Ospedale unico, le associazioni:
“No a visioni campanilistiche,
pensate al nostro bene”

INTERVENTO - Silvio Minnetti, coordinatore dell'Assemblea delle libere forme Associative di Macerata analizza la situazione delle strutture esistenti e i bisogni di famiglie, anziani e future generazioni

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Silvio Minnetti, coordinatore delle Libere Forme Associative

Silvio Minnetti, coordinatore dell’Assemblea delle libere forme Associative di Macerata

 

I cittadini maceratesi, attraverso le associazioni di volontariato del Terzo Settore, invitano i sindaci, i consiglieri ed assessori regionali del maceratese a tener conto delle attese delle persone e delle famiglie per una medicina di qualità in prospettiva ultradecennale, in occasione della proposta da fare alla Regione Marche entro fine ottobre sull’Ospedale unico provinciale.
«E’ interesse dei cittadini  – scrive Silvio Minnetti, coordinatore dell’Assemblea delle libere forme Associative di Macerata –  avere una nuova struttura ospedaliera, progettata con i nuovi standard qualitativi per i prossimi 30-50 anni, di secondo livello nella rete regionale tra gli ospedali di comunità e Torrette, per un bacino di utenza di almeno 250 mila persone, con 550 posti letto su almeno 70 mila metri quadri ed espandibile in futuro, baricentrica, più vicina al maggior numero di abitanti e facilmente raggiungibile dalla superstrada. Si tenga conto inoltre della disponibilità di aree adeguate da parte dei Comuni per evitare i tempi e i costi degli espropri come richiesto a Fano-Pesaro. Risorse regionali, risparmi di gestione per almeno 12 milioni di euro all’anno, partenariato pubblico-privato, acquisto di arredi e attrezzature in leasing strumentale, razionalizzazione o vendita delle strutture esistenti possono sostenere il costo di almeno 200 milioni di euro di investimento in una medicina di qualità. Le strutture esistenti sono insufficienti dal punto di vista della distribuzione dei servizi, logistico, immobiliare, energetico e dei percorsi. L’accorpamento di reparti e servizi comporterà maggiori economie e livelli di prestazione più elevati. Si esca dalla visione miope campanilistica per salvare i singoli ospedali o primariati spendendo risorse dei contribuenti e poi gridare allo scandalo per la mobilità passiva e per l’insufficienza del Pronto Soccorso».

Minnetti invita i sindaci del territorio ad avere una visione politica strategica per le attuali e future generazioni distribuendo bene le risorse tra prevenzione, riabilitazione, medie strutture residenziali e un ospedale provinciale ottimale. «L’assurda emergenza nei Pronto Soccorso ed i drammi umani, non solo al San Camillo di Roma, con persone abbandonate davanti a tutti, senza rispettare la loro dignità, deve farci riflettere sulla necessità di scelte lungimiranti e di capacità politica di progettazione e di investimento di area vasta ultradecennale».
Le associazioni invitano alla riorganizzazione delle cure primarie, nella consapevolezza che il processo di de-ospedalizzazione, se non è accompagnato da una corrispondente e contestuale rafforzamento dell’assistenza sanitaria sul territorio, determina di fatto una impossibilità per i cittadini di beneficiare delle cure. «I punti qualificanti del riordino delle cure primarie – precisa Minnetti –  sono integrazione mono professionale per favorire il coordinamento operativo tra i medici di medicina generale, i pediatri di libera scelta, gli specialisti ambulatoriali, secondo modelli individuati dalle Regioni anche al fine di decongestionare gli ospedali; ruolo unico di accesso per tutti nell’ambito della propria area convenzionale al fine di far fronte alle esigenze di continuità assistenziale, organizzazione e gestione, sviluppo dell’Ict quale strumento irrinunciabile per l’aggregazione funzionale per l’integrazione delle cure territoriali ospedaliere. Va infatti definito in maniera ottimale il rapporto tra Ospedale unico e strutture satellitari da potenziare sul territorio: le Rsa (Residenze Sanitarie assistite) e le Rp (Residenze protette). L’Ospedale unico è destinato infatti alla fase acuta, mentre la stragrande maggioranza dei posti letto andrebbe riservata alle cure di secondo livello, tenuto conto che siamo una provincia con un’alta incidenza di residenti di terza e quarta età. Va trovata opportuna sistemazione per la cura e riabilitazione di anziani dimessi dall’Ospedale o affetti da malattie neurodegenerative. I sindaci devono investire sulle cure primarie e riservare risorse importanti alle cure di secondo livello, ciascuno presso il proprio territorio di pertinenza».



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