzione del problema stia nella proposta di legge Buongiorno-Carfagna, cioè nell’aggravamente della fattispecie di delitto, in quanto nell’attuale normativa penale esistono già gli strumenti per punire adeguatamente i responsabili, così svolgendo anche una funzione preventiva. Basterebbe applicarli in maniera giusta ed equa.
Se tuttavia chi uccide la moglie o la fidanzata se la cava con pochissimi anni di carcere, il problema non si risolverà mai. Basterebbe che la magistratura iniziasse ad avere un atteggiamento meno “perdonista” e si arriverebbe così a pene adeguate, al tempo stesso repressive e preventive. Pensiamo al caso di Parolisi, condannato all’ergastolo nonostante la scelta del rito abbreviato (che comporta da sè uno sconto di pena).
Un’ultima cosa. In questo dilagare della violenza domestica gioca un ruolo fondamentale anche il dilagare della droga, specialmente della cocaina, che aumenta l’aggressività e la reattività, che toglie lucidità, che esaspera le situazioni e le emozioni, come dimostrato da numerosi studi scientifici e da numerosissimi processi svolti negli ultimi anni. Un approccio serio al problema “droga”, che oggi manca quasi del tutto, potrebbe essere quindi d’aiuto per abbattere il livello della violenza criminale, domestica ed extradomestica.
@Davoli. Ora mi aspetto un commento “serio”. Una persona, come tante volte ha fatto lei, produce un lavoro, anche di un certo interesse e credo si aspetti commenti altrettanto interessanti.
In ogni caso ……
<In lingua inglese il termine veniva usato già nel 1801 in Inghilterra per indicare “l’uccisione di una donna”[1][2]. Il termine femicide (femmicidio) è stato utilizzato per la prima volta dalla criminologa Diana Russell nel 1992, nel libro scritto insieme a Jill Radford Femicide: The Politics of woman killing. La Russell identificò nel femmicidio una categoria criminologica vera e propria: una violenza estrema da parte dell’uomo contro la donna «perché donna», in cui cioè la violenza è l’esito di pratiche misogine. Un anno dopo, nel 1993, l’antropologa messicana Marcela Lagarde utilizza il termine femminicidio per comprendere «La forma estrema di violenza di genere contro le donne, prodotto della violazione dei suoi diritti umani in ambito pubblico e privato, attraverso varie condotte misogine – maltrattamenti, violenza fisica, psicologica, sessuale, educativa, sul lavoro, economica, patrimoniale, familiare, comunitaria, istituzionale – che comportano l’impunità delle condotte poste in essere tanto a livello sociale quanto dallo Stato e che, ponendo la donna in una posizione indifesa e di rischio, possono culminare con l’uccisione o il tentativo di uccisione della donna stessa, o in altre forme di morte violenta di donne e bambine: suicidi, incidenti, morti o sofferenze fisiche e psichiche comunque evitabili, dovute all’insicurezza, al disinteresse delle Istituzioni e alla esclusione dallo sviluppo e dalla democrazia» [3][4] Il termine è stato ripreso e diffuso da numerosi studi di sociologia, antropologia, criminologia e utilizzato negli appelli internazionali lanciati dalle madri delle ragazze uccise a Ciudad Juárez. “Nuestras Hijas de regreso a casa” è il movimento cofondato fondato da Marisela Escobedo Ruiz, uccisa nel gennaio 2010 in Messico nel corso della sua protesta per ottenere la verità sulla morte della figlia. A un anno di distanza Norma Andrade, altra fondatrice di Nuestra Hijas, subisce un attentato. È proprio dall’analisi dei crimini di massa compiuti contro le donne che la Lagarde propone la sua definizione.
……… inoltre
da Dizionario Garzanti: ……….
ecc ecc
Dai commenti precedenti si percepisce la totale indifferenza e senso di estraneità che il genere “maschile” rivolge al problema sottoposto dall’articolo. La questione che io rileverei e che constato giornalmente è che il “maschio” ha difficoltà e poca predisposizione a maturare il suo lato affettivo ed emotivo e preferisce scegliere la strada più breve istintuale ed evitare il confronto dialettico e di scambio in una situazione alla pari. C’è da dire però a loro discolpa che questa situazione è il frutto di un’educazione di tipo matriarcale soffocante che tende a tenere i figli al riparo del confronto con il fuori da se, dando nel contempo l’immagine di una donna, di tipo servile e geisha, erogatrice di piaceri con la quasi totale mancanza della figura del padre, che essendo stato anch’esso figlio, non sa elaborare il proprio ruolo di tandem con la madre. Il sistema educativo delle famiglie italiane tendono a formare dei serial killer perchè i piccoli “specialmente se maschi”, non vengono mai messi di fronte alle proprie responsabilità, tutto gli è dovuto, non è richiesto loro neanche di esprimere i propri desideri, li si esaudisce ancor prima, negandogli il sogno, l’impegno per ottenere, la responsabilità personale, la maturazione.
Quando queste persone da adulti “ma mai emancipati interiormente”, perdono l’oggetto dei desideri o questa addirittura richiede una propria autonomia, non sanno affrontarsi ed elaborare un confronto con la donna che non sia solo prevaricazione o violenza. Facciamoci tutti un bell’esame di coscienza e cresciamo.
Purtroppo ciò che accade dentro le case…..lo sanno solamente le persone che ci vivono…..al di fuori ci vedono e ci facciamo vedere diversi…..nell’ambiente domestico non sempre è così….spesso che denota un’ottima apparenza è peggiore di chi denota una cattiva apparenza…..Il sig. GIO.BO….deve essere una persona che si è trovato a scontrarsi con una persona di sesso femminile di carattere FORTE….vi sono anche queste ovviamente…..PAROLA MIA…..con cognizione di causa PARLO