di Filippo Davoli
La tranquillissima (anche troppo, in verità…) estate maceratese favorisce, se non altro, l’uscita delle lumache dal guscio: le più giovani se ne filano via verso il mare. Le più stagionate si concedono al ritrovo all’aperto dei tavoli dei bar del centro o della primissima periferia.Capita anche a me, invariabilmente da anni. Ormai siamo un gruppetto consolidato, che io chiamo affettuosamente “le giovani marmotte” (trionfa infatti, sulle nostre teste, un bel brizzolato o addirittura un bianco candido, di quelli che fanno invidia). A ben guardarsi intorno, non siamo gli unici: si direbbe che qua si va soprattutto per gruppetti, per conventicole stabili, anche se ci si conosce tutti almeno di vista e, una volta l’anno, può accadere – ma non è scontato – di unire i tavoli e allargare il cerchio. Tra le giovani marmotte vigono argomenti abitudinari: la politica cittadina, la politica nazionale, i problemi di salute dell’uno o dell’altro, le risorse di internet, gli aneddoti del passato, i personaggi che non ci sono più, l’antropologia della città, la critica di costume, il caso/caos delle province, il commercio, la solitudine.
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Finalmente (si tratta di una boutade, qualora lo scritto non permettesse di cogliere l’ironia…), qualcuno ha notato che in centro storico sempre più negozi chiudono: fantastico! La morìa, in realtà, data da almeno un ventennio, con politiche sempre più asfittiche e inefficaci che il centro l’hanno colpito come meglio hanno potuto: cominciò l’Università (col permesso della politica) comprandosi buona parte dei palazzi storici; proseguì una dissennata campagna di affitti (agli studenti prima, agli stranieri poi) a prezzi non calmierati (e spesso in nero), che riuscì a far dirigere le giovani coppie verso i centri limitrofi; ci si misero poi le ronde dei vigili urbani (epoca Maulo), le telecamere del “grande fardello”, la ristrutturazione di molti spazi con conseguente eliminazione di posti auto per i residenti (Piazza Strambi, Piazza Vittorio Veneto…), peraltro elargiti a chiunque ne facesse richiesta (anche a fronte, cioè, dell’esubero dei permessi rispetto ai posti disponibili), la nascita dei centri commerciali (scambiati per novelli centri storici, ma in realtà senza il sangue circolante di una comunità stanziale e dunque effimeri).
Siamo in ospedale: al capezzale di un malato terminale, i visitatori stupiscono del fatto che il poveraccio stia per tirare le cuoia! Eppure ha un infarto in corso, un blocco renale, aveva già un tumorino al polmone destro con metastasi al fegato e da tempo soffre di demenza senile.Uno dovrebbe chiedere come mai sia ancora vivo! Invece, la voce della prossima dipartita si sparge con grande enfasi, quasi si trattasse di un colpo apoplettico o di un incidente stradale dove perde la vita un giovane nel meglio degli anni. È questo, a me pare…, quello che sta accadendo con ‘sta storia dei negozi che chiudono a Macerata.
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Macerata in realtà è un equivoco: non è più una città. Se il centro dev’esserne il cuore, questo centro non ha più cittadini maceratesi stabilmente residenti. Il problema è falsamente posto, se ha come obiettivo quello di portare su la gente per le feste comandate (San Giuliano, la sagra delle castagne, i banchi dei prodotti tipici, la befana che si cala dalla Torre, le infinite e snervanti notti bianche, i rockettari stonazzati che ammorbano chi passa coi decibel alle stelle, etc. – che se questa è cultura… io sono Jean Clair!).
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Il centro storico non è un centro commerciale! Era una città, dove ci si conosceva e si interagiva; dove c’erano i negozi di alimentari e di frutta e verdura, i parrucchieri e i calzolai, le drogherie e le mercerie (perché c’erano abitanti), dove c’erano gli uffici e le strade con la gente del posto (perché c’erano abitanti), dove salivano anche gli altri per le feste comandate ma ci trovavano chi li accoglieva (perché c’erano maceratesi qui abitanti) e dove di notte non c’era l’orda selvaggia dei disturbatori sghignazzanti-ubriachi-danneggiatori (perché c’erano i maceratesi che alla loro città ci tenevano).
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Perché un extracomunitario onesto – spesso in tuguri affittatigli a prezzi pesanti e magari in nero – dovrebbe prendere le difese di una storia che non è la sua (e che le condizioni di ospitalità non lo spingono ad amare come fosse la sua), al di là del fastidio personale di non poter dormire, mentre il giorno dopo deve andare al lavoro? Perché se ne dovrebbe preoccupare uno studente (la cui arte è spesso proprio quella di stare dall’altra parte delle mura di casa, in strada a bighellonare)? Gli studenti universitari sono così per statuto, non sto facendo un moralismo: solo che, in assenza di freni istituzionali per quanto ideali (la cittadinanza residente più che le forze dell’ordine), il risultato è facilmente intuibile.
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Dice: “Toh… i negozi chiudono…” – ma va? Col peso di una concorrenza esagitata da parte dei centri commerciali in numero sempre crescente (mi chiedo che ci faremo delle carcasse il giorno in cui imploderanno…), a fronte di prezzi d’affitto spesso esagerati (per una città che sta morendo…), in assenza di politiche continuative di sostegno alle attività (il ripopolamento rimane ai miei occhi uno dei motori principali…), resistere ha spesso dell’atto eroico.
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Fermo restando che anche i commercianti maceratesi – sin troppo spesso con mentalità più impiegatizia che commerciale – hanno dato il meglio di sé nel farsi la guerra uno con l’altro, strada contro strada, Corso contro Corso, perennemente divisi e polemici, difficilmente intraprendenti (se questo comportava un rischio economico anche minimo o un investimento), riuscendo ostinatamente a non rendersi conto che la concorrenza doveva avvenire nel campo delle merci in vendita e non nel sistema-commercio; pensando erroneamente che la chiusura di un esercizio analogo o la mancata apertura di un potenziale avversario avrebbe significato un potenziamento della propria attività (mentre invece, se non ce n’è per te alla fine non ce n’è nemmeno per me).
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Ricordo, quando ancora c’erano gli avieri, che un barista fiorentino propose ai colleghi commercianti del centro storico – allora fiorente – l’istituzione di un bus-navetta pagato da tutti loro per portare in centro gli avieri ad ogni libera uscita. Mi pare ancora di sentirne la voce che diceva “dopo, huando son huì, ognuno fa ‘l su lavoro e chi lo fa meglio vince, ma huesto dopo. Intanto li si porta su…”. Niente. Non se ne fece mai niente: uno protestava perché la navetta passava prima davanti agli altri che al suo negozio; uno lamentava che doveva pensarci il servizio pubblico; uno diceva che gli bastava il giro che aveva e che non avrebbe speso per far guadagnare gli altri; e così via.
Adesso piangono tutti.
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Con le giovani marmotte ci guardiamo intorno, nel nostro familiare set cinematografico dismesso di cui ormai riconosciamo a menadito ogni scampolo di parietaria, ogni passo sul pavè, ogni eventuale lucina che si accende alle finestre: un tempo per implorare il silenzio, oggi per ringraziare di una voce. I casinari probabilmente sono già all’opera in Via Garibaldi o Via Crispi; quassù – forse per via della Questura e dei Carabinieri – non ci si avventurano. Ma se ci tolgono la provincia e se ne va pure la Questura…
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Nelle ultime notti estive, con questo caldo insospettato di ritorno, nel deserto notturno si sente qualche volta un rombo strattonato di motore: non può esserci dubbio, è mia zia che rientra a casa. Prima che si fermi a scambiare quattro delle sue chiacchiere, ci accomiatiamo. Se ne riparla domani.
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Bravo Sig. Davoli. Ora sentiamo cosa hanno da dire i suoi concittadini, soprattutto quelli che l’hanno giudicata prima ancora di sapere cosa avrebbe scritto.
Non fa una grinza.
Caro Davoli, quì non c’è trippa per gatti. La trippa dovrebbe essere l’attenzione, il gatto dovresti essere tu, che ti sei impegnato a scrivere l’articolo.
Finché non modificano il sistema delle manine, saremo tutti costretti a venire gratificati o penalizzati senza sapere il perché.
Come hai potuto constatare, scusami se ti do del tu, manine tante, opinioni, quasi zero.
Eppure ci sarebbe tanto da dire per un abitante di Macerata.
Ma ai Maceratesi credo interessi solo la polemica e la possibilità di poter andare a prendere l’aperitivo al bar in Centro con l’auto.
Articolo simpatico. Interessante soprattutto quando sottolinea la sempre meno presenza di residenti maceratesi in centro.
Gli analfabeti una volta firmavano con una croce, ora si esprimono cliccando sulle manine.
Mi chiedo, Filippo, perché si debbano spendere ancora parole sulla possibile vivacità !!del centro storico di Macerata.
Sembra un continuo esercizio di masochismo e tu hai elencato bene le cause della perdita oramai irrimediabile di un luogo divenuto “museo folcloristico”, che si vivacizza, tra mille encomi solenni, in occasione di eventi straordinari che si possono contare sulle dita di una mano o al massimo due per essere benevoli, poi ricade nel silenzio come il solenne monumento dello Sferisterio, dopo la laude della Stagione Lirica. Pensi ci possa essere una cura? Saranno i fatidici parcheggi a nord? magari un nuovo bagno pubblico? oppure qualche altra diavoleria come potrebbe essere la ricostruzione del tipo “Città della Domenica” di un falso orologio con pupi semoventi?
La cementificazioe ha travolto tutto e nulla si è speso per la riqualificazione delle tante abitazioni del centro “storico”, ma del resto perchè spendere quando si può affittare catapecchie a studenti e stranieri?
L’affare era a valle di Macerata e quindi case, supermercati e soprattutto dormitori.
Perchè fare ancora ricerche antropologiche e avvilirsi con i ricordi del tempo passato, non tornerà più. Le uniche radici solide e imperiture maceratesi erano presenti all’evento visita del “rottamatore”(che brutto termine) Renzi, guarda foto e video, poi parliamo ancora di speranza. Ho perso e imbiancato i capelli e loro erano già lì.
Cari Giampaolo e Castigamatti,
non mi darei troppa pena delle manine: non dovremmo cadere anche noi nel grande errore della Rai, fissandoci – come una rete commerciale – nelle trappole dell’audience. Fermo restando poi che credo di essere diventato adulto il giorno in cui ho accettato che non è possibile che tutti siano d’accordo con me.
Questo aspetto mi sembra molto sano e normale. Se poi coincide con un’idea esposta in un commento, allora ovviamente mi piace di più.
Giampaolo, ci mancherebbe pure che mi dessi del lei!
Zio Lippo e’ una voce che non si può’ non ascoltare.
Il suo articolo mi ha messo una gran nostalgia, ricordando che -la frase non è mia – ” ma c’era Macerata “.
Esemplare il citato mancato accordo sul trasporto degli ” avieri”……
mutatis mutandis, anziché un luogo di incontri e cultura, Macerata prosegue su questa falsariga….
nessuna sorpresa….
Le manine poi, sono l’ espressione di democratico giudizio di assenso o dissenso, per cui contano se appoggiate alle idee, altrimenti sono macchie di colore, che impreziosiscono uno scritto basato sui fatti…
Sono sostanzialmente d’accordo con le considerazioni ed il racconto di Davoli. Mi piacerebbe pensare solo che la storia non sia segnata perche’ credo che il rilancio dei centri storici e delle città contro le insulse periferie ed i centri commerciali sia tanto importante per il nostro paese ( non parlo solo di Macerata ) quanto il recupero delle campagne o della capacita’ di fare impresa. si tratta della nostra cultura e dei nostri valori aggiunti senza i quali saremmo impossibilitati a pensare ad un futuro più prospero . Per cui è un declino che si deve e si può invertire ma come dice Davoli bisogna riportare vita e lavoro e cultura nei nostri centri e sopratutto in quello di Macerata.
mah… secondo me la questione è mal posta. I centri commerciali esistono anche da altre parti. Senza cercare troppo lontano: a Civitanova ci sono ben due aree con centri commerciali, l’Auchan e l’Iper, eppure mi pare che di movimento in città ce ne sia, e lo stesso dicasi per i negozi del centro che stanno lì esattamente come prima dell’apertura dei centri commerciali. E poi rappresentano la normale evoluzione del commercio in tutto il mondo, ma se uno fa una seria analisi del fenomeno, vedrà che tali realtà si sono solo aggiunte, e non hanno sostituito, ai negozi prima esistenti. Certo, magari i piccoli negozi di alimentari ne risentono, ma in centro non mi pare proprio che ci siano mai stati tutt’ questi negozi di alimentari, a parte qualche panetteria o qualche negozio di specialità culinarie. E quindi? per quanto mi riguarda, darei più al colpa all’amministrazione comunale, al modo di fare tipico dei maceratesi che evidente amano molto stare sempre a casa (e questo era vero anche 30 anni fa), al fatto che numericamente ci sono meno giovani di una volta (e con questo si può fare poco) e per contro ci sono un 10% di immigrati che non sono integrati con la popolazione locale… Per cambiare le cose ci vuole qualche soluzione “traumatica”, cioè di grande cambiamento, magari anche impopolare, rispetto al passato e al presente, e che coinvolga il più possibile politici, cittadinanza e imprenditori, ma Macerata è agli occhi di chiunque una città MORTA, soprattutto perchè sono morti (cioè privi da qualsiasi iniziativa) quelli che ci abitano. Altre iniziative “soft”permettono magari di vivacchiare mesi, anni, senza creare disappunto o conseguenze, ma se non si interviene, prevedo per questa città un rapidissimo declino: diventerà come un gigantesco dormitorio/ospizio.
Dal mio osservatorio commerciale fermano ho letto con interesse i mali del commercio maceratese trovando tanti punti in comune. Di conseguenza mi sento di escludere la presenza di studenti e dell’università come causa primaria della desertificazione commerciale di macerata.
Il problema principale è che il commercio è cambiato, la concorrenza è più forte ed i piccoli sono costretti a chiudere. proprio quei piccoli che una volta riempivano gli angusti locali dei centri storici.
Oggi la gente si è abituata a far spesa al centro commerciale dove ha un vasto assortimento e dove entra col carrello e riesce a trovare a prezzi convenienti tutto il fabbisogno settimanale. Inoltre rispermia tempo perché riesce a trovare un assortimento che, nelle ridotte dimensioni di in un normale alimentari di quartiere, non troverebbe. Ormai il sabato e la domenica è dedicato allo shopping nei centri commerciali, e sono sicuro che anche a Macerata, a meno che non ci sia qualche particolare evento, durante il weekend il centro è particolarmente vuoto.
Sicuramente un fenomeno tutto italiano perché se ti rechi in germania o in inghilterra trovi la grande distribuzione dentro i centri storici.
Il problema è stato politico, senza distinzione di schieramento. Si è preferito far costruire fuori, dove era molto più economico, piuttosto che realizzare strutture nei centri storici, dove si sarebbe dovuto scavare per i parcheggi, comprare aree a più alto costo, ecc.
Purtroppo coop, conad & c. hanno comprato i nostri politici che hanno svenduto i centri storici, secondo la logica della “modernizzazione” del commercio, perché il cittadino risparmiasse. Adesso naturalmente i costi della desertificazione dei centri storici sono a carico della collettività, secondo la solita logica di privatizzare i profitti e caricare sul pubblico i costi.
Complimenti Filippo, analisi perfetta.
Tuttavia il nostro centro storico, come tutti i centri storici delle città di antica fondazione, sono destinati ad invecchiare sempre di più ma anche a non morire mai.
Noi non lo ricorderemo, ma il futuro sarà proprio il centro storico “città madre”, con con cui la “città figlia” (le moderne periferie) non riuscirà mai a reggere il confronto.