di Fabio Macedoni
Nuova puntata di Dialettandoci.
Magghju sciuccu, gran per tuttu.
(Maggio asciutto, grano dappertutto)
Sanda Croce, la pèrteca su la noce.
(Santa Croce, la pertica sul noce per batterle)
De magghiu no’ t’apprescià, de settembre non tardà.
(A maggio non ti affrettare, dis settembre non tardare a tosare la pecora)
Né de magghju né de magghjó, non te leà ‘u pillicció.
(Di maggio stai attento a toglierti i vestiti pesanti)
Chi è belli de forma de magghju retorna.
(Chi è bello di forma, di fattezze, a maggio torna ad essere bello: le forme si vedono perché si tolgono i vestiti)
Hai vòja a candà magghju.
(Hai voglia a cantar maggio! Si dice di una cosa quando andrà per le lunghe)
Magghio ortolano, molta paglia e poco grano.
Maggio piovoso, il grano diventa alto e farà molta paglia e pochi chicchi)
Sanda Croce, non ze taja, non se cosce.
(Il giorno di Santa Croce non si taglia e non si cuce)
‘U giornu de san Fiorà se sparte o cascio per metà.
(Il giorno di S. Forano si divide il formaggio)
Se de magghju n’ha spicatu eramèjo che non fosse natu.
(Se il grano a maggio non ha formatoo la spiga, era meglio che non fosse mai nato)
Ogni jornu se fa sera, de magghju e ghjugnu a malapena.
(Ogni giorno si fa sera, a maggio e giugno a malapena: si allude ai grandi lavori agricoli che non lasciano riposo)
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Perché il testo di dialetti marchigiani è accompagnato da una immagine della campagna trevigiana (opera di Guglielmo Ciardi)? Non sarebbe stato meglio inserire un’immagine di contadino tratta dal libro di Sergio Anselmi?