Renato, “il romano” coi pantaloni a zampa
quando ancora non era Zero
Quel profetico pomeriggio ad Esanatoglia

LA LETTERA di Bruno Bolognesi e i ricordi di frammenti di gioventù vissuti nel bel mezzo di estati paesane: «Sotto l’arco di via San Francesco, rivolgendosi a noi amici, diceva che lui la musica la voleva fare davvero, ci manifestava le sue ambizioni, parlava di un futuro ormai tracciato che lo avrebbe prima o poi premiato»

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Renato Zero

Da Bruno Bolognesi riceviamo e pubblichiamo una lettera nata dalla visita di Renato Zero ad Esanatoglia di sabato (leggi l’articolo):

«12 novembre 2022, Esanatoglia alla ribalta per un evento abbastanza inconsueto; Renato Fiacchini, in arte Renato Zero, è venuto in paese accompagnato da sua cugina Zelinda. In pochi lo hanno visto, neppure il sottoscritto. In conseguenza a questo inconsueto evento tento di rimettere in moto un qualche neurone per cercare di ricomporre frammenti di gioventù vissuti nel bel mezzo di estati paesane, con i miei compagni di ventura, e con te Renato. Puff! Un neurone si è finalmente connesso e pian piano le immagini chiare, nitide di un gruppo di ragazzi dalle braghe corte, con le magliette a righe che si divertivano a schiamazzare, a rincorrere una palla sgonfia alle Logge o a Panicale, si affacciano improvvisamente nella mia mente.

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Sabato ad Esanatoglia

In quello sciame variopinto di umanità in continuo movimento, a volte compariva e scompariva il romano. Sì proprio lui, Renato il cugino di Zeli, quello con i capelli fino alle spalle e tutto vestito di nero, con i pantaloni attillati a zampa di elefante. Tra battute e discorsi più o meno seri tra noi indigeni e il ragazzo venuto dalla capitale, la musica, sotto diverse forme si manifestava: un mangia dischi acceso appoggiato su uno scalino, una rivista musicale, l’Hit Parade delle canzoni del momento presentate in radio da Lelio Luttazzi ecc. Ricordo ancora di un pomeriggio nel mese di agosto, sotto l’arco di Via San Francesco, dove Renato, rivolgendosi a noi, diceva che lui, la musica la voleva fare davvero, ci manifestava le sue ambizioni, parlava di un futuro ormai tracciato che lo avrebbe prima o poi premiato.

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E a pranzo a San Severino

Ma che vuoi, in quel mondo lontano, dilatato che a stento conteneva i sogni e le passioni di noi ragazzi, nessuno poteva neanche immaginare che il nostro amico, venuto dalla grande città avesse percorso con successo il suo cammino di artista eccentrico e talentuoso. Caro Renato, il tempo che fugge, le vicissitudini ci hanno allontanato, ma penso che ogni frammento di vita condiviso nella spensieratezza dell’età verde rimarranno in noi, e pescare ogni tanto nell’acqua azzurra dei ricordi non ci farà altro che bene non credi?

Renato il tuo “0” non è gregario, non come quello che dà valore ad un qualsiasi numero che gli si affianca; il tuo “0” dà un valore pieno, rotondo al talento naturale che la natura ti ha fornito e che tu, con la tua dedizione hai affinato nel tempo. Anch’io ho vissuto la musica a modo mio imbracciando una chitarra e mi è capitato più d’una volta di cantarci sopra una tua canzone, condividendola spesso con i compagni d’avventura che, ai tempi, anche tu hai conosciuto. Ciao Renato».

Renato Zero, blitz nel Maceratese: pranzo a San Severino e ritorno nella “sua” Esanatoglia

 



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