A due anni dal sisma, Ceriscioli:
«Zona franca almeno fino al 2033»

SISMA - Il governatore lo ha detto durante la tavola rotonda che si è svolta oggi al Meeting di Rimini. «E' stato il più grande disastro dal dopoguerra. Sono oltre un miliardo e mezzo le opere pubbliche finanziate, occorre semplificare la ricostruzione»
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Il governatore Ceriscioli (secondo da sinistra) al Meeting di Rimini. Al suo fianco il pianista Giovanni Allevi. Nella foto (secondo da destra) il rettore di Unicam, Claudio Pettinari

 

«La ricostruzione va resa più veloce e semplificata, si dovrebbe lavorare per rendere queste aree zone franche per almeno 15 anni. Chiediamo una attenzione che non sia solo mediatica, ma profonda, per continuare a dare una risposta a questi territori». Queste le parole del presidente della Regione Luca Ceriscioli alla tavola rotonda dedicata alla Ricostruzione post sisma a due anni esatti dalla prima scossa del terremoto, che si è svolta oggi al Meeting di Rimini.

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Giovanni Allevi

All’incontro, che ha registrato la più grande partecipazione tra tutti gli eventi in corso a Rimini finora, hanno preso parte il rettore di Unicam Claudio Pettinari, l’imprenditore Federico Maccari de La pasta do Camerino che ha fornito la testimonianza di chi investe nei luoghi del sisma e l’Associazione “Chiedi alla polvere” rappresentata da Vincenzo Nespeca. Ospite speciale dell’evento il musicista Giovanni Allevi, che proprio alla tragedia del terremoto nelle Marche ha dedicato una composizione per pianoforte e archi dal titolo “No Words”, tratta dall’ultimo album dal titolo “Equilibrium”. Allevi è stato protagonista di un vero e proprio bagno di folla a cui si è concesso con grande commozione. Moderatore del dibattito il giornalista Vincenzo Varagona. Presenti anche gli assessori Angelo Sciapichetti e Loretta Bravi.

meeting-rimini-4-325x244«Oggi e domani sono i giorni dell’emozione – ha proseguito Ceriscioli – La prima scossa è quella che ha mietuto tante vittime che la comunità marchigiana non dimenticherà mai. La scossa di ottobre è stata ancora più forte ma una mano ci ha protetto: non ci sono state vittime ma tantissimi danni. Le scosse successive hanno creato il più grande disastro nelle Marche dal dopoguerra con un terzo del territorio colpito, 87 Comuni nel cratere e 120 che hanno registrato danni, 45mila edifici danneggiati. In questi due anni però oltre mille progetti privati sono stati approvati e circa 200 realizzati e finiti. Il primo impegno della ricostruzione privata ce lo abbiamo. La parte dell’emergenza è arrivata agli ultimi atti nel senso che oltre 1800 casette sono state consegnate e gran parte delle comunità si sono ricostituite nel posto dove sono sempre state. Tutti gli interventi di ricollocazione del piccolo commercio sono andati a buon fine e sono un punto di riferimento vicino alle sae. Le scuole hanno sempre tenuto e siamo riusciti a mantenere gli organici. La propaganda non ci fa vedere le cose di cui abbiamo bisogno, serve una riflessione collettiva, un metodo, la messa a fuoco e la condivisione degli obiettivi e non la ricerca spasmodica di un colpevole. Spero che il Governo possa cogliere l’importanza di questa strategia, modificare gli strumenti, per mettere in moto quello che i cittadini attendono. Abbiamo visto che la parte privata ha la necessità di ulteriori semplificazioni. Sulla pubblica la situazione è ancora più pesante. Sono oltre un miliardo e mezzo le opere pubbliche finanziate, il 60% non ha un responsabile unico del procedimento neanche nominato, per questo abbiamo chiesto di permettere a tutti quelli che lavorano nella ricostruzione di esercitare questo ruolo, evidentemente con procedure ordinarie le risorse non si trasformano in opportunità. Siamo molto lontani dalla fine di questo processo molto complicato e molto lungo- ha concluso Ceriscioli -, 32mila sfollati sono una realtà importante, ma finalmente possiamo vedere alcuni segni significativi che ci permettono di dire che i nuclei si ricostituiscono e i servizi sono garantiti. La ricostruzione è un atto collettivo a cui tutti dobbiamo contribuire: istituzioni, imprenditori, università, associazioni e società civile. Solo uniti potremo tornare alla normalità».



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