«Luciano è sempre stata una persona così affabile, signorile, al contempo semplice e alla mano, con il quale si sarebbe voluto trascorrere volentieri ore e ore a parlare, tra ricordi, racconti, aneddoti, storie piccole o grandi vissute in un trascorso di vita ricco e molto variegato». Così Massimo Ciambotti, presidente della Fondazione Claudi, sulla scomparsa del regista Luciano Gregoretti, morto ieri a Roma a 92 anni. Ciambotti dice che la notizia della morte del regista «è stata per me e per tutta la Fondazione molto dolorosa. E’ difficile scindere considerazioni personali da quelle istituzionali, legate al ruolo che ricopro come presidente di una Fondazione alla quale Luciano si era molto legato, sempre apprezzandone la vivacità e la freschezza delle iniziative».
Il presidente della fondazione Claudio Massimo Ciambotti (a sinistra) e il regista Luciano Gregoretti
Una conoscenza, racconta, nata nel 2007, «nei primi eventi romani della Fondazione Claudi. Il fatto di avere una casa anche a San Severino, nella quale si recava spesso con Maria Teresa, soprattutto nel periodo estivo, ha facilitato subito una frequentazione, diventata presto sincera amicizia». Poi nel 2015 l’idea di allestire la mostra antologica a lui dedicata nel Palazzo Claudi di Serrapetrona: «era un atto dovuto ad un vero maestro, di cui non si poteva sottacere il suo curriculum straordinario, la sua statura morale, la sua personalità eclettica, operosa, infaticabile, capace di “unire le arti” secondo sentieri molteplici che intrecciano modalità espressive diverse nel lavoro e nelle attività svolte. Dopo la mostra a lui dedicata, si è voluto subito immergere nella realizzazione della grande mostra su Vittorio Claudi, nei dieci anni dalla morte (2016), unita al bellissimo volume che ne raccoglie la biografia. La testimonianza del suo rapporto con Vittorio e con la famiglia Claudi è stata per noi un grande avvenimento. Ancora oggi è possibile ammirare quella mostra all’ultimo piano di Palazzo Claudi». Ciambotti conclude con un ricordo personale: «a lui mi legano sentimenti di grande stima e di profondo affetto, di amicizia che sapevo ricambiata. Anche se ci sentivamo più raramente negli ultimi anni, mi sono sorpreso spesso nel pensare ad episodi del nostro rapporto di amicizia, al suo entusiasmo, alla sua volontà continua di non arrestare mai il lavoro della mente e di proporre sempre qualcosa di nuovo. Un esempio per tutti».
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Io l’ho conosciuto per motivi di ufficio e mi chiamava spesso: persona affabile cordiale schietta. Un uomo della nostra feconda terra che esprime genialità imprenditorialità arte cultura. Riposi in pace Maestro, come ero solito chiamarla.