Il solito mito dell’isola felice

Macerata non è mai stata né un’isola né felice. Essa vive nel mondo e non può tenersene fuori

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isola-felicedi Giancarlo Liuti

Ci risiamo con la storiella dell’isola felice. Macerata, dunque, non è più un’isola felice. Anzi, lo spaccio di droga e i furti con scasso nelle case e nei negozi la stanno facendo diventare infelicissima. E giù denunce, accuse, proteste. Ma che cosa alimenta quest’amara scoperta di aver perduto la felicità? Il confronto che l’associazione nazionale delle forze di polizia ha fatto fra l’anno scorso e l’anno precedente sui reati denunciati, un confronto dal quale risulta che in quanto a livelli di sicurezza le Marche stanno un po’ meglio di tante altre regioni e la provincia di Macerata sta un po’ peggio di quella di Pesaro ma un po’ meglio di quelle di Ancona, Ascoli e Fermo. Un po’, un po’ e un po’, per dire che l’andamento generale non è da applausi ma neanche tanto grave da farci cadere nella disperazione. E Macerata città? Privo di dati sulle singole realtà comunali, debbo limitarmi all’ambito provinciale. Tuttavia, venendo alla cronaca di questi ultimi tempi, è vero che i furti in esercizi commerciali e appartamenti sono stati più frequenti del solito in alcuni quartieri cittadini, ma è altrettanto vero che lo stesso fenomeno ha colpito pure Civitanova, Camerino, Treia, Recanati, Pollenza, Mogliano, Petriolo. Contenti? Nient’affatto. Ma quello dell’isola felice è un altro discorso e vale la pena di ragionarci sopra.

Che Macerata sia stata – e si rimpiange che non lo sia più – un’isola felice lo si va dicendo da un’eternità, vuoi fra la cosiddetta gente comune e specialmente nella fascia dei meno giovani, dov’è naturale che prevalga il rimpianto del passato, vuoi in sede politica, da una parte attribuendo ai poteri pubblici la colpa della felicità che non c’è più e dall’altra inducendo quei poteri a dimostrare, statistiche alla mano, che la felicità, tutto sommato, c’è ancora. Ma qual è la verità? E’ che in ogni epoca questa nostra città è stata – e non poteva essere altrimenti – lo specchio della società italiana in generale, certamente con gli ammortizzatori delle sue tradizioni, della sua cultura civile e del suo non galoppante assetto economico, ma senza alcun diritto o dovere di sentirsi una sorta di oasi privilegiata.

Ricordo che trent’anni fa un improvviso inasprirsi dei furti nelle case determinò un tale allarme che l’opinione pubblica si ribellò, con toni disperati, alla perdita della felicità ed io stesso corsi a dotarmi di una porta blindata. Poi i carabinieri misero le mani su una banda specializzata in questo genere di criminalità e, col ritorno della felicità, la psicosi cessò. E non dimentico quella sorta d’insurrezione popolare, dieci anni dopo, contro la presenza di qualche roulotte di zingari a Madonna del Monte, accusati d’ogni genere di nefandezze, scippi, borseggi, prostituzione. Poi se ne andarono e ci parve che avessimo ritrovato la felicità.

Era un’epoca, quella, in cui l’Occidente, l’Europa, l’Italia e, dunque, Macerata non erano ancora alle prese con gli attuali ed enormi problemi della crisi economica, delle nuove povertà, dell’immigrazione, dell’incognita del futuro. Un’epoca felice? Non esageriamo. Certo un tantino più serena. E, comunque, diversa. I furti nelle case e nei negozi? Forse, oggi come allora, sono opera di qualche banda specializzata, che, se scoperta, finirà in galera e smetterà di sfondare finestre e vetrine. O forse – perché negarlo? – sono l’inevitabile effetto di quei problemi, rispetto ai quali Macerata – la pur pacifica e tranquilla Macerata – non può pretendere di tenersi fuori. Si pensi ai ristoranti, che secondo Berlusconi (l’assertore di una felicità – la nostra o la sua? – che dovrebbe durare all’infinito) sono pieni. Ebbene, non può darsi che qualcuno, colpito da sopraggiunte e insopportabili ristrettezze finanziarie, decida di andarci, al ristorante, col piede di porco e a notte fonda, quando non lo vede nessuno? Chissà. E la droga? Questo grave fenomeno è recente, nel senso che per droga, trent’anni fa, s’intendeva, semmai, l’eccessivo abbandono alle tentazioni di Bacco. Ora la droga non ha confini e colpisce dovunque, specie nelle zone, diciamo il nostro litorale, in cui un tumultuoso sviluppo economico ha prodotto benessere materiale ma anche inquietudini, disorientamenti, delusioni. E Macerata? Forse un po’ meno, ma pure lei ne è contagiata.

Che intendo dire, in conclusione? Che a questo mondo tutto si lega, tutto è relativo. E che ben vengano i controlli, le videocamere, le pattuglie delle forze dell’ordine e, non ultima, una più puntuale accortezza da parte dei cittadini. Ma piantiamola, per favore, col mito illusorio dell’isola felice. Fatti i dovuti confronti e fatte le dovute riflessioni, Macerata non lo è mai stata. E sapete perché? Semplicemente perché non è mai stata un’isola, nel senso di separata da ciò che le sta intorno. E a maggior ragione, per i rapporti con l’esterno, sempre più numerosi e sempre più indispensabili, non può esserlo oggi. Ricordo un’altra cosa. Agli esami di maturità dovetti tradurre un testo greco intitolato “La felicità non esiste”. Saggi, quegli antichi ateniesi. Loro, duemilacinquecento anni fa, l’avevano già capito.



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