Cinzia Maroni e Barbara Minghetti
di Marco Ribechi
Cinquanta sfumature di rosso o cinquanta sfumature di Carmen potrebbe essere il titolo del primo Aperitivo Culturale agli Antichi forni dedicato alla stagione lirica che inizierà questa sera allo Sferisterio. Se il buongiorno si vede dal mattino allora ci sono tutte le premesse per sperare in ottimi risultati visto che l’appuntamento coordinato da Cinzia Maroni ha fatto registrare una grande affluenza di pubblico. Occupate tutte le sedie molti ascoltatori sono rimasti in piedi per approfondire la conoscenza della Carmen, la prima delle opere in cartellone nel teatro lirico. E la scelta è stata ampiamente ripagata dall’interessantissimo dibattito che si è creato tra il critico Enrico Girardi, il direttore d’orchestra Francesco Lanzillotta e il regista Jacopo Spierei. Al motto di “Uno per tutti, tutti per uno” i tre moschettieri della lirica hanno raccontato, ognuno a seconda delle sue specifiche competenze, come interpretare l’opera di Georges Bizet e l’adattamento che sarà allestito allo Sferisterio.
Enrico Girardi
Prima del dibattito i saluti di Barbara Minghetti, direttrice artistica del Mof sempre più amata in casa maceratese: «Non vedo l’ora che inizi la stagione lirica – dice Minghetti – abbiamo lavorato tantissimo e ora è tutto pronto per raccontare la nostra stagione lirica». Il titolo scelto da Girardi per l’occasione è “Carmen sesso e anarchia” che già pone l’accento su due aspetti determinanti per la comprensione dell’opera, la seduzione utilizzata dalla protagonista, che la pone fuori dalla società borghese poiché il sesso diventa scelta di vita e non vergogna, e l’anarchia intesa come autodeterminazione. Servono però alcune premesse: «La Carmen è in realtà un’opéra-comique nata dall’adattamento dell’omonimo racconto di Prosper Mérimée – spiega Girardi – La maggior parte delle rappresentazioni hanno trasformato le parti recitate in cantate mentre la versione originale, così come pensata dal suo autore, deve mantenere questa duplice identità». Oggi la Carmen è un’opera quasi iconica le cui musiche sono parte integrante della cultura popolare mondiale ma all’epoca della prima rappresentazione del febbraio 1875 ebbe una pessima accoglienza. «Fu definita maleducata perché il pubblico dell’opéra-comique non era abituato a vedere la protagonista morire in maniera così tragica – continua Girardi – inoltre fece scandalo perché Carmen è un campione di libertà e istintività. Inoltre mentre in Mérimée le scene sono raccontate nell’opera cade la cornice e vediamo lo svolgersi della vicenda in diretta. Adattare il romanzo al libretto fu un lavoro molto complesso».
Francesco Lanzillotta
Così nella Carmen si identificano due mondi che sono in continuo dialogo tra loro, da un lato quello degli esclusi, dei contrabbandieri che vivono di istinto mentre dall’altro il mondo borghese, fatto di valori e giudizi. Carmen si situa in mezzo e questo aspetto si riversa anche nella partitura musicale. «Quando ho iniziato a studiare l’opera ho capito che non dovevo focalizzare sulla fine tragica ma piuttosto sul valore della libertà – interviene Francesco Lanzillotta – A cosa siamo disposti a rinunciare per non perdere la libertà? La ricchezza e allo stesso tempo la difficoltà della Carmen è la presenza quasi contemporanea di mondi diversi. Si corre il rischio di uniformare sporcando una linea interpretativa che invece deve rimanere chiara, bisogna lasciare ad ogni elemento la sua identità. Questo si ottiene ad esempio scegliendo anche interpreti che valorizzino l’aspetto recitativo, non solo quello vocale. Inoltre la lingua francese richiede uno sforzo differente che superi l’aspetto armonico per seguire dove va finire il suono, l’accento delle parole. E’ un’opera dalle mille sfaccettature e alcune scelte hanno bisogno di coraggio soprattutto in uno spazio come quello dello Sferisterio dove tutti devono essere in grado di sentire le musiche».
Jacopo Spirei
Il regista Jacopo Spirei invece racconta alcune scelte sceniche: «Abbiamo voluto restituire alla Carmen la sua vera identità – spiega Spirei – l’aspetto spagnoleggiante è solo un esotismo, un espediente per parlare di qualcosa molto vicino alla società dell’epoca, ma l’opera è totalmente francese. In un certo senso l’abbiamo riportata a casa riducendo gli elementi spagnoli per insistere sulla sua ironia. Credo molto nel valore politico e sociale dell’opera per questo dal mio punto di vista l’omicidio di Don José non è giustificabile, non c’è redenzione. L’idea che siccome non può averla lui non debba possederla nessun altro è tragicamente attuale, allo stesso tempo lei è la vittima sacrificale per mandare avanti la società borghese». L’ultima parola a Girardi: «Sono scettico nel fare di Carmen una paladina del femminismo – conclude il critico – Anche Don Giovanni muore eppure è un uomo. Credo che quello che viene punito non l’esser donna ma l’esser diverso e il collocarsi fuori dagli schemi». L’appassionante dibattito si è concluso con un brindisi con bollicine di Ribona e con un aperitivo offerto da Il Contadino di Corso Cavour. Domani sarà la volta di Macbeth con Angelo Foletto e Francesco Ivan Ciampa con “La man rapace che uccide e trema”.
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