Sala slot, nuovo stop del Tar
«La delibera è illegittima»

CIVITANOVA - Il Tribunale ha bocciato i criteri di conteggio delle distanze dai luoghi sensibili utilizzati dal Comune per l'attività di via Silvio Pellico
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«Apertura sala slot di Via Pellico, la delibera è illegittima». Il pronunciamento del Tar delle Marche boccia i criteri di conteggio utilizzati dal comune di Civitanova per concedere la licenza di apertura alle attività di gioco d’azzardo. La vicenda era nata dal ricorso della Food Rich per il diniego della questura emesso nel luglio del 2021 per l’apertura dello spazio nei locali a fianco all’ex centro vaccinale. La delibera contestata è la 323 del 2018 con cui il comune ha modificato il calcolo della distanza minima dai luoghi sensibili come bancomat e scuole come previsto dalle legge regionale. La sentenza del tribunale amministrativo, datata 29 gennaio riconosce le ragioni della Questura.  Dalle misurazioni effettuate secondo i criteri comunali infatti il locale prescelto risultava collocato a più di 500 metri dai luoghi sensibili. La Questura si è basata sul criterio di calcolo contenuto nella norma della Regione (che prevede 500 metri di raggio), in base al quale la distanza minima non risulta rispettata. Quello del 2021 è in realtà il secondo caso dal momento che un pronunciamento analogo c’era già stato nel 2018 e confermato anche dal Consiglio di Stato. Duro il giudizio del collegio nei confronti del comune che evidenzia come «avendo richiesto un parere dopo la pubblicazione della sentenza del Consiglio di Stato il Comune di Civitanova ha in sostanza tentato di ottenere dalla Regione un avallo postumo alla propria illegittima deliberazione», che ha introdotto novità come «l’accesso sulla via pubblica» e una «tolleranza dell’1%» sul limite del distanziometro. Dai giudici arriva un’osservazione anche alla Regione: «Non si comprende la necessità che ha ravvisato di fornire a tutti i comuni marchigiani una interpretazione omogenea e uniforme» della legge, «quando una tale interpretazione uniforme già esisteva» dopo le sentenze del Tar e del Consiglio di Stato. «Se invece l’intento è quello di allargare le maglie della legge, la Regione può o modificare» l’articolo della legge relativo al distanziometro, «oppure adottare un regolamento attuativo che precisi il punto controverso». Nel frattempo, però, «la struttura regionale che ha riscontrato il quesito del Comune non è legittimata a integrare o modificare il contenuto di una norma di legge», e a dare alla norma «un significato comunque diverso da quello affermato in una sentenza passata in giudicato».

 

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