SPENDING REGIONE
Dove sono i veri costi della politica

PICCOLI E GRANDI SPRECHI - La maggior parte degli assessori e consiglieri regionali maceratesi si sono appiattiti su posizioni che vengono dall'alto facendo così il gioco di Ascoli e Fermo. Certo, a Palazzo Raffaello sì sta molto meglio...
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di Alessandra Pierini

«Come può uno scoglio, arginare il mare» cantava Lucio Battisti. Certo la legge sulla spending review era all’epoca quanto di più lontano dai suoi pensieri, eppure nel famosissimo verso della canzone “Io vorrei… Non vorrei… Ma se vuoi” si riassume il senso del provvedimento contenuto nell’art 17 che dietro il rassicurante termine “riordino” nasconde la soppressione di una parte delle Province italiane.

L’abolizione di tutte le Province e la sensata ridistribuzione degli enti provinciali avrebbe avuto un significato ma con questa legge non si fa altro che arginare il mare degli sprechi pubblici con uno scoglio piuttosto piccolo e argilloso. Il dimezzamento delle Province, determinato dalla spending review, potrebbe abbattere un “costo della politica” connesso agli organi di governo provinciali inferiore ai 65 milioni in cui la Provincia di Macerata che è tra l’altro la più virtuosa nelle Marche incide veramente per una cifra irrisoria. E’ vero che le spese potrebbero essere ancor più contenute, ad esempio si potrebbe fare tranquillamente a meno di qualche assessore provinciale, vedendo la situazione attuale in cui la maggior parte delle decisioni viene presa dal presidente Antonio Pettinari.

Il costo dei consigli regionali di 20 regioni sfiora invece il miliardo di euro e non sempre per spese finalizzate al bene della Comunità, come è emerso dalla vicenda della distribuzione dei fondi tra i gruppi consiliari della Regione Lazio. E’ la stessa ragioneria Regionale dello Stato, poi, ad affermare, come già indicato da uno studio realizzato dall’Università Bocconi,  che il riordino delle Province previsto dalla spending review non produce alcun risparmio per le casse statali.

Tornando a noi, il Consiglio regionale delle Marche spende oltre 16 milioni di euro per indennità dei consiglieri (i 43 consiglieri costano più di 11 milioni con un’indennità mensile per singolo consigliere compresa tra i 7.334 e i 10.154 euro), personale (circa 2.300.000 euro), consulenze (oltre 345 mila euro), spese di cancelleria, spedizioni e telefoni (un totale di più di 530 mila euro), noleggio e acquisto mobili e automobili (pari a 543.201 euro), parcheggi riservati (84.000 euro annui), diaria mensile per ogni consigliere (2620 euro), rimborsi chilometrici (400 mila euro). A questi vanno aggiunti 4 milioni di euro annui di vitalizi.

E’ vero che le Marche sono virtuose per quanto riguarda i fondi ai gruppi consiliari regionali con “soli” 400.000 euro annui che sono ben poca cosa rispetto ai 13.900.000 del Lazio ma si sono comunque guadagnate  la voce “nomine” nel dizionario degli sprechi di Sergio Rizzo e Gian Antonio Stella pubblicato ieri dal Corriere Della Sera: «È bastato un passaggio in una leggina intitolata «misure urgenti in materia di contenimento della spesa» al governo marchigiano presieduto da Gian Mario Spacca – si legge sulle colonne del quotidiano –  per confermare a tempo indeterminato, senza concorso, la nomina di 16 (sedici) dirigenti regionali compreso il segretario generale della giunta. Avevano l’incarico a termine. Con un colpo di bacchetta magica è diventato posto fisso. Giustificazione: «Si tratta di 16 posizioni insopprimibili e il prossimo anno ci sarà il blocco dei concorsi». Qualcuno ha eccepito un problema di costituzionalità: non si fanno così i dirigenti pubblici… I precedenti nelle altre Regioni, del resto, erano tanti. Tantissimi nel caso della Sicilia dove Raffaele Lombardo prima d’andarsene ha distribuito un centinaio di poltrone dirigenziali. Un solo promosso, Eugenio Trafficante, ha dovuto declinare: era in galera».

Tra l’altro la Regione Marche è, come tutte le altre Regioni, centro di potere e di decisione di spesa, che può anche influire in maniera decisiva nella tutela degli interessi di alcuni come ha ben evidenziato la questione legata alle centrali a biogas sulla quale è stata la partecipazione attiva dei Comitati a fare la differenza e ad imporre alla Giunta regionale una brusca frenata e conseguente inversione di marcia. Seppur – come nel caso degli impianti fotovoltaici sui terreni agricoli – l’intervento è piuttosto tardivo.

L’abolizione delle Province, o meglio di una percentuale di esse, comporta un risparmio insignificante per la spesa pubblica ma è devastante sul piano organizzativo, è anticostituzionale come affermano giuristi eccellenti quali l’ex presidente della Corte Costituzionale Pier Alberto Capotosti e Pietro Ciarlo e soprattutto va a colpire settori quali gestione del territorio e istruzione pubblica, trasporti e sostegno allo sviluppo economico, la tutela ambientale e sociale, cultura, turismo e sport che, anche il premier Mario Monti sarà d’accordo, in questa fase storica, non possono permettersi attese che sarebbero inevitabili nel caso in cui le trasformazioni legiferate andassero in porto. Inoltre è stata la stessa Regione Marche a legiferare la competenza esclusiva della Regione in materia di designazione delle circoscrizioni provinciali.

Nonostante il diritto sia dalla parte della Provincia di Macerata che vanta caratteristiche ed eccellenze che la rendono meritevole di riconoscimento e degna del ruolo di Provincia, gli assessori e i consiglieri regionali maceratesi, a differenza di quelli di altri territori marchigiani, hanno evitato di prendere una posizione e hanno preferito, con disarmante rassegnazione, accogliere le decisioni imposte dall’alto, facendo così il gioco di Ascoli e Fermo. Basti vedere l’ultima riunione del Consiglio delle Autonomie Locali durante la quale hanno preso le difese della provincia di Macerata solo il presidente Pettinari e i sindaci (leggi l’articolo).

 



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