Rosaria Morganti
di Ugo Bellesi
Proseguiamo la nostra indagine per scoprire “Dove va la ristorazione della nostra provincia” in un momento di transizione come quello attuale, caratterizzato non solo dai problemi creati dalla pandemia, ma soprattutto dalla globalizzazione che ha fatto arrivare nel nostro territorio prodotti che vengono da tutto il mondo. Un periodo in cui abbiamo visto l’apertura di ristoranti che propongono piatti di altri paesi e di altri continenti, per non parlare dell’eccesso di trasmissioni televisive dedicate alla gastronomia (nelle quali in 20’ si crea qualsiasi piatto), mentre vediamo i giovani quasi affascinati dal sushi ecc. ecc.
Dopo aver intervistato a Macerata Iginia e Letizia Carducci del ristorante “Osteria dei fiori”, oggi presentiamo il punto di vista di Rosaria Morganti, titolare, con Sandro Morganti, del ristorante “Due Cigni” a Montecosaro, che nella guida dei ristoranti dell’Accademia italiana della cucina ha meritato “4 tempietti” e che figura tra i “Ristoranti italiani del buon ricordo” con il piatto dei princisgras.
Rosaria, quando c’è stata la riapertura dei ristoranti si sono verificati aumenti dei prezzi o tutto è rimasto invariato?
«Tutto è rimasto invariato, o almeno ha seguito un iter normale».
I maceratesi quali piatti preferiscono?
«I maceratesi amano i giusti sapori sia nel tradizionale che nell’innovativo».
C’è una differenza tra le scelte dei giovani e quelle dei meno giovani?
«Quello che sorprende è il crescente numero di giovani che cercano i piatti della nonna, perché la mamma, forse, non ha potuto dedicare troppo tempo alla cucina. I meno giovani, pari al 60%, cercano un giusto compromesso in abbinamenti nuovi, mentre il 40% chiede confort food».
Quali le preferenze dei turisti?
«I turisti vogliono entrare in contatto con il territorio, e quindi cercano la massima espressione dei prodotti, sia nei piatti storici (vedi i princisgras) sia nelle rivisitazioni più nuove».
Nel Maceratese la ristorazione negli ultimi tempi è migliorata o è in stallo?
«La ristorazione maceratese ha mille nuove espressioni e quindi può presentare diversissime offerte. Quindi possiamo dire che è migliorata, nonostante lo stallo imposto dal Covid».
E’ vero che nelle Scuole alberghiere si punta sulla cucina internazionale e poco su quella del territorio?
«La Scuola alberghiera soprattutto non trasmette il senso, il valore del lavoro. Ho visto come lavorano i ragazzi nelle cucine all’estero, con quale attenzione e rigore si muovono. E’ vero che qualsiasi Scuola non prepara ad entrare nel mondo del lavoro, ma l’Istituto alberghiero è molto lontano da ciò, così come lo sono le famiglie degli studenti. E’ tutto un sistema che delega alle aziende la formazione delle persone che entrano nel mondo del lavoro».
Come si spiega che i ragazzi prediligono il sushi?
«Perché cercano di essere fuori dalle righe normali, quindi per stupire e stupirsi».
I giovani cuochi è vero che puntano all’innovazione e poco alla tradizione?
«Solo perché trovano nell’innovazione la possibilità di realizzare più costruzione scenografica. Inoltre perché l’innovazione soddisfa di più le loro ambizioni di voler diventare grandi chef. Hanno dalla loro l’inesperienza della gioventù che li porta a vedere con i paraocchi tutto il fantastico. Un giornalista disse una volta che i giovani hanno bisogno di fare i salti mortali nel piatto».
I prodotti più tipici della tradizione sono facilmente reperibili o ci sono difficoltà?
«Con la volontà si ottiene tutto!».
Quali iniziative si potrebbero prendere per incrementare il turismo enogastronomico?
«A noi compete produrre più autenticità, agli enti competenti spetta la comunicazione dell’enogastronomia legata a tutte le attività produttive e a tutte le realtà di storia e arte del nostro territorio. Servono eventi e percorsi che seguano itinerari d’arte e leghino di più il mondo produttivo».
E il discorso potrebbe continuare sottolineando che la ristorazione da sola non riesce a creare un circolo virtuoso per attrarre il turismo che conta. Da sempre sappiamo che un aspetto importante è l’accoglienza. Una parola magica nella quale si concentrano molte cose. Accoglienza significa essere innanzitutto ospitali. Se un turista, arrivato in piazza della Libertà, chiede ad un giovane «Cosa c’è da vedere a Macerata?” e si sente rispondere “Non c’è niente da vedere” è veramente scoraggiante e deludente. Eppure è successo. Tanto è vero che una persona, che aveva visto l’episodio, si è avvicinato al turista e gli ha prospettato un itinerario da palazzo Buonaccorsi allo Sferisterio.
Ma neppure l’accoglienza basta perché il turista che arriva in una città sconosciuta vorrebbe conoscere anche il folclore del territorio, il dialetto, la storia, le tradizioni, le feste. Da qui la necessità di coinvolgere anche altre eccellenze della nostra provincia da scegliere di volta in volta in base alla comitiva di visitatori che si trovano in città. Perché non sempre sono semplici turisti o famiglie in vacanza, spesso sono docenti universitari ospiti dei nostri due Atenei, oppure gruppi di studenti guidati dai loro insegnanti, altre volte appassionati di archeologia in visita alle vestigia di Urbisaglia, ma anche amanti della natura e dei paesaggi delle Marche.
Qualcuno potrebbe osservare: «Ma io questi gruppi richiamati nel nostro territorio da tali specificità non li ho mai visti». La risposta è semplice: “Ma avete mai fatto caso ai filmati o ai documentari relativi anche soltanto ai nostri centri storici?” Ebbene facciamoci mente locale! Neppure gli scorci di Macerata riescono ad emergere. Non parliamo addirittura di Elcito o di altre località altrettanto fascinose del nostro territorio. Eppure basterebbe un po’ più di attenzione agli aspetti più belli ma anche alla necessità di rendere più gradevole il paesaggio con una musica più appropriata. Perché non entriamo nei palazzi per riprodurre ad esempio l’aula magna dell’Università, il teatro della Filarmonica, il “Lauro Rossi”, la sala dell’Eneide a palazzo Buonaccorsi anziché inquadrare certi vicoletti assai poco fotogenici del centro storico? E ancora, perché non riprendere i suggestivi scorci di Macerata guardandoli dall’alto della terrazza del Palazzo degli studi?
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