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Omicidio di Cameyi, il fratello:
«Non mi aspetto niente dal processo
le indagini andavano fatte meglio»

MACERATA - Si ferma subito la Corte d’assise per l’uccisione della 15enne bengalese che viveva ad Ancona e i cui resti vennero trovati a 8 anni dalla scomparsa vicino all’Hotel House. Nulle le notifiche all’imputato, Kazi Monir, che vive in Bangladesh. Presente la famiglia della vittima: «Se all’inizio si fosse indagato meglio si sarebbe scoperto prima cosa era successo»

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Jisan Mosammet, fratello di Cameyi e la mamma Begum Fatema questa mattina in tribunale a Macerata

di Gianluca Ginella (foto di Fabio Falcioni)

«Io non mi aspetto più niente, la giustizia si poteva fare benissimo prima se loro fossero stati più attenti» è l’amarezza di Jisan, 20 anni, fratello di Cameyi Mosammet, la ragazza di 15 anni scomparsa da Ancona nel 2010 e i cui resti sono stati trovati nel 2018 vicino all’Hotel House di Porto Recanati.

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Cameyi Mosammet

Il processo di Corte d’assise partiva oggi al tribunale di Macerata ma tutto si è fermato perché la difesa (avvocato Marco Zallocco) ha detto che l’imputato  Monir Kazi, fidanzatino all’epoca dei fatti di Cameyi, non aveva ricevuto le notifiche che c’era il processo. Da alcuni anni Monir è tornato in Bangladesh, il suo Paese di origine. «Non gli è stato notificato che c’era l’udienza preliminare e neanche l’esito» dice il legale.
La Corte d’assise ha dichiarato la nullità della notifica dell’udienza preliminare (che era stata fatta agli avvocati di fiducia che però avevano rinunciato al mandato) e ha ritrasmesso gli atti al Gip che dovrà fissare una nuova udienza preliminare. Oggi c’erano la mamma di Cameyi, Begum Fatema, e i tre fratelli Jisan, Sajid, Asik, che, assistiti dall’avvocato Luca Sartini, si sono costituiti parte civile. Parte civile si è costituita anche l’associazione Penelope Marche con l’avvocato Marco Vannini. Questo prima che la Corte accogliesse l’istanza della difesa.

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L’avvocato Luca Sartini

Jisan ricorda quando si è saputo che il corpo trovato era della sorella: «È stato meglio così, meglio saperlo. Dopo 3 o 4 anni dalla scomparsa abbiamo capito che non c’era più speranza». Poi sulle indagini che vennero svolte al momento della scomparsa: «Se le avessero fatte meglio all’inizio si sarebbe scoperto prima quello che era successo. Non dovevano permettere potesse scappare. Dal processo non mi aspetto niente perché non c’è l’estradizione».

 

 

 

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L’avvocato Marco Zallocco

 

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